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all'altro non senza qualche vaghezza e varietà, come nel sovrapposto verso

Qual ninfa in fonti, in selve mai qual Dea, dove corrispondendosi Ninfa e Dea, fonti e selve, hanno però contrario ordine; e aggiuntavi la repetizione della voce qual, fanno un verso vaghissimo.

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Alle volte non due parti di un verso solo ma più versi insieme si corrispondono. E questo pure ha molta grazia e leggiadria, come in quei versi.

Il gorgheggiar de' garruletti augelli,

A cui dagli antri cavi Eco risponde ;
Il mormorar de' limpidi ruscelli,

Che van dolce nel margo a romper l'onde :

i quali versi, oltre che presentano all' animo immagini vaghissime, procedon poi con tal misura, che i due ultimi paion fatti su la stessa forma che i due primi.

Ben è vero, che tali ornamenti, ove mostrino studio, diventano puerili e passano in affettazione, che è vizio sommo. Nè passan meno in affettazione, e in puerilità, ove sien frequenti troppo e continuati. Bisogna dunque usargli sobriamente; e molto ben fece, e mostrò giudicio il poeta in quel quadernario

Ove ch' io vuda, ove ch' io stia talora

In ombrosa valletta, o in piaggia aprica,
La sospirata mia dolce nemica

Sempre m'e innanzi ; onde convien, ch' io mora; dove avendo vagamente legati i primi due versi con parità ed uguaglianza di membri, ́et or

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natigli coi contrapposti vada, e stia ombrosa et aprica; lascia poi scorrere gli altri due con una facile e bella negligenza.

F. M. ZANOTTI, ivi.

VI. Dello stil grave.

Abbiamo detto di sopra, che fra i tre stili, il grande, l'umile, e il mezzano, moltissimi altri posson formarsene per la varietà dei sentimenti e delle parole, che è quasi infinita. Ora troppo lungo sarebbe, e forse impossibile l'andar dietro a tutti: diremo qualche cosa di due solamente, cioè di quello che chiamasi propriamente grave, e di quello che con latino vocabolo suol dirsi aptitudine, nè forse male si chiamerebbe convenienza.

Lo stil grave o è con asprezza, o senza. Il grave ed aspro si compone di sentimenti grandi, ma rigidi e austeri, quali soglion nascere dalla malinconia, dallo sdegno, dall' ira; espressi dico con parole convenienti, cioè aspre, e che anche pel loro accozzamento rendano aspro suono. Io non so, se un discorso che niente avesse di dolcezza in niuna sua parte, ma fosse in tutto e perfettamente aspro, potesse piacere ; ma come non è quasi possibile fare un discorso che sia perfettamente di uno stil grande, senza che nulla pigli dall'umile o dal mezzano: nè che sia perfettamente di uno stile umile e mezzano, senza che pigli qualche cosa dagli altri stili; così è difficile che un discorso sia mai perfettamente aspro, così che non vi si mescoli qualche poco di soavità: e quella asprezza così un

poco temperata, piace grandemente agl' intelligenti; credo, come il vino austero piace ai bevitori.

E certo nel minacciare, nel riprendere, e in altri tali argomenti sta bene lo stile aspro. Il Casa vi riuscì eccellente, quantunque lo usasse in argomenti amorosi, a cui pare che più tosto lo stile umile o il mezzano si convenga, che l'aspro e il grave; ma egli non fece quasi mai altro, che querelarsi con isdegno di quella sua donna

Qual dura quercia in selva antica, od elce
Frondosa in alto monte ad amar fora,
O l'onda, che Cariddi assorbe e mesce,
Tal provo in dei; che più s'impetra (1) ognora,
Quant' io più piango; come alpestra selce,
Che per vento e per pioggia asprezza cresce.

Nè è però così aspro negli altri sonetti che hanno più dolce argomento, quantunque sia sempre grave.

Lo stil grave senza asprezza, si compone di sentimenti nobili e grandi, espressi con parole piane e semplici, e quali allo stile umile si converrebbono, nè è molto curante del suono; così che chi adopera questo stile, pare che sia contento della grandezza delle cose che dice, senza voler far pompa delle parole; e con ciò acquista maggiore autorità. Gravi di questa maniera a me paion quei versi:

Quel che infinita provvidenza el arte
Mostrò nel suo mirabil magistero:

(1) Impetra, cioè impietra, divien dura come pietra.

e quegli altri che disse Laura con molta gravità parlando alla morte

Come piace al Signor che in cielo stassi,
Ed indi regge e tempra l'universo,
Farai di me quel che degli altri fassi.

Non è alcun dubbio, che lo stil grave, così senza asprezza, è molto conveniente a persone di alto affare, e a scienziati, e a tutti quelli che sono di grande animo, i quali tanto stimano le cose, che poco curano le parole; e sta sommamente bene nei racconti, e nel trattar dei negozi, quando sieno gravi e di importanza; perchè allora chi parla, dee mostrare di avere a cuor la faccenda, non di essere bel parlatore; e quindi è, che i pensieri più ricercati, e gli ornamenti che sopra dicemmo dello stil mezzano gli si disdicono.

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F. M. ZANOTTI, ivi.

VII. Dell' attitudine o convenienza del discorso.

Quello stile che latinamente chiamasi aptitudine, io lo direi più volentieri convenienza, ovvero pieghevolezza del discorso. Non si distingue propriamente dagli altri stili, ma più tosto gli comprende tutti. Imperocchè la materia che trattasi nel discorso, non segue ad esser sempre la stessa, ma cangia modo e forma, e di piccola si fa grande, e di grande piccola, e va prendendo varie qualità. Nè avviene già un tal cangiamento solo ne' lunghi tratti; e si fa talvolta nel breve giro di pochi sentimenti, ed anche di un solo. Ora è bello, che il discorso

si adatti per tutto e si volga secondo le varie pieghe della materia istessa, accostandosi quando ad uno stile, e quando ad un altro, a misura che le qnalità della materia il richieggono. E chi sappia far questo con bel modo e senza che ne discordin tra loro le parti del discorso, ma in una bella varietà si uniscano; avrà conseguito quella tanto maravigliosa aptitudine, che non è propria se non degli scrittori o parlatori eccellentissimi.

Nè quanto vaglia l'aptitudine, nè che cosa ella sia, non potrà abbastanza intendersi se non ` da chi la cerchi con diligenza e la osservi negli scritti de' valenti uomini. Laonde gioverebbe qui grandemente a spiegarla, il recarne molti esempi, e de più scelti; la qual fatica io ora non potrei prendere. Di che però poco mi dolgo, sapendo che voi, gentilissima signora (1), non ne avete bisogno. Recherovvene tuttavia alcuni pochi, che, così senza pensarvi, mi vengono alla memoria. Il Petrarca avendo espresso il valor maraviglioso d'Annibale con due nobilissimi versi:

L'altre è il figliuol d'Amilcare, e nol piega
In cotant' anni Italia tutta e Roma;

volendo poi dire, che egli in Puglia si innamorò d'una donnicciuola, declina alquanto da quella nobiltà di stile nel terzo verso;

Vil feminella in Puglia il prende e lega.

(1) Maria Dolfi Ratta, cui sono diretti questi ragionamenti.

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