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esser cattive di lor natura, intendendo che sieno non già, disoneste e malyagie, ma fastidiose ed importune, dovendo l'uomo star sempre in su'l reggerle e moderarle, il che gli dà noja e fatica: come dunque le malattie si dicono cattive benchè non malvagie, così pare che posson dirsi ancor le passioni. Il quale argomento è da distinguere. Perchè, sebbene le passioni a chi non è ancor virtuoso, recano noia grande e fastidio, non recano però a chi è già virtuoso. Perciocchè il virtuoso avendovi fatto l'abito, le governa e le tempera facilmente; e sapendone, per così dir, l'arte, la regge con piacere come il cavaliere, che regge il cavallo con maestria, e vi ha diletto, piacendogli di far ciò che sa far così bene e se il cavallo mostra sdegnarsi del freno, e tuttavia gli obbedisce, piace ancor quello sdegno. Non son dunque le passioni moleste nè faticose di lor natura, essendo tali solamente a quegli che non hanno virtù; poichè agli altri che son virtuosi, cedono facilmente, e si piegan com'essi vogliono; di che eglino senton piacere, e ne traggono aiuto per far le azioni virtuosé con più pronto e sicuro animo. Per le quali cose parmi dover conchiudere, che le passioni non sono per niun modo cattive di lor natura (1).

ZANOTTI, Filosofia Morale.

(1) Come l'uomo pur troppo abusa spesso delle passioni, e molto più perchè da alcuni scrittori si è talvolta spesa questa voce con torti fini; così agli orecchi di alcuni, ed anche nel comune uso del favellare, mai suona oggidì, quasichè solo valesse ad esprimere le inclinazioni a cose rie. Ma anche il

XXIV. Qual è quel vincolo che può stringer tutti gli uomini fra loro? E qui delle diverse specie di amicizia.

Non può stare questa unità senza un vincoto perchè persone tra loro non sol diverse ma ancor divise, come son gli uomini, non possono collegarsi senza legame. E qual sarà questo legame? L'amore? No: l'amicizia (1). Per

Tornielli, nella parte seconda della predica quinta, ci dice; Tutte le nostre passioni non sono per so medesime nè buone, nè ree: ma dall'oggetto ch'elle riguardano, piglian la lor bontà o malizia; e tra le altre cose, anch' egli ha la similitudine del cavallo. Ma di tal cavallo invero non bisogna fidarsi mai troppo perchè tutti abbiamo con noi, a dirla con Dante, di quel d'Adamo, e l'educazione per lo più in cambio di aiuto, ci da maggiormente la spinta: onde per valenti cavalieri che siamo, potremmo di leggieri venir scavalcati.

(1) A schiarimento recherò un bel luogo della Filosofia Morale di Francesco M. Zanotti : -«L'ami» cizia è una scambievole benevolenza scambievol» mente manifestata. E dico benevolenza ( è lo stes» so amore, usato dal Segneri ), perchè senza que»sta non può essere amicizia; e bisogna che sia » scambievole, perchè se Cesare vorrà bene a Len» tulo non perciò li diranno amici: quando Lentu>> lo anch'egli non voglia bene a Cesare; ne tam» poco si diranno amici, se volendo bene l'uno al»tro, l'uno però non sappia della benevolenza del

l'altro. Par dunque che nell'amicizia debba esse>> re la benevolenza non solo scambievole, ma an>> che manifestata. Non è però che questa manife» stazione di benevolenza si voglia far sempre con » le parole che anzi ciò avvien di rado, perchè in >> alcune amicizie, come vedremo appresso, la ma

