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LIBRO DECIMO

SOMMARIO

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Si mandano colonie ad Alba, Sora e Carseoli. Si ricevono i Marsi a discrezione. Si aumenta il collegio degli auguri si che, essendo prima quattro, fossero nove. Il console Lucio Valerio per la terza volta propone la legge dell' appello al po

Coloniae deductae sunt Sora, et Alba, et Carseoli. Marsi in deditionem accepti sunt. Collegium augurum ampliatum est, ut essent novem, quum antea quaterni fuissent. Lex de provocatione ad populum a Valerio consule tunc tertium lata est. Duae tribus adiectae sunt, Anien-polo. Si aggiungono due tribù, l'Aniense e la Tesis et Terentina. Samnitibus bellum indictum, et adversus eos saepe prospere pugnatum est. Quum adversus Etruscos, Umbros, Samnites, Gallos, P. Decio et Q. Fabio ducibus, pugnaretur, Romanusque exercitus in maximo esset discrimine, P. Decius, secutus exemplum patris, devovit se pro exercitu, et morte sua victoriam eius pugnae populo Romano dedit. Papirius Cursor Samnitium exercitum, qui iureiurando obstrictus, quo maiore constantia virtutis pugnarel, in aciem descenderat, fudit. Census actus est: lustrum conditum: censa sunt civium capita ducenta sexaginta duo millia, et trecenta viginti puo.

rentina. S'intimò la guerra a'Sanniti, e si combattè sovente contro di essi prosperamente. Guerreggiandosi contro i Toscani, gli Umbri, i Sanniti ed i Galli, sotto il comando di P. Decio e di Q. Fabio, ed essendo l'esercito Romano in grave rischio, Pubblio Decio, seguendo l'esempio del padre, s'immolò per la salvezza dell'esercito, e colla sua morte diede la vittoria al popolo Romano. Papirio Cursore sbaragliò l'esercito dei Sanniti,il quale era discorso a combattere strello con giuramento, onde pugnasse con più costanza di valore. Si fece il censo, e si chiuse il lustro; si noverarono ducento sessanta due mille trecento ventidue cittadini.

LIBRO DECIMO

I. (A. U. 450, A. C. 302) L. Genucio, Ser. Cornelio consulibus ab externis ferme bellis otium fuit. Soram atque Albam coloniae deductae. Albam in Acquos sex millia colonorum scripta. Sora agri Volsci fuerat; sed possederant Samnites. Eo quattuor millia hominum missa. Eodem anno Arpinatibus Trebulanisque civitas data. Frusinates tertia parte agri damnati, quod Hernicos ab iis sollicitatos compertum: capitaque coniurationis eius, quaestione ab consulibus ex senatusconsulto habita, virgis caesi ac securi percussi. Tamen, ne prorsus imbellem agerent annum, parva expeditio in Umbria facta est; quod nuntiabatur, ex spelunca quadam excursiones armatorum in agros fieri. In eam speluncam penetratum cum signis est et ex eo loco obscuro multa vulnera accepta, maximeque lapidum ictu; donec, altero eius specus orc (nam pervius erat), invento, utracque fauces congestis lignis accensae : ita intus fumo ac vapore ad duo millia armatorum, ruentia novissime in ipsas flammas, dum evadere tentant, absumpta. (A. U. 451, 4. C.301) M. Livio Dentre, M. Aemilio consulibus redintegratum Acquicum bellum. Coloniam Aequi aegre patientes velut arcem suis finibus impositam, summa vi expugnare adorti, ab ipsis colonis pelluntur. Ceterum tantum Romae terrorem fecerunt, quia vix credibile erat, tam affectis rebus solos per se Acquos ad bellum coortos, ut tumultus cius causa dictator diceretur C. Iunius Bubulcus. Is, cum M. Titinio magistro equitum profectus, primo congressu Acquos subegit, ac, die octavo triumphans in urbem quum redisset, aedem Salutis, quam consul voverat, censor locaverat, dictator dedi

cavit.

