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ARTE

DELLA PERFEZION CRISTIANA

SFORZA

DEL CARDINALE

PALLAVICINO

AVVISO

PEEMESSO ALL'EDIZIONE DI ROMA 1665.

L'autore ha giudicato che a questa ope

retta fosse acconcio uno stil dimesso, ma elegante. Dimesso, perchè ogni fasto par disdicevole alla modestia, e nocivo all' efficacia delle scritture divote. Elegante, per le ragioni recate da lui nel proemio; e specialmente affinchè i giovani vaghi d'appren dere l'eleganza, ritrovando mendica di que sto candido argento la spiritualità, non sian tirati a procacciarlo nelle miniere pestilenziali de❜libri osceni. Il qual consiglio si comprova e dall'autorità di san Gregorio Nazianzeno, che volle per un simil fine ornar con le delizie poetiche i temi sacri, e dall'esempio di fra Iacopo Passavanti, da cui fu dettato il suo specchio di penitenza avanti in latino con più elevati discorsi, indi in volgare men carico di dottrina per adattarlo, sì ne'sensi come nel linguaggio, all' intendimento degl'idioti: e là dove del primo non ci ha ora vestigio, il secondo è sopravvivuto con molto frutto; e ciò per la finezza del dire. Or quale, a parer dell'autore, debba esser quell'eleganza che renda accette le scritture italiane alla maggior parte de' lettori, e viventi e futuri, e con qual discreto temperamento le conferisca

una certa mistura di quel carattere che si chiama toscano, non è qui luogo da ragionarne. Altrove n' ha egli trattato; e forse anche ne aggiugnerà qualche nuova considerazione in principio della sua istoria, che disgiunta dall' apologia è per tornare tantosto a luce. Qui basti l'osservare che allontanandosi l'eleganza dalla favella popolare,

så delle bocche, sì delle penne, ch'è l'usitata, ed essendo la favella generalmente composta e de'vocaboli come di materia, e delle maniere come di forma, è forza che ogni scrittor elegante adoperi alcune volte Vocaboli e maniere di non domestico discorso, benchè de' vocaboli meno, perchè le cose prendono l'ultimo essere, e l'ultima differenza loro specialmente dalla forma. Ora in questo libretto le voci non comunali si troveranno e limitate ad una parchissima rarità, e addolcite con tre condizioni; cioè che sian chiare, simili nell'analogia alle consuete, e poste con util guadagno o di operante significato, o di gustevole varietà, non con vana ostentazione di vieta letteratura. Dentro a questi cancelli l'uso di tali voci si vedrà solito in ogni tempo, non che ad altri gravi scrittori, a padri santissimi della Chiesa. Nondimeno ci ha di coloro che, per altro studiosi e dotti, sentono incredibil fastidio di ogni parola non familiare all'orecchie; il che viene a restrigner la costoro soddisfazione a' libri lor coetanei; perocchè in ogni età cadono in disusanza molti vocaboli prima usitati: il che avvenne più volte nella

PALLAVICINO DELLA PERFEZION CRISTIANA

lingua latina ancor viva, secondo le testimonianze di Polibio (1) e di Quintiliauo (2), e provasi ora specialmente nella francese, come osserva il cardinal del Perron (3) là ove mostra perchè non convenga trasportar le divine lettere negl' idiomi volgari. Pertanto non potendosi nelle scritture, come si fa nelle mense, pigliar avanti informazione speciale intorno al gusto di tutti i convitati, e poscia recar innanzi a ciascuno quella vivanda che gli sia di piacere; in luogo di ciò l'autore acconsente che ogni lettore acconci questo pascolo intellettuale a suo grado, constituendo egli ciascun di loro procuratore irrevocabile a mutar con picciola spesa di fatica e d'inchiostro in quella copia del libro che gli sarà toccata, le mentovate parole in altre a cui abbia assuefatto ed affezionato l'udito. E riputerà per assai benigno suo lodatore chiunque il degni di riprensione per così poco.

