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Σ

Castagnola, Parle Emilio z

INTORNO

AI

PENSIERI

DI

GIACOMO LEOPARDI

EDIZIONE SECONDA

TORINO 1863

Tipografia del MEDIATORE diretta da SCIOLLA IPPOLITO,
via Andrea Doria N.° 17.

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E

PROEMIO

PQ 4710 C38 1863

Le opere di Giacomo Leopardi, vanno oggidì per le mani di molti, i quali tuttochè non siano disposti di approvare, e di ricevere in sè medesimi quel suo terribile nullismo, nondimeno, come avviene a chi non fa speciale professione di filosofia, pigliano quà e colà alcune sentenze e massime, e le tengono per vere, meglio dalla grande efficacia, e dalla infinita dolcezza dello stile di questo autore, che dalle ragioni persuasi. Così, per esempio, pochi sono che si contentino di accettare come indubitabili l'opinione della continua, necessaria, universale, assoluta infelicità, cui secondo il Leopardi è sottoposto il genere umano: ma non s'incontra di rado chi tenga per conforme al vero l'altra asserzione di lui, che tutti quanti gli uomini, senza, quasi eccezione veruna, sono ugualmente vili e malvagi.

Ora poichè tutte le opinioni del Leopardi, altro non sono

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se non le diverse parti, onde si compone una dottrina unica e ben ordinata, chiaro apparisce, che quegli il quale consente in questa o quella sentenza, leggermente è condotto a riguardare almeno come probabili i principii e le conseguenze finali di una filosofia quanto erronea, tanto pregiudizievole. Acciò che si riparasse danno così grave, sarebbe a parer mio utilissimo il pubblicare le opere del Leopardi con acconcie note, ed osservazioni, le quali ponessero in vista gli errori dell'autore e gli confutassero. Il che io mi sono provato di fare, rispetto solamente ai suoi pensieri, e piglierei forse ardimento di fare altresì per le altre opere, quando i lettori giudicassero che in tal prova, io non sia rimaso troppo lontano dal fine che io mi era proposto.

INTORNO

AI

PENSIERI DI G. LEOPARDI

I.

Io ho lungamente ricusato di creder vere le cose che dirò qui sotto, perchè, oltre che la natura mia era troppo rimota da esse, e che l'animo tende sempre, a giudicare gli altri da se medesimo, la mia inclinazione non è stata mai d'odiare gli uomini, ma di amarli. In ultimo l'esperienza, quasi violentemente, me le ha persuase: e sono certo che quei lettori che si troveranno aver praticato cogli uomini molto e in diversi modi, confesseranno che quello ch'io sono per dire è vero; tutti gli altri lo terranno per esagerato, finchè l'esperienza, se mai avranno occasione di veramente fare esperienza della società umana, non lo ponga loro dinanzi agli occhi.

Dico che il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi. Quando due o più birbanti si trovano insieme la prima volta, facilmente e come per segni si conoscono tra loro per quello che sono; e subito si accordano; o se i loro interessi non patiscono questo, certamente provano inclinazione l'uno per l'altro, e si hanno gran rispetto. Se un birbante ha contrattazione e negozi con altri birbanti, spessissimo accade che si porta con lealtà e che non gl'inganna; se con genti onorate, è impossibile che non manchi loro di fede, e dovunque gli torna comodo, non cerchi di rovinarle; ancorchè sieno persone animose e capaci di vendicarsi; perchè ha speranza, come quasi sempre gli riesce, di vincere colle sue frodi la loro bravura. Io ho veduto più volte uomini paurosissimi, trovandosi fra un birbante più pauroso di loro, e una persona da bene piena di coraggio, abbracciare per paura le parti del birbante; anzi questa cosa accade sempre che le genti ordinarie si trovano in occasioni simili: perchè le vie dell'uomo coraggioso e da bene sono conosciute e semplici, quelle

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