I. (A. R. 430, A. C. 302) Nel consolato di L. Genucio, e di Ser. Cornelio (quanto alle guerre di fuora) la città fu affatto oziosa. A Sora e ad Alba furono mandate colonie. Nella città d'Alba, tra gli Equi furono scritti seimila coloni. Sora era stata anticamente del contado de' Volsci, ma la possedevano i Sanniti. Ivi si mandarono quattromila uomini. In quel medesimo anno fu donata la civilità agli Arpinati ed a' Trebulani. I Frusinati furono condannati nella terza parte del contado, perchè si era inteso che gli Ernici erano stati sollevati da loro. I capi di quella congiura, per l' esamina fatta da'consoli di commissione del senato, furono battuti e decapitati. Nondimeno, per non consumar l'anno al tutto senza guerra, si fece una piccola impresa in Umbria, perchè di là si diceva, farsi da una certa spelonca scorrerie d'armati ne' pacsi vicini. Onde si mandò gente sotto le insegne Romane a quella spelonca, e molti da quel luogo oscuro furono offesi di molte ferite, e massimamente di pietre, sino a tanto che ritrovata l'altra bocca della spelonca (perciocchè ella aveva riuscita ), tutte due le dette bocche furono affocate con gran quantità di legne; in modo che tra il fumo e il fuoco, intorno di duemila armati vi furono consumati, gettandosi essi nel mezzo delle fiamme, mentre che cercavano di scampare (4. R. 451, A. C. 301). Nel consolato di M. Livio Dentre, e di M. Emilio si rinnovò la guerra degli Equi, i quali avendo per male, che quella colonia fosse stata edificata dai Romani, come una certa rocca in su i loro confini, l'assaltarono con grandi forze per espugnarla; ma furono ributtati dagli abitatori. Nondimeno generarono in Roma grande spavento; perchè appena era credibile, che gli Equi per sè stessi movessero la guerra, essendo cotanto sbattuti e ruinati: tanto che per tal cagione fu creato dittatore C. Giunio Bubulco. Il quale, partito con M. Titinio maestro de' cava

II. Eodem anno classis Graecorum, Cleonymo duce Lacedaemonio, ad Italiae litora appulsa, Thurias urbem in Sallentinis cepit. Adversus hunc hostem consul Aemilius missus proelio uno fugatum compulit in naves. Thuriae redditae veteri cultori: Sallentinoque agro pax parta. Iunium Bubulcum dictatorem missum in Sallentinos, in quibusdam annalibus invenio: et Cleonymum prius, quam confligendum esset cum Romanis, Italia excessisse. Circumvectus inde Brundisii promontorium, medioque sinu Hadriatico ventis latus, quum laeva importuosa Italiae litora, 'dextra Illyrii Liburnique et Istri, gentes ferae, et magna ex parte latrociniis maritimis infames, terrerent, penitus ad litora Venetorum pervenit. Ibi expositis paucis, qui loca explorarent, quum audisset, tenue praetentum litus esse; quod transgressis stagna ab tergo sint, irrigua aestibus maritimis; agros haud procul proximos campestres cerni; ulteriora colles videri; inde esse hostium pracalti fluminis, quo circumagi naves in stationem tutam vidissent (Meduacus amnis erat): eo invectam classem subire flumine adverso iussit. Gravissimas navium non pertulit alveus fluminis in leviora navigia transgressa multitudo armatorum ad frequentes agros, tribus maritimis Patavinorum vicis colentibus eam oram, pervenit. Ibi egressi, levi praesidio navibus relicto, vicos vi expugnant, inflammant tecta, hominum pecudumque praedas agunt, et dulcedine praedandi longius usque a navibus procedunt. Hacc ubi Patavium sunt nuntiata (semper autem cos in armis accolae Galli habebant), in duas partes iuventutem dividunt. Altera in regionem, qua effusa populatio nuntiabatur; altera, ne cui praedonum obvia fieret, altero itinere ad stationem navium (millia autem quattuordecim ab oppido aberat) ducta. In naves parvas, custodibus interemptis, repentinus impetus factus; territique nautae coguntur naves in alteram ripam amnis traiicere. Et in terra prospe: rum aeque in palatos praedatores proelium fuerat: refugientibusque ad stationem Graecis Veneti obsistunt. Ita in medio circumventi hostes caesique; pars capti classem indicant regemque Cleonymum tria millia abesse. Inde, captivis proximo vico in custodiam datis, pars fluviatiles naves, ad superanda vada stagnorum apte planis alveis fabricatas, pars captiva navigia armatis complent: profectique ad classem, immobiles naves et loca ignota plus, quam hostem, timentes, circumva

TITO LIVIO, I.

