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STILE DIDASCALICO (4).

1. Si dimostra falsa l'opinione di coloro che affermano esser l'arte in poesia del tutto vana (2).

Io vorrei che quelli i quali negano essere in poesia arte veruna, pensasser prima bene a quel

(1) Didascalico è una voce greca, derivante dal verbo didasna insegno, e perciò stile didascalico importa stile precettivo, o instruttivo o insegnativo: la quale ultima parola usarono il Giambullari, Carlo Dati e il Pallavicino. Alcuni dicono anche didattico, Voce pur greca; ma ignoro se scrittore approvato maž l'adoperasse. Questa forma di stile è di uso, direi quasi più generale e ordinario d'ogni altra. Chiunque voglia scrivere in una scienza, o dar pareri nella sua professione, o far relazioni in un impiego, di questo stile abbisogna. La stessa eloquenza forense (segnatamente nelle materie civili) deve oggi per ordinario avere più di questa maniera che dell' oratoria Anco la religione eccetto che quando parla solennemente dai pergami ) conversa co' suoi fedeli per lo più in questo stile. E pure in molte scuole di rettorica è la meno che si coltivi, e i giovani per lo più, vengono in tal guisa istruiti come se tatti dovessero un giorno essere predicatori. Ho procurato che la più parte degli esempi che io darò di questa maniera, trattino del bello scrivere: perchè i giovinetti (oltre che avranno cose alla loro intelligenza proporzionate ) trovino in uno stesso pezzo e buoní esempi di scrivere e buoni precetti. Chiarezza somma: per lo più semplicità, nella favella, e ( chi sappia farlo occulta eleganza: ecco le principali doti dello stile didascalico.

(2) Considerino bene i giovani le belle e savie av

e che intender vogliano per arte. Nel che parmi che la maggior parte di loro s'ingannino: perchè molti si credono, che qualora si dice arte, non altro possa o debba intendersi, se non che una dottrina composta di regole e precetti determinati e certi, i quali messi in opera, venga ad essere il lavoro compitissimo, nè più si cerchi alla sua somma perfezione; a guisa che veggiamo essere l'aritmetica, la qual consiste in precetti di sommare e sottrar numeri, e dividergli e moltiplicargli; e son que' precetti così stabiliti e così certi, che può ognuno intendergli (4) e osservargli, sicuro, che osservandogli, farà il suo computo perfettissimamente. E certo se sarà una dottrina composta di tali precetti non potrà negarsi che non sia un arte, e un'arte perfettissima.

Ma bisogna però ciò non ostante concedere, che può ancora essere un'arte e bella e utile e necessaria la qual si componga di semplici avvertimenti, senza veruno di quei precetti così determinati, e quasi senza precetti di sorte alcuna. Di che, se io volessi, potrei recarvi moltissimi esempi, scorrendo principalmente per quelle arti che riguardano il diletto, quali sono la pittura, la scultura, la danza, là musica, la rettorica istessa, che ha bensì altro fine, ma studia

Wertenze in questo capitoletto contenute, le quali non per la poesia sola, ma e per la prosa e per le arti belle possono assai giovare. E nelle poche parole che qui se ne dice, non s'intende meglio la natura e la importanza dei così detti luoghi oratorii, che da quanto ne dicono le rettoriche?

(1) V. facc. 111 nota 1.