PROEM10

Fra le innumerabili grazie ch' io riconosco dalla divina beneficenza, due mi stanno altamente impresse nel cuore, siccome quelle che appartengono all'intero esercizio della mia vita, e però al mio essere; il quale, secondo il filosofo, ne' viventi è lo stesso che 'l vivere. L'una è l'avermi data ed inclinazione, ed abilità, ed agio d' attendere agli studi delle buone lettere; la qual operazione fra tutte l'umane è la più nobile insieme, la più dilettevole e la più onorata.

La più nobile, come è la più simile alla vita de' beati, anzi pur di Dio; e la più dissimile, e la più superiore al viver de bruti, e di quegli uomini che più hanno del brutale.

La più dilettevole, come quella che diletta la più alta parte dell'uomo; e il cui diletto non sazia mai, e migliora quella potenza che di tale operazione intensamente dilettasi; non la guasta come sogliono le intense e continuate dilettazioni del corpo. E benchè ella affatichi le potenze inferiori, che con gli organi loro sono ancelle dell'intelletto in questo suo prestantissimo lavorio, nondimeno distoglie si forte l'animo da mille altre azioni nocive, e val tanto a moderare le passioni tormentatrici e distruggitrici dell'uomo, che la vita degli studiosi suol essere, se non la più robusta, la più sana, e la più lunga fra

tutte l'altre dello stato civile.

(1) Lib. 3, Hist.

(2) Lib. 1, Inst., c. 6.

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E altresì la più onoratas perocchè in fine telletto: l' intelletto giudica di tutte le cose, l'intutte l'altre potenze dell'uomo sinchinano all'in telletto governa il mondo: la possanza, la ricchezza, e tutti gli altri beni sono meri strumenti dell'intelletto, dal quale depende il buono e laudevole, o il reo e vituperevole uso loro. E si vede che gli stessi principi, ove non siano ingombrati da qualche spezial passione, lasciano che in ciascuna qualità d'affari prescggano al reggimento coloro i quali essi, o per loro propia cognizione, o per fama universale, ne reputano più intendenti. Ma principalmente questa operazione supera tutte d'onore nella gloria della posterità; la qual gloria, ancorchè sia ombra, essendo nondimeno un'ombra quasi immortale, fra gli esteriori beni terreni la men dissimigliante immagine della gloria solida che hanno i celesti. Onde all'ingannatore infernale vien fatto di trarre dietro a quest'ombra più che a verun'altra appetibil esca, e così di deviar dall'amore e dalla cura del vero originale, que' sommi uomini che, quasi più che uomini, son detti Eroi. Or chiunque ha eccellenza per altro pregio, riceve la gloria durevole non da sè, ma da coloro che hanno eccellenza nell'operazione dell' intelletto, cioè dagli scrittori: i soli scrittori la ricevono da sè stessi. E con questo vantaggio, che tutte le lodi le quali dallo scrittore sono attribuite a un gran capitano, a un gran principe, possono appo ai lettori cadere in sospetto o di false o di amplificate: e però la gloria che ne risulta ai lodati è assai debole e vacillante; laddove quelle lodi che lo scrittore senza iattanza, e senza par‐ lar di se vien a dar a sè con l'eccellenza delle sue carte, son testimoni irrepugnabili della propria lor verità; nè soggiacciono a contraddizione se non d'uomini ignoranti, dal cui giudicio non depende la gloria; e i quali in ultimo, per non essere scherniti, lo sottopongono a quello de' più sapienti.

La seconda spezial grazia, di pregio assai maggior che la prima, è l'avermi chiamato fin dalla mia fanciullezza con l'animo, e dalla mia giovinezza con l'atto alla professione ecclesiastica, cioè a quella professione ch'è instituita a impiegarsi tutta nel servir a Dio in quanto egli è Signore, non della terra, ma del cielo; e in quanto ha sollevato l'uomo ad esser capace di posseder in eterno lo stesso Dio. Sicchè, per usar un paragone, non già uguale, che non si trova, ma il più significativo che ci abbia alla nostra grossa intelligenza, tanto la condizione ecclesiastica supera tutte l'altre in questa gran famiglia di Dio, quanto nella famiglia d'un re quei che a lui servono come a signore delle città e della reggia nel governo de' popoli, superano la condizion di coloro che servono ad esso come a pa. drone della greggia o de' poderi nella pastura delle mandre o nella coltivazione dei campi.

