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vergine il bel favellare che a quei giorni vivea. Nondimeno la lingua di quei dì non sarebbe divenuta forse la lingua degli scrittori d' Italia, se non l'avessero usata quei tre gran luminari, Dante, il Boccaccio e il Petrarca. Questi misero in grido quella lingua: da questi, come vedremo, procurarono di ritrarre coloro che poi vollero servir bene; e in grazia di questi principalmente si volsero gli occhi a quel secolo, quando si stabilirono le regole della nostra gramatica: Ecco perchè quella età fu detta il buon secolo o il secol d'oro della lingua italiana.

III. Dunque non fu detta così per la dottrina, che allora fu poca e in pochi, sebbene avuto rispetto ai tempi, debba in alcuni, é segnatamente in quei tre, parer maravigliosa. Non fu detta così per l'eloquenza; poichè sebbene quei tre massimamente ce ne offrono esempi bellissimi, nondimeno l'oratoria fiorì dipoi. Non fu detta così perchè tutti i campi delle lettere fossero allora coltivati e queste pervenissero all'ultimo grado di pulitezza e di raffinamento, poichè quantunque chi sappia in quegli autori bene studiare, possa altamente giovarsene per ogni maniera di stile e di scrittura: quantunque ci diano principalmente quei tre, delle cose tanto perfette e stupende, che forse in vano cerchi delle somiglianti negli scrittori dipoi; e quantunque in parecchi tu ammiri una naturalezza così efficace e graziosa, che per poco a tutti i pregi dell' arte prevale: nondimeno la ricchezza dei componimenti di ogni genere, e un certo che il regolare e finito si dee alla civiltà e alla dottrina dei posteriori tempi. Ma fu quell' età

così detta perchè allora si parlò una lingua ricca dei più cari modi; e perchè questa lingua fu da tali scrittori adoperata, che meritarono di rendere costante l'uso fattone da loro e dai loro contemporanei: vale a dire, meritarono che la lingua, la quale in bocca del popolo a seconda dei tempi e dei luoghi si cambia, prendesse dalle loro scritture stabilità, e servisse di norma a quelli che volessero scriver poscia (1).

(1) Salvini, nelle citate annotazioni Secolo XIV non glorioso e perfetto per la universalità della dottrina, dell' erudizione, delle notizie aggiunte dopo, di altri lumi, fiori, gentilezze, sublimità di comporre; ma glorioso e perfetto guanto a una incontaminata e schietta e semplice purità, e bontà, e bellezza di favella. E altrove: Il secol d'oro non tanto detto dall'eccellenza degli autori, quanto dalla lin gua la quale allora correva, e fu da quegli parlata e scritta. L'essersi trattate nei secoli susseguenti le scienze e l'urti, non risuscita quell'antica inimitabile purità, e schiettezza e evidenza di dire: In altro Juogo: Specchiamoci in A. Gellio, gramatico dottis simo. Era dopo i tempi dei Cesari, de'Sallustii, Ciceroni;e pure fa questo elogio a Plauto. Plautus homo Jinguae atque elegantiae in verbis latinae princeps. Non dice Cicerone, ma Plauto. Distingue la lingua dall' eloquenza; il secol d'oro della lingua dal secol d'oro dell' eloquenza. E il Salviati, nei suddetti Avvertimenti lib. 2, cap. 13: I buoni scrittori che vissero in quel buon secolo, abbiamo noi per tanto singolari e sovrani, e per cotanto oramai dall' antichità confermati, la qual porta alle cose per sè medesima autorità reverenda, che malagevole ci sembra a cre· dere, che per altri che venissero, o per raffinamento della toscana lingua, la forma delle loro regole dovessimo abbandonare. Poichè si vede che Demostene e Cicerone, avvegnach' e' superassero ne' lor linguag· gi tutti i passati favellatori, non però diede niun

rea,

IV. I pregi dei trecentisti sono così maestevolmente descritti dal Salvini: Contuttochè uomini grandissimi, dottissimi, eloquentissimi in gran copia, di tutta Italia abbiano conferito co' loro scritti divini ed immortali al bene ed accrescimento della lingua italiana, pure quell' auincorrotta, saporitissima, delicatissimą purità non agguagliano; quel candore natio e schietto di voci nate e non fatte, quella nudità adorna sol di sè stessa, quello efficace, animata, chiara, sugosa breviloquenza; quel colore ancora d'antico che i pittori chiamano patina, e gli Attici negli scritti aivov che è, mi sia lecito il dire, un vago sucido e uno squallore venerabile. Quanto essi dunque (i moderni) riconosceranno questa dote di favella in que' buoni antichi; e oltre il regolare su quelli il proprio parlare, sceglier sapranno le pure e nette voci delle quali esse ne' loro componimenti han fatto con serva e tesoro, tanto più si potranno eternità di nome promettere (1).

