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celli volanti per aere amano i loro nidi. L'erranti fiere al loro covile si ritornano.

3. Seneca a Lucillo. Così Ulisse desidera e affretta di tornare alla sua isola, detta Itaca come lo re Agamennone alla sua nobile città d' Atena (1). Che niuno ama la patria perchè sia grande, ma perchè è la sua.

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4. Tullio nella nuova rettorica lib. quarto. Il savio dice, fra se medesimo. La mia patria mi ha nutricato salvamente e onestamente e hammi recato infino a questa età, e hanımi guernito di buone leggi e d'ottimi costumi e d'onestissimi insegnamenti. E che poss' io meritare (2) a quella, onde tanti beni ho ricevuti?

5. Ovidio nel libro de Ponto. La patria onde l'uomo è nato, tragge con una dolcezza non so io dire chente (3), non si lascia dimenticare per cagione niuna.

F. BARTOLOMMEO DA S. CONCORDIO.

XXVI. Del rimeritare verso padre e madre.'

1. Spezialmente e sopra gli altri, siamo noi obbligati al padre e alla madre, ai quali siamo tenuti non solamente per inclinazione naturale e per comandamento d' Iddio, ma eziandio per gli ricevuti beneficj..

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2. Ecclesiastico. Onora il padre tuo, e i dolori della madre tua non dimenticare. Ricordi

́(1) Atena cioè Atene. Dovrebbero dire Micena o Micene.

2) Meritare, render merito, guiderdone.

(3) Chente cioè quale. Già la dicemmo voce disusata a'face. 167, nota 1.

ti (1), che se per loro non fosse, tu non saresti; e rendi loro come eglino a te.

3. Ecclesiastico. Chi teme Iddio onora padre e madre, e quasi a signore serve a coloro che lo ingenerarono, in opere e in parole, con ogni pazienza.

4. Cassiodoro, epistolarum libro secondo. Le cicogne (2) quando i padri o le loro madri per vecchiezza perdono le penne sicchè non sono acconce a cercar i lor cibi, i figliuoli scaldano le fredde membra, procacciano loro l'esca, e con pietosa vicenda essendo giovani, rendono quello che dai padri, essendo parvoli, ricevettono?

5. Valerio Massimo libro quinto. Lo pretore di Roma avendo condannato a morte una gentildonna, diedela al soprastante della prigione che la vi dovesse uccidere. Il soprastante mosso da pietà non la strozzò incontanente, e anche concedette che una sua figliuola andasse a

(1) Ricorditi. I verbi ricordare, rimembrare e loro contrarj si trovano ancora usati impersonalmente Veli Corticelli, lib. 2, cap. 6). L'Ariosto, Fur. c. VII. st. 68. Quella · A cui se non ti scorda (cioè se non te ne sei scordato, dimenticato ), tu sai quanto, Tua libertà, da lei servata debbe. Ma non dovrai mica preferire sempre o quasi sempre ( come alcuni fanno ) questo al modo comune, che è bonissimo. Vedi a facc. 425, lin. 27.

(2) Le cicogne. Questo nominativo rimane sospeso, regolando il periodo la parola figliuoli che è appresso. Di tali modi s'incontrano non rade volte negli scritti di quell'età, quando i più scriveano senz'arte. Onde un valentuomo dice. Di si fatti sospendimenti non ci fa luogo prender noia. Noi mal faremmo a imitarli. Qui le cicogne fa le veci di Fra e cicogne o di altra simil maniera.

lei, si veramente (1) che non le lasciava portare niuna cosa da mangiare, credendo che per fame morisse. Passati più di, maravigliandosi che tanto fosse vivuta, osservò diligentemente; è si avvide che la figliuola con aiuto del latte alleggeriva la fame della sua madre. La qual novità così maravigliosa fu recata a consiglio de' giudici, e fece che alla madre fu perdonata quella pena. Perocchè quale cosa è così non udita, come la madre sia nutricata del latte della figliuola? Penserebbe alcuno che questo fosse contro a natura se amare padre e madre non fosse prima legge di natura.

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6. Nel Digesto, libro vigesimo. Iniquissima cosa è, che il padre abbisogni quando i figliuoli hanno assai.