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lieri, nel primo intoppo vinse, e soggiogò gli Equi, ed essendo tornato l'ottavo dì trionfando in Roma, consacrò, dittatore, il tempio della Salute, del quale, essendo console, avea fatto voto, e di poi censore l' avea dato a fare.

II. Nel medesimo anno un' armata de' Greci, sotto il ducato di Cleonimo Lacedemonio, arrivando a' liti d'Italia, prese la città di Turio, nel territorio de' Sallentini. Contra costoro essendo mandato Emilio console, con un fatto di arme li respinse alle navi: la città fu renduta a' suoi antichi abitatori, e fu pacificato tutto il paese de'Sallentini. Io trovo in alcuni annali, Giunio Bubulco dittatore essere stato mandato nelle terre de'Sallentini, e Cleonimo, avanti ch'egli avesse a combattere co'Romani, essersi partito d'Italia. Di poi circondato il promontorio di Brundusio, e portato da'venti nel mezzo del golfo Adriatico, essendo la sinistra riviera d'Italia tutta spiaggia ed importuosa, e spaventandolo dalla man destra gl'Illirii, i Liburni e gl'Istri (genti efferate e che la maggior parte aveano nome di vivere di latrocinii) arrivò dentro a' liti dei popoli Veneti. Ivi, poste poche persone in terra, le quali spiassero i luoghi, avendo udito esservi un lito disteso, non molto largo, il quale passato, aveva alle spalle alcuni stagni e paduli, i quali si mescolavano nel flusso e riflusso con le onde marine, e che non molto lontano si vedevano gran campagne, ed oltra a quelle assai colline, ed appresso la foce di un fiume profondo, nel quale si poteva volteggiare con le navi sicuramente (questo era il fiume Medauco), comandò, che l'armata andasse su pel fiume. Ma il letto di quello non fu capace de'legni maggiori: e perciò la moltitudine degli armati, montando sopra legni più leggieri, venne nel contado de' Padoani, in luogo frequentato, ed abitato da tre grossi borghi, posti su la marina. Ivi smontati (lasciando le navi guardate), presero di forza i borghi, arsero le case, e ne menarono gran preda di uomini e di bestie, e per la vaghezza del predare, si discostarono assai dalle navi. Le quali cose essendo notificate a Padova (perchè i Galli loro vicini li tenevano sempre in arme), divisero tutta la loro gioventù in due parti; una ne andò verso i luoghi, ove si dicevano essere i predatori; l'altra al luogo, ove le navi avevano posto in terra lontano dalla città intorno a quattordici miglia, ma per un' altra via, per riscontrare i nemici. Così assaltarono repentinamente i legni minori, ammazzando le guardie; per la qual cosa i nocchieri spaventati, furono costretti a ritirare le navi dall'altra ripa del fiume. E la battaglia di terra parimente fu prospera contra i predatori, trovandogli sparsi; perchè rifuggendo i Greci verso le

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dunt fugientesque in altum acrius, quam repu- | navi, i Veneti si opposero loro, in modo che da gnantes, usque ad ostium amnis persecuti, captis ogni banda intorniati, furono parte ammazzati e quibusdam incensisque navibus hostium, quas tre- parte presi. I quali manifestarono, la loro armapidatio in vada intulerat, victores revertuntur. ta ed il re Cleonimo essere lontani tre miglia. Cleonymus, vix quinta parte navium incolumi, Quivi fatti guardare i prigioni nella più vicina vilnulla regione maris Hadriatici prospere adita, di-la, una parte montando sopra le navicelle del fiuscessit. Rostra navium spoliaque Laconum, in me fabbricate col fondo piano, ed atte a passare aede Iunonis veteri fixa, multi supersunt, qui vii guadi degli stagni, e parte empiendo le navi derunt Patavii. Monumentum navalis pugnae co die, quo pugnatum est, quotannis solenni certamine navium in flumine oppidi medio exercetur.

prese di armati, andarono a trovare il navilio che era immobile, temendo i Greci maggiormente i luoghi da loro non conosciuti, che il nemico: e quello circondato intorno, li perseguitarono inverso il mare, non repugnando essi, nè facendo alcuna difesa, sino alla foce del fiume: ed avendo preso ed arso alcune navi de'nemici, le quali per fretta erano entrate nelle secche degli stagni, si ritornarono vincitori. Cleonimo appena con la quinta parte delle navi salve, non avendo tentato felicemente paese alcuno del mare Adriatico, si partì. Gli sproni delle navi, e le spoglie de'Laconi furono appiccate nell' antico tempio di Giunone, e molti sono ancora vivi, che le videro in Padova. Ogni anno si celebra la memoria della vittoria di quel giorno, con solenni giuochi di una battaglia navale, che si rappresenta nel fiume nel mezzo della città.

