Immagini della pagina
PDF
ePub
[ocr errors]

di svariati colori e avea perdute per cagione del freddo tutte le sue potenze (1). Del quale il villano ebbe grande pietà, miseselo in grembo e portollo a casa, e fece un gran fuoco. Ed essendo il serpente riscaldato; gli tornarono tutte le forze sue; e cominciò ad attoscare tutta la casa del villano, e a volerlo offendere, andandogli addosso con terribili e grandi zufoli (2).

E così l'uomo malvagio si rallegra, in luogo di dolcezza di mele, render amaritudine di veleno, e per frutto pena, e per pietà inganno.

VOLGARIZZAMENTO DI ESOPO

III. Il leone e il topo.

Tenendo il leone suo stato (3) e meriggiando (4) in una bella, fresca ed erbosa selva fussi addormentato (5). E allora una grande schiera di topi, pronta (6) di giucare (7), correndo al

(1) Le sue potenze; cioè il potere, il vigore, o come dice poi, le forze sue. sibili.

(2) Zufoli, fischi,

(3) Tenere stato, vale imperare, essere.

(4) Meriggiare, stare all'ombra, propriamente sul mezzodi, o`meriggio.

(5) Fussi addormentato, cioè si addormentò. Vedi la nota 5, a faco. 36.

(6) Pronto col genitivo, pare che tenga dal significato di voglioso desideroso. Anche Dante, Inf. 3, disse; ..... or mi concedi Ch'io sappia quali sono, e qual costume Le fa parer di trapassar si pronte; esempio allegato dall'ottimo vocabolario di Padova. Ciò accade più comunemente nella voce sollecito. S' indica l'effetto per la causa; poichè il desiderio, la voglia, rende pronti, solleciti.

(7) Giuc.re o giocare dicesi a rigor di gramatica

leone, gli entrarono nelle orecchie, sicchè gli ruppero (1) il sonno. E vedendosi il leone ingiuriato tanto, e avendo preso un topo, stava intra due (2), o dargli morte o perdonargli e lasciarlo andare. Il topo vedendosi preso, con grande umiltà pregava il leone che lo lasciasse e perdonassegli la vita. Pensando il leone che uccidendo il topo gli sarebbe riputato grandissima viltà ed a ciascun topo troppo grande onore (3),

non giuocare: poichè quando nella penultima sillaba d'una parola è il dittongo uo (come in giuoco, suono, tuono, ec.) esso non si conserva tutte le volte che la voce cessa di far posa sull'o. Onde si dice giuocano e giuochino, suonano e suonino, tuonano e tuonino ec.. ma non giuocava, suonava, tuonáva. Così dicesi muovere, ma non muoveva moro o muoio e muoiono, ma non muorire; cuocere e cuocono, ma non cuoceva; scuola, ma non scuolare ec. La ragione di questa regola, danno fra gli altri, il Salviati Degli avvertimenti della lingua, lib. 3, cap. 3, particella 3, e il Cortícelli, lib. 3, cap. 3. Si può vedere anche il Bartoli, Ortografia cap. 2, §. 2. Il Pallavicini negli Avvertimenti gramaticali §. 155, dice che questa regola ha una sola eccezione negli avverbi che finiscono in mente, come nuovamente, buonamente. Bisogna per altro confessare che l'uso de' nostri classici non rade volte discorda da questa regola de' gramatici, alla quale molte più eccezioni si potrebbero fare e lasciar anche non poco al savio giudizio di chi scrive. ( Vedi la prima nota alla fav. XVII).

(1) Ruppero. Altre edizioni hanno ruppono, forma antica, di cui diremo altrove.

(2) Stare intra due, o infra due, o fra due, vale sta re ambiguo, dubbioso tra 'l si e il no; non si risolvere.

(3) Riputare viltà, onore ec. e più comunemente a viltà, ad onore ec. col dativo di persona, l'accusativo di cosa vale attribuire tal cosa a quella persona a viltà, ad onore ec. stimarnela vile od onorata.

diceva fra sè medesimo queste parole: A quello ch'è di gran potenza, vincere un piccolo e di vile condizione, è non vincere, ma piuttosto esser vinto; e perdonare al vinto giudico essere magnanima vendetta. E lasciollo andare e il topo si parti sano e lieto. E andando il leone poco dopo queste cose a diletto sprovvedutamente (1) gli venne dato nel laccio del cacciatore e per liberarsi da quello, sue forze non valeano, perchè quanto più tirava più nei lacci si stringeva. Ma fecegli più pro il forte lamentare e i suoi forti e grandi muggiti (3). Per la qual cosa il topo che nelle sue branche era stato, riconosciuta la voce del leone trasse (4) al suo rumore e ricordandosi di tanta grazia e cortesia quanta gli era stata fatta dal leone, vedutolo allacciato nelle forti reti, subito rose la fune: onde il leone fu franco e libero (5).

