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pur anche a nome e per comandamento del duca, oltre la riformazione del clero, il matrimonio dei sacerdoti. Le quali petizioni del re, dell'imperatore e del duca considerate dal Pallavicino lo spinsero a dire, che pareva, che tutti costoro fossero d'avviso, che il concilio fosse adunato non per condannare, ma per contentare gli eretici.

La controversia intorno alla residenza, quantunque discussa con grandissimo calore in parecchie congregazioni, non si potè così presto acconciare, nè fu terminata se non dopo che la sinodo aveva già deffiniti gli articoli sì di fede che di riforma da noi sopra divisati.

Si eccitarono anche lunghissime contenzioni intorno al concedere o negare la comunione sotto le due spezie ai laici ed ai non celebranti; imperciocchè sebbene ai tempi antichi della chiesa, essa fosse a tutti i fedeli in quella doppia forma ministrata, era poi per buone ragioni, e per ordinazione della chiesa prevalso l'uso, che i soli celebranti ricevessero il corpo del Signore sotto le due spezie. Avvertivasi dai contradditori il pericolo di versare il sangue nel comunicare, pericolo divenuto per la moltitudine tanto cresciuta dei fedeli assai più grave che nei tempi, in cui essi erano e rari e sparsi, la malagevolezza del conservarlo, gl' inconvenienti del portarlo agl' infermi nelle campagne, il difetto del vino in molte province, la facilità, con cui potrebbe inacidirsi. Riflettevano, che l'estensione del calice a chi il domandava, sarebbe stata scala ad altre domande del pari

gravissime e difficoltose, massimamente a quella del matrimonio dei preti. Consideravano, che in alcune regioni si sarebbe fatto uso del calice, in altre no, disparità perniziosissima all'unità della chiesa ed al rispetto delle cose sante. Dimostravano finalmente, che non così di leggieri, nè senza esempio pregiudiziale il concilio Tridentino doveva disfar quello, che dal Costanziense era stato fatto, e da cui era stato tolto il calice dalla comunione laicale.

Ebbe maggior favore l'ultima sentenza, e perciò il concilio decretava, che i laici e i chierici non celebranti non erano obbligati per alcun divino precetto a comunicare sotto ambe le spezie, e che non si poteva dubitare, che la comunione d' una sola spezie non bastasse. Tale fu la decisione dogmatica intorno a questo punto tanto discusso. I prelati Spagnuoli e Veneziani furono principalmente nel rendere il partito contrarj alla concessione. Venendo poi alla domanda di coloro, che volevano la comunione sotto le due spezie, il concilio decretò, che tutto il negozio si riferisse al sommo pontefice, il quale facesse in questo per sua singolar prudenza ciò, che giudicasse utile per la repubblica cristiana, e salutifero agl' implo

ranti.

Atteso che la materia della residenza e quella dei matrimonj non furono deffinite se non molto tardi, e dopo lunghe discussioni fra i padri, e quando già i prelati Francesi col cardinal di Lorena loro capo erano giunti al concilio, così noi indugeremo sino a luogo debito il favellarne.

Non pochi abusi erano trascorsi nell' ordinare al sacerdozio. Non solamente si ordinavano preti in aspettativa, cioè con promessa o speranza che fossero per essere forniti o di benefizio, o di patrimonio o d'altra maniera di vivere secondo il decoro del loro stato, promesse e speranze, le quali poi non si verificavano, ond' era cresciuto a dismisura il numero dei preti oziosi e indigenti con evidente detrimento dell' estimazione dei buoni sacerdoti e della religione, ma ancora spesse volte le assignazioni di patrimonio per fraude diventavano nulle, ed i benefizj stessi si risegnavano dai prebendati ad altri. E quanto al patrimonio, molti con false pruove mostravano d'averlo, poi lo alienavano, ed altri, trovato chi loro il cedesse, lo rendevano poi a chi l'aveva comodato.