III. Nel medesimo anno si fece a Roma lega co'Vestini, i quali domandarono l'amicizia de'Romani. Nacque di poi vario spavento di più cose. Dicevasi, che la Toscana era per ribellarsi, nascendo il principio del movimento dalle discordie degli Arretini, i quali cominciarono a voler cacciare con le arme (per la invidia) una gran famiglia di cittadini, detta Cilnia, molto potente di ricchezze. Dall' altra parte, che i Marsi difendevano per forza quel contado, nel quale era stata posta la colonia di Carseoli con quattromila uomini descritti. Per la qual cosa, per posare quei tumulti, fu fatto dittatore M. Valerio Massimo, il quale elesse maestro de'cavalieri M. Emilio Paolo. Co

III. Eodem anno Romae cum Vestinis, petentibus amicitiam, ictum est foedus. Multiplex deinde exortus terror. Etruriam rebellare, ab Arretinorum seditionibus motu orto, nuntiabatur: ubi Cilnium genus praepotens, divitiarum invidia, pelli armis coeptum: simul Marsos agrum vi tueri, in quem colonia Carscoli deducta erat, quattuor millibus hominum scriptis. Itaque propter eos tumultus dictus M. Valerius Maximus dictator magistrum equitum sibi legit M. Aemilium Paullum. Id magis credo, quam Q. Fabium ea aetate atque iis honoribus Valerio subiectum. Ceterum ex Maximi communi cognomine ortum errorem haud abnuerim. Profectus dictator cum exercitu proelio uno Marsos fudit. Compulsis deinde in urbes mu-stui credo io, più tosto che un Q. Fabio, uomo di nitas, Milioniam, Plestinam, Fresiliam, intra paucos dies cepit: et parte agri multatis Marsis foedus restituit. Tum in Etruscos versum bellum: et, quum dictator auspiciorum repetendorum causa profectus Romam esset, magister equitum, pabulatum egressus, ex insidiis circumvenitur; signisque aliquot amissis, foeda militum caede ac fuga in castra est compulsus. Qui terror non eo tantum a Fabio abhorret, quod si qua alia arte cognomen suum aequavit, tum maxime bellicis laudibus: sed etiam, quod, memor Papirianae saevitiae, nunquam, ut dictatoris iniussu dimicaret, adduci potuisset.

così grav' età e di cotali onori, avesse ad essere soggetto a Valerio; ma penso, questo errore essere nato per lo comune loro cognome di Massimo. Andando il dittatore con l'esercito contra i Marsi, in un sol fatto d'arme li ruppe, e rimise dentro alle città murate, e tra pochi giorni prese Milionia, Plestina e Fresilia ed avendo condannato i Marsi di parte del territorio, rendè loro la pace. Poi volse la guerra contra i Toscani, ed essendo il dittatore andato a Roma per rinnovare gli auspizii, il maestro de' cavalieri, uscito fuori per predare, fu assaltato da una imboscata; ove perdute alcune bandiere, con grande uccisione de' suoi, fu vituperevolmente rispinto agli allog