Ne chiamommi la divina bontà a quella sola vita ecclesiastica la qual è mista di secolare, cioè occupata in parte dalla cura de' transitorj beni, di cui non può in noi durare il possesso

(3) Nella repubblica alla risposta del re d'In-più oltra d'un secolo; ma dipoi mi tirò ad una ghilterra.

PALLAVICINO VOL. II

vita totalmente eeclesiastica, nella quale venendoci

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dalla carità del prossimo ciò ch'è necessario al cazion del suo regno. Perocchè essendo il cuore corpo, si spende tutto il tempo nel preziosissimo umano occulto non solo ad altrui, ma talora a lavoro di fabbricare una beata eternità si al- sè medesimo, e ingannandosi egli spesso intorno l'anima propria, sì all'altrui. E ultimamente sol- || ai suoi veri intenti, non ci ha la più certa malevandomi dalla cella al Concistoro, m'ha ben niera onde assicuriamo noi stessi d'operar per caricato di più grave obbligazione, ma non di- un fine, che 'l far opera, la qual non vaglia se vertito a meno spirituale, nè a differente mini- non a quel fine. Ed ove ci rendiam certi di lasterio; in quella guisa appunto, che se nella vorar per Dio, ne abbiamo un pagator si ricco milizia un minuto sergente ascendesse alla qua- e si largo, che ci rimerita come di fatto, di tutto lità di principal condottiere. quel bene che per lui procurammo di fare.

Da questo accoppiamento in me della vita tutta letterata e tutta ecclesiastica, è seguito ch'io abbia dettati e pubblicati vari libri, tutti sacri, eccetto una opericciuola dello Stile e del Dialogo; ove pur vi ha qualche mistura di sacro: onde, qualunque sia la forma posta in essi dall'autore, hanno almeno tal pregio dalla materia, che la loro lezione non pur è sicura da infettamento, ma non è sterile di giovamento per l'anime, secondo che avverrebbe ad un legnajuolo il qual per tutte le sue manifatture, quantunque inverso di sè mal acconce, prendesse i cedri del libano incapaci di tarme e salutiferi per odore.

AL PADRE

ALESSANDRO FIESCHI

ASSISTENTE D'ITALIA DELLA C. DI GESU'

LIBRO PRIMO

CAPO PRIMO

ARGOMENTO DELL' OPERA

Nondimeno nelle passate mie opere il sacro è come l'oro nelle monete, il qual non è mai schietto da qualche lega di rame; avendo richiesto così l'argomento loro; in quella maniera che'l salubre de' fiori e de' pomi non può conservarsi e confettarsi senza mischiarvi quel dolce che per se non conferisce alla salute. Onde mi son proposto in quest'ultimo de' miei anni imprender qualche soggetto in cui tutto il mio studio debba rivolgersi ad aiutare si me, si altrui nello spirito. Non trascurerò già secondo mia possa qual- || che modesta eleganza e gentilezza di stile, si per l'esempio de' ss. Padri Latini e Greci, il più dei quali, a rispetto di loro età, n' ebber cura eziandio ne' lor più divoti scritti; sì per la ragione, poichè quel libro che non si legge non giova: e il leggere è grave all'uomo, affaticando le due più nobili potenze del suo corpo e del suo animo; la vista e l'intelletto: onde è di gran profitto lo spruzzar temperatamente le carte di questa piacevolezza; ma in tal misura che non sentendosi ella, e però non deviando il pensiero al-gliate in grado questi due pegni del confidente trove, faccia insieme non sentire il travaglio di quell' operazion laboriosa.

Chi dunque si dispone a consumar qualche ora su questi fogli, non pensi d'entrare o in un museo erudito di riposta dottrina, o in una galleria ornata di vaghe notizie, o in una prateria deliziosa di fiorita dicitura, o in un pometo gustevole di dilicati concetti, ma in una amena montagnuola, tutta coperta di semplici e d'erbe medicinali. Se ciò riuscirà in risanamento di qualche anima, potrò benedir il Padre delle misericordie che abbia fatto partecipe il mio inchiostro di quel pregio ch' ebbe il sangue del suo Figliuolo. Ove, o per mia inezia o per mio demerito, ciò non mi sortisca, almeno potrò confidarmi che questa mia fatica, quantunque infeconda di frutto al lettore, non sia sterile di mercede all'autore; siccome quella che non valendo per me ad ostentazion d'intelletto, è meramente indirizzata a gloria di Dio e ad amplifi- "