F. BARTOLOMMEO DA S. CONCORDIO.

XXVII. Della Compagnia de' rei.

1. La compagnia de' rei suol essere principio di male.

2. Ecclesiastico. Chi tocca la pece sarà maculato da lei, e chi usa col superbo, di superbia si vestirà.

(1) Si veramente (modo che vedemmo indicato ancora a facc. 341 lin. 7 e 8, fa il parlare condizio nato, e si suole spiegare con patto, con condizio ne, purchè e si trova coll'indicativo e col soggiuntivo (Corticelli lib. 2, cap. 16). Qui per altro seb bene potesse trovare spiegazione anche in quel mo do pare che trovi una migliore corrispondente in Vero è, o comprendendovi anche il che ) in Ma. Infatti Valerio Massimo ha Sed. Tutte per altro sonoayversative.

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3. Paolo secondo ad Thessalonicenses. Sottraetevi da ogni fratello che va disordinato.

4. Salmo. Col perverso sarai tu pervertito. 5. Gregorio sopra l' Ezechiele (1). Siccome il male aere, tratto per continuo fiatamento, corrompe il corpo; così il perverso parlare continuamente udito corrompe l'anima.

6. Isidoro secondo Sinonime. Meglio è aver l'odio de' rei che loro compagnia ; perciocchè siccome molto di bene ha la comune vita de'santi uomini, così molti mali reca la compagnia de' rei.

7. Seneca ad Lucillum. Accosterattisi l'avarizia mentre tu coll' avaro ti congiugnerai. Accosterattisi la superbia, mentre tu co' superbi converserai. Non lascerai mai la crudeltà, essendo compagno del tormentatore. Incendono le tue lussurie le compagnie degli adulteri (2). Se vuoi da' vizi essere spogliato, dipartiti lungi da' viziosi esempli.

8. Seneca terzo de ira. Dalle conversazioni si prendono i costumi; e siccome certe infermità, al toccamento del corpo, s' appiccano; così l'animo appicca i suoi mali a chi a lui s'appressa.

F. BARTOLOMMEO DA S. CONCORDIO.

(1) È regola di non dare ai nomi propri d'uomo l'articolo Corticelli, lib. 2, cap. 12). Una delle eccezioni è quando per essi nomi propri s' intende qualche altra cosa, come qui l'Ezechiele vuol dire le sue profezie. Così diciamo il Dante per significare la Divina Commedia. ( V. Salviati, Avv. t. 3, facc. 200 ).

(2) Le compagnie degli adulteri è il nominativo agente. Per conoscerlo, bisogna pensarvi un poco. Non sarebbe così in latino, perchè la diversa desi. nenza dei casi l'indicherebbe tosto. Vedi la nota 2, a facc. 243.

XXVIII. Di conversare co' buoni.

1. Dee l'uomo studiare di piacere a' buoni ; che certamente la loro conversazione fa buono diventare.

2. Salomone ne' proverbj. Chi co' savi conversa savio diventa.

3. Gregorio sopra l'Ezechiele. Chi al santo uomo s' accosta, per lo continuo vedere, per l'uso del parlare, per l'esempio dell' operare, prende accendimento in amore di virtù.

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4. Isidoro in synonima libro secondo. Cerca la compagnia de' buoni; che se tu sarai loro compagno nella conversazione tu diventerai compagno nella virtude.

5. Seneca a Lucillo. Niuna cosa veste più tosto l'animo d'onestà, e più tosto fa tornare di

ritto (1) le persone, inchinevoli al male, co

me 'l conversare dei buoni. Perocchè a poco a poco entra nel petto e ha virtù di grandi ammaestramenti lo spesso essere veduto e udito. E in verità ti dico, che lo scontrare medesimo de' savj uomini, giova.

6. Seneca ivi medesimo. Certi minuti animali quando mordono, non si sentono, si è piccolo ed ingannevole lo pericolo di loro puntura: l'enfiamento dimostra il morso e nell'enfiatura medesima non appare ferita (2). Or questo mede

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(1) Diritto. Si è usato (dice il Bartoli, Torto e Diritto, S. 88 o 90) di por gli aggettivi a maniera di avverbi, non variandoli avanti a voci di qualunque genere o numero siano.

(2) In alcuna edizione ho letto fedita, voce antica, Alcuna volta la re il d si scambian fra loro, come

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