(1) Sprovvedutamente, inavvertentemente. Altre edizioni leggono: improvvedutamente.

(2) Pro, vantaggio.

(3) Mugghio e muggire e mugghiare, sebbene propriamente si dica de'buoi, pure si riferisce anche a’leoni ed altre bestie; ed eziandio al mare al vento ec. Tasso, Gerusalemme liberata. Canto 8, stanza 83, Così leon ch' anzi l'orribil chioma con muggito scotea superbo e fero. Nella Gerusalemme Conquistata sostitui ruggito, che è proprio del lione.

(4) Trarre per accorrere è buon modo, ma da non usarsi senza grandi avvertenze per non dar nello equivoco. (5) Franco e libero sono due voci di simile significato, come il vecchierel canuto e bianco del Petrarca ( checchè altri si lambicchi il cervello per dare a bianco diversa significazione); le bianche e canute chiome del Casa nell'orazione a Carlo V; i passi tardi e lenti del Dominato Petrarca; l'omai lieti e contenti del Tasso, ed

IV. Lo sparviero e la quaglia.

La filosofia apparisce più bella con mansueto aspetto, pure e semplice abito, che coll'orrido sopracciglio coperto da qualsivoglia cappello; e chi per parer savio si mostra in volto torbido e colerico, il più delle volte ha l' intelletto così rozzo come egli dimostra nel sembiante, come ben parse (1) lo sparviero alla ingambiata quaglia.

Aveva uno uccellator in quel di Prato (2) presa una quaglia, e perciocchè ella, secondo l'usanza loro, cantava assai dolcemente, egli l'aveva messa in una di quelle gabbie che son coperte di rete, perchè gli sventurati uccelli di nuovo incarcerati, percotendovi il capo non se lo guastino; e avevala attaccata appié d'una finestra che riusciva sopra l'orto della casa sua. Della qual cosa avvedutosi uno sparviero, subito vi fece su disegno, e andatosene una mattina da lei, con voce assai, mansueta le disse:

Sorella mia dolcissima, perchè io tenni sempre con l'avola tua buona amicizia, anzi la ebbi del continuo in luogo di madre (uh, quando

altri di simil fatta. De' quali modi chi mostra maravigliarsi mostra non essere punto dimestico de' classici i quali o per seguire il comun parlare o per esprimere più efficacemente una cosa pongono talvolta due voci di simile significazione piuttosto che una.

(1) Oggi è più in uso parve che parse, ma questo pure è modo usato dai classici, e qui forse sta meglio per evitare quel po' di mal suono che avrebbe dalla vicinanza delle voci parve e sparviere. Vedi il mio primo discorso Del soverchio rigore dei gramatici §. 31.

(2) In quel di Prato, nel territorio di Prato. È buon modo toscano tuttora vivo.

io me ne ricordo, appena posso contener le lagrime (1)) subito che io seppi che tu eri condotta in questo travaglio, io non potetti mancare a' molti obblighi che mi pareva aver con tutta la casa vostra (2): e però per la tua liberazione son venuto a profferirti ogni mio pctere, quando tu voglia uscire di questo carcere; e mi basta l'animo di cavartene senza molta fatica, perchè e col becco e con le unghie stracciando questa rete, tu te ne potrai andar, poi dove ti piacerà: La quaglia, che (come voi pctete pensare) non avea il maggior stimolo che ricuperare la perduta libertà, udendo si larghe profferte, li volse (3) dire, senza più pensarvi, che eseguisse quanto promettea. Ma guardandolo fiso nel volto, per vedere se egli diceva da vero, le venner veduti quegli occhi spaventati, e quel supercilio (4) crudele, con quelli piedi strani e quelle unghie adunche e più atte alla rapina che alla misericordia; e stette sopra di sè (5) e dubitò d'inganno; e però disse: Potrebbe esser che la pietà degli affanni, nei quali io mi ritrovo, ti avesse mosso a venire alla volontà mia; ma tu non mi hai aria di pietoso, e però sarà ben che tu la vada a spendere altrove, che io per me non la voglio spe

2

(1) Vedi stupenda naturalezza!

(2) Dice vostra perchè si riferisca alla famiglia della quaglia.

(3) I gramatici preferiscono volle a volse, che pure è modo frequentatissimo ne' classici, e vive tuttora nel popolo. Vedi detto mio discorso, not. 58.

(4) Supercilio, modo meno usato che sopracciglio. (5) Star sopra sè'o sopra di sè, esprime l'atto di chi· si pone in pensiero, in dubbio, in sospetto ec.

« IndietroContinua »