Per ovviare a sì fatti abusi e disordini, il concilio statuiva, che nissun cherico secolare, sebbene idoneo, fosse promosso ad ordine sacro, se non avesse benefizio, patrimonio o pensione sufficiente per vivere, e che il beneficio non potesse esser rinunciato, nè la pensione estinta, nè il patrimonio alienato senza licenza del vescovo.

Fu aggiunto per levare l'indegnità dei sacerdoti indigenti o male provvisti, che nelle cattedrali e collegiate, dove non vi sono distribuzioni, o sono tenui, potesse il vescovo convertire in quelle la terza parte dei frutti delle prebende. Volle pel medesimo fine il concilio, che i vescovi potessero unire perpetuamente, ma però senza pregiudizio dei beneficiati viventi, i benefizj curati e non curati per povertà,

ed altre cause giuridiche, e potessero anche ridurre i benefizj delle chiese vecchie, e ruinose ad altre, e far restaurar le parrocchiali, costringendo anche il popolo alla fabbrica. La qual ultima ordinazione è più pia che fondata, perchè l' esortare solamente è dei miniştri della religione, il costringere del principe.

L'uso antico delle offerte era trascorso in mercede, ed il volontario in costretto : grandi abusi pecuniarj contaminavano la collazione degli ordini. Per levargli, il concilio decretava, che per la collazione degli ordini, dimissorie, testimoniali, sigillo o altro, il vescovo, o i suoi ministri non potessero ricevere cosa alcuna, e che i notaj, dove non era consuetudine di non ricevere, e dove non avevano salario, potessero ricevere un decimo di scudo.

Per tor via lo scandalo dei parochi imperiti o viziosi, la sinodo dava autorità e comandava ai vescovi, che ai primi dessero coadjutori idonei, ai secondi, dopo premesse le solite ammonizioni e correzioni, castigo.

Gli usi rei di coloro, i quali avevano per profes sione d'andar pubblicando indulgenze o altre grazie spirituali della sedia apostolica, e di raccorre dai popoli le elemosine a pro della fabbrica di San Pietro e di varie chiese, e di altre opere pie, erano intollerabili. Contro una tale qualità di persone, venute in dispregio, in fastidio ed in odio di tutto il mondo, molti padri nelle antecedenti congregazioni avevano con veemenza gridato: essi aver data materia, come

s' esprime il Pallavicino, all'eresìa di Lutero, esser innumerabili le loro fraudi, e le sottili invenzioni, con le quali mungevano di pecunia la divota semplicità della plebe; doversi dunque totalmente sopprimere una professione, che toglieva il credito alla pietà, mentre la pigliava per maschera della ribalderìa. Altri rispondevano, che non per esservi misto il loglio si vuol diradicare il fromento, ma purgarlo solamente dalla mistura; con l'opera dei cercatori provvedersi a molti spedali, e ad altri luoghi pii, e sollevarsi le coscienze d'assaissimi uomini, ai quali troppo sarebbe grave il venir a perdere l'assoluzione del papa; anche nei concilj di Laterano, di Vienna e di Lione essersi conosciuti i disordini, ma riparatovi con raffrenare, non con estinguere l'esércizio.

I legati proponevano per ispediente di mezzo, che ai cercatori si vietasse di promulgar indulgenze, raccorre limosine, o far altra funzione senza compagnia dell' ordinario, o di persona, ch' egli loro deputasse, e che a tali aggiunti fosse interdetta qualunque partecipazione di guadagno. Ma non di ciò, continua a discorrere il Pallavicino, rimanean contenti gli avversi a quella depravatissima professione, anzi dicevano, che un tal decreto ne avrebbe accresciuto il numero, non corretta la fraudolenza, l'esempio dei tre ricordati concilj ben pruóvar nella chiesa la volontà, ma pruovare ancora l' impossibilità d' emendar sì cattiva generazione. Somme lodi si debbono ai Tridentini padri per questo loro sdegno contro un mestiero

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