però ancor essa e cerca di dilettare. Per non vagar troppo, e di dilungarmi il men ch' io posso della poesia di cui trattiamo, io mi fermerò nella rettorica sola gli ammaestramenti della quale sono in grandissima parte comuni anche alla poesia. Per dir dunque della rettorica, accioc chè intendiate come è scarsa di precetti, eziandio là dove abbonda di bellissimi e utilissimi avvertimenti; vedete quanto si estendono i maestri in quella parte, ove mostrano le figure per cui si adorna e si fa bella l'orazione, e già i più ne fanno un trattato particolare, imponendo a ciascuna figura il suo proprio nome, e definendola e proponendone esempi. Nè qui però è alcun precetto; nè mai prescrivesi al dicitore, che egli debba inserire nel suo ragionamento una apostrofe, ovvero una prosopopeia, ovvero una repetizione, ovvero qualche altra figura determinata, quasi che senza quella tal figura egli nou possa parlar bene; anzi gli se ne propongono molte, acciocohè egli, volendo, possa valersi quando d'una e quando d'altra ad arbitrio suo, e secondo che la materia e l'occasione il richiedono di che non può darsi regola niuna. Onde vedesi che il novero e la spiegazione di quelle figure anche senza contenere verun precetto, pur è utile al dicitore, il quale volendo abbellire particolarmente qualche luogo dell' orazion sua, e non sapendo come farlo (il che avviene spessissimo a' principianti, e talvolta anche ai più esercitati), potrà ricorrere con la memoria alle figure mostrategli da' maestri, ed è facile che più d'una ne trovi che sia al proposi

to; di cui poscia con bel modo valendosi, darà vaghezza o splendore all' orazione.

Vedete anche i luoghi che chiamano topici, con quanta diligenza si espongono da' rettorici; perchè volendosi persuadere alcuna cosa per via di ragione e d'argomento, può questo trarsi da molti capi. Può trarsi da ciò che va innauzi alla cosa che vuol provarsi, da ciò che la segue; ed anche da ciò che l'accompagna; può trarsi o dal genere che ha comune con altre cose, o dalla differenza che da quelle la distingue, o dalla specie particolare, sotto cui cade, o da ciò che di necessità le si aggiunge, o per accidente; e non meno può trarsi dalle cose contrarie, dalle maggiori, dalle minori, dalle simili, o da molti altri capi, che lungo sarebbe numerare. Or questi capi si chiamano volgarmente luoghi topici, e trattansi da' rettorici con grande accuratezza, così che intorno all' argomentazione pare, che non sappiamo insegnar altro; di che io veramente non gli lodo; e se dovesse scriversi una rettorica a modo mio, io vorrei qualche cosa di più. Ma come che sia (1), questi luoghi, benchè non contengono precetto veruno sono però stati sempre utilissimi all' oratore, il quale, se niun argomento gli sovvenga a provar ciò che vuole; scorrendo con la mente i detti luoghi, potrà con prestezza ritrovarne ; e quand' anche ne avesse all'animo alcuno venutogli in mente senza studio, non gli sarebbe tuttavia inu

(1) Come che sia, comunque sia. Cinonio, cap. 59 S. 7.

tile riandare i luoghi, per aver maggior copia d'argomenti; e forse che ne troverebbe dei migliori di quelli, che aveva già in mente.

E so bene, che i più moderni filosofi tengono poco conto di questi luoghi, e gli disprezzano come inutili; i quali filosofi però non lascian di dire, che a considerare e dimostrare bene una cosa, bisogna volgerla e rivolgerla da tutte le parti, e mirarla in tutti gli aspetti che ella può avere e non si accorgono, che ciô dicendo vengono a dire che bisogna scorrere i luoghi. E se io ho da dirvi il vero, e scoprirvi sinceramente l'animo mio, io amerei che gli oratori e i poeti, più che ai moderni filosofi, attendessero agli antichi, i quali se ne furono così savii in fisica, come sono i moderni, gli superarono però di gran lunga in eloquenza; nel qual genere sono stati tanto eccellenti, che quasi talvolta mi paion troppo. Comunque sia, per nou deviar maggiormente dal proposito, rivolgomi agli esempi che ho detto di voler trarre dalla rettorica; e dico che come essa trattando assai largamente delle figure e dei luoghi, e proponendo avvertimenti giovevolissimi a chiunque divenir voglia bel parlatore, benchè non dia verun precetto, è però arte, ed è arte utilissinia; così lo stesso avviene là dove tratta dei costumi e degli affetti. Perchè quanto ai costumi, che altro fanno i maestri di rettorica se non che proporre le note più principali e più cospicue, per cui si distinguon fra loro i costumi degli uomini, de' vecchi, de' giovani, de' nobili, de' plebei, e di tutti gli altri ordini? Il che non contiene verun precetto; pur nondimeno l'aver ve

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