V. Ma vuolsi fare avveduti gli studiosi non solo di scegliere, secondo che abbiam detto 9 fra gli scrittori di quel tempo i più regolati e culti, ma eziandio in questi pigliare i modi che oggi posson piacere, evitando gli altri; e perciò di non invaghirsi, come a certuni vediamo avvenire, delle voci andate in disuso, le quali sol di radissimo e a tempo e a luogo possono star bene di fuggire le frequenti e noiose ri

di loro novelle regole al volgur suo ma seguì quelle che dai più vecchi, quantu..que meno eccellenti, erun

state osservate.

(1) Salvini, nelle citate annotazioni.

petizioni, i costrutti mal ordinati, il rozzo e il secco, l'ammanierato e lussureggiante; in somma tutti quei difetti in cui qualche volta diédero quegli antichi o perchè affatto mancano d'arte, o perchè facevano i primi esperimenti nell' arte (1).

VI. Conviene anche star sull'avviso circa le opinioni nel fatto delle scienze; poichè come abbiam detto, quell' età fu povera di dottrina, e il fiorire delle scienze massimamente naturali fu assai dopo, conviene star sull' avviso circa i racconti di quei cronisti; i quali per lo più sono fededegni allorchè narrano cose ai loro tempi avvenute nelle antiche poi, mancando essi di quell' arte per cui si cerne il vero dal falso, bevettero grosso, e presero infiniti abbagli. Ma sopra tutto importa che si avverta, doversi andar molto a rilento nel leggere gli scrittori di quell' età, perchè non pochi di essi (vizio principalmente dei tempi ) non ebbero abbastanza. rispetto al pudore, e alle cose, o persone sacre. Il che vuol dirsi ancora di alcuni fra i più pregiati scrittori delle due età susseguenti (2).

(1) Salvini, nella cit. annot. Ogni lingua ha le voci basse, triviali, del minuto popolo, vili, sordide: e le maniere di dire oscure, e plebee. E dall'altra banda le voci nobili, belle, grandi, illustri. E perciò è necessario la natural grammatica del Giudizio che ne faccia quella scelta giusta e propria, tanto lodata e raccomandata dai maestri di rettorica; e che si può ben dire, ma non si può insegnare.

(2) Gigli, Regole per la Toscana Favella, ediz. di Lucca, 1734, a c. 229. Figuratevi che quel secolo, che dimandiamo il secolo buono della lingua, fu il secolo pessimo per la religione ec. Per questo motivo dunque,

SECOLO XV.

VII. Lo studio del greco e del latino che sia dall'età precedente avea cominciato in Italia (di che pure si dee non poca lode al Petrarca e al Boccaccio) crebbe per modo in questo secolo che il nostro volgare ne scapitò. Poichè molti lo abbandonarono affatto: altri, credendo per avventura farlo di maggior pregio, lo riempi rono stranamente di vocaboli e di maniere di quelle lingue e massimamente della latina, e lo renderono, dirò così, un gergo scolastico. Nondimeno anche questo secolo non è tanto da tenere a vile, quanto comunemente si tiene (1).

e per l'altro ancora di avere fra quegli scrittori i più regolati, dovranno scegliersi le edizioni soltanto fatte ad uso della gioventù. Fra queste sono da pregiare altamente la Scelta di novelle antiche, le Vite di Santi Padri e le novelle scelte di Ser Giovanni Fiorentino impresse in Modena negli anni 1826, 1827, 1830. Cosa più bella e più utile in questo genere mi pare non possa farsi. Il testo è purgato scrupolosamente da tutto quello che potrebbe offendere il buon costume; è ridotto alla miglior lezione mediante il riscontro delle più pregiate edizioni e di antichi manoscritti. Belle prefazioni e note brevi e succose illustran quelle pere. La stampa ci par molto corretta, e di sì bella forma e in così buona carta, che invita proprio a leggere. Ci rallegriamo col professor Marco Antonio Parenti cui devesi così bella ed utile impresa, e ci rallegriamo ancora coi giovinetti, che potranno con questo mezzo più facilmente e con maggior sicurezza ed utilità studiar le opere di que' primi padri di nostra lingua.

(1) Vedi la lettera del prof. Marcantonio Parenti sopra alcune scritture italiane del quattrocento, im pressa nel n. 10 della Continuazione delle memorie di religione, di morale e di letteratura.

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