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il suo mezzo ed il suo fine, e non sia, dirò così, come un membro stac cato da altri membri, ma come un picciolo corpo con tutte le sue parti belle e proporzionate. Voglio che si vegga come si propone una materia, come si sparte, come si prova; in una parola, come si conduce un discorso. E ciò credo, potrà meglio scorgersi in queste brevi scritture; che in lunghi componimenti.

Non dirò niente delle considerazioni che ho anteposto a questa Scelta; delle annotazioni, con che l'ho illustrata; delle notizie che sono in fine; cose tutte che spero debbano renderla di maggiore utilità. Mi piace bene di fare avvertito il giovine amante del bello scrivere, che non sia pago di leggere una o due volte solamente questo libro; ma se l'abbia continuamente fra mano e lo studi e lo impari, e sovra gli esempi in es

so contenuti, procuri di foggiare i suoi scritti. Poi quando, compiuto il corso delle lettere e delle prime scienze, darà opera allo studio di qualche professione o si addestrerà in qualche impiego; non istia allora contento a questo libretto: nè pure legga indistintamente qualunque scrittore benchè eccellentissimo; ma solo, o principalmente, scelga di quegli autori che meglio valsero nello stile in cui egli dovrà scrivere; e di questi faccia il suo studio quotidiano, e se li renda familiarissimi, e se li cambi, per così dire, in succo ed in sangue, Così facendo, egli otterrà di potere un giorno scrivere con eccellenza.

CONSIDERAZIONI GENERALI

SU' DIVERSI TEMPI DELLA LINGUA ITALIANA.

Buon secolo della lingua italiana (1).

1. V

ARIE sono le opinioni intorno all'origine della lingua italiana, le quali tutte hanno in qualche parte del vero, e forse potrebbonsi di

(1) Essendo questo libro pe' giovanetti, farò un' osservazione utile a togliere quell'apparenza di contradizione che troveranno udendo dare al 1200 il nome di secolo decimoterzo; al 1300 il nome di secolo decimoquarto; al 1400 il nome di secolo decimoquinta ec. Eglino conoscono anche dalla grammatica che i nomi dei numeri dividonsi in CARDINALI, come uno, due, tre ec. cento dugento ec. mille duemila ec. in or DINALI O ORDINATIVI, come primo, secondo, terzo ec. centesimo ec. millesimo ec. tacendo qui, perchè non ci fa bisogno di parlarne, dei DISTRIBUTIVI (Corticelli lib. 1. cap. 8). Quando pertanto si conta cogli ordinali, si va sempre più innanzi che quanto si conta coi cardinali. Di un bambino che a ha 10, o 15, o 20 giorni, può dirsi che è nel primo mese, ma non può dirsi che ha un mese, poichè per dir primo basta che sia cominciata quella serie (qui di giorni) in riguardo della quale si dice primo, ma per dire uno bisogna che sia finita. Così il secolo che corre, dicesi decimonono, perchè veramente sono già

leggieri combinare (1). Ma comunque ella si nascesse (che ciò poco importa al presente mio intendimento) dirò che sul finire di mille dugento e vie più nel secolo seguente era ella pervenuta a si gentil condizione, che quel tempo n' ebbe il nome di buon secolo o secol d'oro della lingua italiana.

II. Ma il ben parlare a quell'età non fu degli scrittori solamente, ma eziandio del popolo, anzi da questo gli scrittori lo presero; e appunto si scrisse bene, perchè bene si parlò (2). Di qui segue

scorst 45 di quella serie di anni che formano il secolo; ma non si può dire 1900, finchè non siamo alla fine. Onde volendo chiamare il presente secolo con numeri cardinali, dovrà dirsi il 1800. Ecco perchè il secolo XIII chiamasi anche 1200; e così dicasi degli altri. Per brevità poi si tace da alcunì il mille; è si dice il dugento, il trecento, il quattrocento, ec. che scrivesi ancora il 200, il 300 ec.

(1) I principali scrittori intorno all' origine della nostra lingua, sono indicati da Cesare Lucchesini nella sua Illustrazione delle lingue antiche e moderne éc. Part. 1. cap. 2. Vedasi ancora il cap. 9, dove parla colla opinione sostenuta dal Perticari nella seconda parte della sua Difesa di Dante da altri. Poco fa è uscita in Bologna un'opera con questo titoló: 0rigine della lingua italiana, opera di Ottavio Mazzoni Toselli.

(2) Salviati, Avvertimenti della lingua, lib. 11. Della qual purità si può ben dir sicuramente, che altrettanta fosse nella voce del popolo, o più, quanto ella era negli scrittori ec. E il Salvini nelle note alla Perfetta Poesia Italiana del Muratori: Quelle belle frasi, quelle maniere di dire toccanti, esprimenti, le raccoglievano sul suo : le produceva il terreno a quella stagione da se, senza studio, senza fatica; perciocchè naturalmente e comunemente la lingua si par

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che non ha scrittura di quei dì, la quale per la favella non sia da pregiare. Bisogna per altro distinguere gli scrittori di coltivato ingegno da quelli che erano rozzi. Anco in questi è buona favella, vo' dire belle parole e graziosi modi, ma bisogna saperli trascegliere per entro quella rozzezza, come Virgilio dicea trar fuori perle dal fimo di Ennio. E questi sono i più, e da lasciarsi a chi già è pratico nella lingua, e può e vuole in questa fare uu peculiarissimo studio. Negli scrittori poi di maggior cultura non solo trovi dei bei vocaboli e di belle frasi, ma più costanza nelle desinenze dei nomi e dei verbi, una costruzione che per ordinario procede limpida e regolata, e un maggior lume di concetti e di locuzioni. Ma fra questi pure è da distinguere quelli che vollero far pompa di bello scrivere, dagli altri che non mirarono a questo. I primi credettero doversi scostare dalla favellá del popolo, e fecero spesse volte uso di maniere latine, di ricercate metafore, di circonlocuzioni, di trasponimenti; e tanto meno riuscirono pregevoli, o dirò così Italiani, quanto più vollero allontanarsi dalla popolare consuetudine. Sieno esempio le diverse opere del Boccaccio, tra le quali sono più stimate le meno studiate; ed anche in queste riesce più caro, dove meno arte usò, Laddove le prose del Passavanti, del Cavalca ed altre si fatte sono dagli intendenti avute in delizie perchè ci offrono, dirò così,

lava bene; e bene in guisa, chè tutta la diligenza de' moderni non arriva ( opera di lingua) a quella inaffettata diligenza degli antichi.

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