IV. Nuntiata ea clades Romam maiorem, quam res erat, terrorem excivit. Nam, ut exercitu deleto, ita iustitium indictum; custodiae in portis, vigiliae vicatim exactae; arma, tela in muros congesta. Omnibus iunioribus sacramento adactis, dictator, ad exercitum missus, omnia spe tranquil liora et composita magistri equitum cura, castra in tutiorem locum redacta, cohortes, quae signa amiserant, extra vallum sine tentoriis destitutas invenit; exercitum avidum pugnae, quo maturius ignominiae aboleretur. Itaque confestim inde in agrum Rusellanum castra promovit. Eo et hostes secuti, quanquam ex bene gesta re summam in aperto certamine virium spem habebant, tamen insidiis quoque, quas feliciter experti erant, hostem tentant. Tecta semiruta vici, per vastationem agrorum destituti, haud procul castris Romanorum aberant. Ibi, abditis armatis, pecus in conspectu praesidii Romani, çui praeerat Cn. Fulvius legatus, propulsum. Ad quam illecebram quum moveretur nemo ab Romana statione, pastorum unus, progressus sub ipsas munitiones, inclamat alios, cunctanter ab ruinis vici pecus propellentes, quid cessarent, quum per media castra Romana tuto agere possent? Haec quum legato Caerites quidam interpretarentur, et per omnes militum manipulos ingens esset indignatio, nec tamen iniussu movere se auderent; iubet peritos linguae attendere animum, pastorum sermo agresti, an urbano, propior esset. Quum referrent, sonum linguae et corporum habitum et nitorem cultiora, quam pastoralia, esse; Ite igitur, dicite, inquit, detegant nequicquam conditas insidias: omnia scire Romanum, nec magis iam capi dolo, quam armis vinci, posse. Haec ubi audita sunt, et ad eos, qui consederant in insidiis, perlata, consurrectum repente ex latebris est, et in patentem ad conspectum undique campum prolata signa. Visa legato maior acies, quam quae ab suo praesidio sustineri posset. Itaque propere ad dictatorem auxilia accitum mittit; interea ipse impetum hostium sustinet.

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giamenti. Il quale spavento e disordine, non solamente è perciò solo alieno e non convenevole a Fabio, perchè, se con alcun'altr'arte e virtù ha il suo cognome di Massimo, specialmente l'ha fatto con gli onori e lode della guerra; ma ancora perchè ricordandosi di Papirio, non si sarebbe potuto mai indurre a combattere senza comandamento del dittatore.

IV. Essendo rapportata la novella a Roma, recò seco maggiore spavento, che non portava la cosa; perciocchè si fecero le ferie universali, le guardie alle porte, e la notte per le contrade della città, e le mura furono fornite di arme e di sassi, non altrimenti che fosse stato distrutto tutto l'esercito. Il dittatore, avendo costretti tutt'i giovani al sacramento, rimandato all' esercito, trovò tutte le cose più tranquille ed acconce che non si sperava, per la cura e diligenza del maestro de'cavalieri, e massimamente il campo ritirato in luogo più sicuro, e le squadre de'soldati, le quali aveano perdute le bandiere, lasciate fuori degli alloggiamenti senza tende, e l'esercito molto desideroso di combattere, per cancellare più tosto la sua vergogna. E perciò mosse prestamente il campo verso il contado di Ruselle: ove ancora i nemici Io seguitarono: e benchè, per lo successo delle cose prospere, avessero buona speranza nel venire apertamente alla battaglia, confidandosi delle forze loro, nondimeno tentarono anche offendere i nemici con gl'inganni, de'quali altre volte felicemente aveano fatto esperienza. Erano nel paese certi casamenti mezzo ruinati, di un borgo arso pel guasto dato al contado, vicini agli alloggiamenti de'Romani: quivi misero i nemici uno agguato, e mandarono bestiame a pascere al riscontro di quel luogo, ove era a guardia C. Fulvio legato. Al quale allettamento, non si movendo perciò alcuno de'Romani dalle stanze, un pastore, accostandosi più vicino alle guardie Romane, chiamava gli altri pastori, che lentamente e con timore discostavano le bestie dal borgo ruinato, dicendo: E che temendo state voi a badare? avvenga che nel mezzo dell' esercito de' Romani potreste sicuramente passare ? Queste parole, essendo dichiarate da certi Ceriti al legato, ed essendo grande sdegno per tutte le compagnie de' soldati, nè avendo però ardire alcuno di muoversi senza licenza, comandò, che quei che s' intendevano della lingua, stessero con l'animo attenti, e notassero, se il parlare de' pastori fosse più simigliante al civile, che al villano; ed essendogli rapportato, che la favella e l'abito del corpo e la mondizia delle persone mostrava altra sembianza, che pastorale, disse: Andate, e dile che scuoprano oramai gl'inganni fatti in vano, che i Roma

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