chè l'amore scambievole che sta occulto

non

lega intieramente gli uomini insieme: gli lega quel che si scuopre. Ma a legar bene non ogni vincolo è atto. Bisogna che sia bastevole stringere tutti quelli c' hanno a legarsi, e che poi sia forte tenerli. Così non credere che ogni amicizia sia buona all'intento nostro. L'amicizia è di cinque sorti: viziosa, comune, naturale, virtuosa e divina. La viziosa ( ch'è quel la che unisce insieme gli uomini a fine cattivo di sensualità, di stravizzi e di cose tali) certissimo non è buona: anzi nè meno si può dire amicizia; più tosto è malevolenza. Perchè quando uno vuol tirar altri al peccato, piuttosto l'odia, come odia l'anima sua : qui diligit iniquitatem, odit animam suam. E però una tale amicizia non può essere il vincolo che cerchiamo. La comune, (che è quella che unisce insieme gli uomini per la comunanza di patria, d'interessi, d'impieghi, di studj, o pur di conversazione) non è cattiva, ma non è universale, perchè ristringesi a pochi: e non è durevole: non ci vuol niente a far così ch' ella sia recisa, e però non è il nostro vincolo. La naturale, che è quella che unisce gli uomini per congiunzione di sangue, non solo non è cattiva, ma è ancor lodevole. Tuttavia non è sufficiente; nè abbraccia tutti, nè dura, perchè talor si converte in odio fierissimo. Basta una eredità di cui și contenda. Senza che, una ta

» nifestazione si fa dalla natura stessa, o dalle leg» gi, senza, che l'uomo vi abbia parte: oltre che » sempre più vagliono le azioni che le parole ».

le amicizia suol essere spesso pregiudiziale a coloro, à cui non si estende; mentre tu vedi che quell'amore ch' anno alcuni al loro sangue, fa che attendano tanto più crudelmente a succhiar l'altrui; e però non è nostro vincolo. La virtuosa, che è quella che unisce gli uomini per le virtù di cui si scorgono adorni, è assai migliore di tutte le precedenti. Contuttociò nè pur essa si stende molto, perchè le virtù amate da lei sono in pochi: e poi tanto anche è muta→ bile l'amor suo, quanto sono mutabili i virtuo→ si, ai quali si stende. E così nè meno questa può essere il nostro vincolo. Resta la amicizia divina, cioè quell' amicizia, in virtù di cui noi uniamo gli uomini perchè Dio vuole che gli amiamo, conforme a quello; Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligit et fratrem suum; e così gli amiamo per Dio, e gli amiamo in Dio. Questa è amicizia perfetta, e questa è vincolo tanto lungo, che giunge infino ai nemici; ed è tanto forte, che sa resistere a tutti denti del tempo, resiste al ferro, resiste al fuoco, e segue ad amare quando anche manchi il merito negli amati, perchè la cagion vera di amarli non è altrimenti il loro merito ; è Dio. E così quest' amicizia è veramente quel vincolo che abbiamo ricercato.

SEGNERI, Manna dell'anima.

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XXV. Del naturale inchinamento in quanto è, alla patria (1).

1. È uno comune costume e naturale inchinamento ad amare la patria.

2. Cassiodoro epistolarum libro primo. A cia scuno sua patria è molto cara. Eziandio gli uc

(1) Questo e i seguenti quattro luoghi ho preso da uno dei più cari libri del milletrecento, cioè dagli Ammaestramenti degli Antichi, raccolti e volgarizzati per fra Bartolommeo da S. Concordio dell' Or dine de' Frati Predicatori. Sono sentenze e alcune brevi storielle prese da antichi scrittori sacri e profani, e disposte con bell' ordine, e vestite di tal lingua, che il Salviati la disse la più bella e la più nobile che si scrivesse mai in que' tempi. Le parole che in corsivo precedono ciascuna sentenza, indica no gli autori e il luogo da cui essa è presa. Le als tre parole che dette sentenze legano, sono di fra Bartolommeo.

Non faccia poi maraviglia se vediamo questo e la più parte degli scrittori d'allora prendere piuttosto da altri, che fare da sè. 1 diversi tempi nelle lettere presso una nazione, sono, dirò così, come le di-verse età di un uomo. Questi, per apprendere a pensare da sẻ, ha per lo più hisogno di frequentare le scuole e di usare co' sapienti. Non altramente una nazione, prima di formarsi una dottrina sua e far da sè, va come alla scuola di un'altra, che prima di lei fu in fiore. Piuttosto che dispregiare quella infilzatura, se così vuol dirsi, di dottrine altrui, che si vede nei più dei trecentisti e deridere i sogni platonici e le dispute aristoteliche de' seguenti due secoli, dovremmo saper grado a quei nostri padri, tenerli in venerazione per quel tanto che fecero, e perchè con quei loro studi apersero ed ispianarono la via alla sapienza dei posteri.

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