A niuno più meritamente son dati i frutti dell' albero, che al suo coltivatore. Questo pri mo libro della presente operetta è il primo frutto letterato del mio spirito, per se arido ed infecondo, ma che riceve pur qualche sugo e qualche fertilità dalla vostra coltura, padre Alessandro Fieschi. A voi dunque debitamente l'offerisco. Ne in questa cordiale e semplice dedicazione voglio commemorare i pregi o del vostro sangue o della vostra dottrina. So che voi non prendete gloria d'altro sangue che di quello onde foste lavato dal Salvatore; nè avete in estimazione altra dottrina che la sapienza de' santi, la qual può apprendersi da qualunque idiota nel libro del croce fisso. Pi

amor mio: ch' io abbia eletto voi per mio padre spirituale, e che a voi consegni per figliuolo aduttivo il mio primo parto spirituale.

Ma perchè il mio Trattato sia totalmente spirituale conviene in prima che'l suo obbietto, onde traggono lor natura gli atti nostri, sia totalmente spirituale. Nè obbietto più spirituale m'accorre che 'l far l'uomo spirituale. E per meglio dichiarar qual sia il mio intendimento in questa scrittura, non tacerò, come andai facendo ragion tra me stesso, che innumerabili già sono a luce libri ottimi spirituali, composti d'elevate meditazioni e di finissimi affetti; a cui fanno un prezioso smalto ingegnose interpretazioni di scritture, ed elette allegazioni di Padri: onde un altro ch'io ne avessi dettato, quantunque fingiamo che mi fosse venuto beu fatto come una perla, sarebbe stato finalmente una perla di più nel mare Eritreo. Di altra parte, non mi sovvenne alla memoria che

in veruno de' commemorati libri s'apprenda con ordine e con ragione l'arte di formare un uomo perfetto nello spirito, il che val tanto come un perfetto cristiano. E consideraiche un autore il qual acconciamente esponga in suoi scritti l'arte di ben trarre ad effetto qual si sia spe. zie di non comunali lavori, fa più numero di tai lavori, ed ha maggior parte in ciascun di essi, che qualunque industrioso operatore di quel mestiero; perocchè l'arte è regola: e della regola son due i pregi: l'uno è, secondo che osserva s. Tommaso, il contener infinite cose in una, come ogni universale contiene infiniti particolari; l'altro è l'esser idea, la qual è cagione più principale e più nobile che la potenza esecutrice. Pertanto vennemi in cuore, che ove Iddio mi degnasse ch'io con l'aiuto speziale della sua grazia, con la scorta delle scienze a me non del tutto ignote, e con l'applicazione d'un fisso studio, potessi rinvenire e insegnare a' fedeli quest'arte celestiale d'introdurre in se o in altrui la perfezion cristiana: avrei ottenuto di formar in ogni età maggior moltitudine di perfetti cristiani, e con più di cooperazione, che non fanno i più infaticabili e zelanti allevatori dell'anime; come più quantità d'eccellenti edifici, e in più effi cace maniera ha fabbricati e va fabbricando ad ognora Vitruvio, che 'l Bonarroto o 'l Bermino. A tal' impresa dunque applicai la mente. Ma sopra ciò conviemmi di ricordare a'lettori che i trattati dell' arti, e massimamente delle più egregie, non s'intendono da tutti generalmente; perocchè all' intendimento lor fa mestieri d' acume abile a non grossolano discorso ma intesi da molti giovano a tutti general· mente. Cosi questa mia fatica non può esser indirizzata alla capacità di ciascuno; ma, ciò non ostante, è indirizzata con l'opera di molti alla utilità di ciascuno.

Tutte le arti sono ministre della retta politica più o meno pregiate in quanto promuo vono qual più, qual meno la felicità civile, che l'intento di quella sublime disciplina. Per esempio, l'agricoltura, la pastorizia, il mestier della pescagione servono alla felicità civile procacciandoci la materia del vitto e del vestimento; l'edificatoria provvedendoci di riparo dall' ingiurie degli elementi e dagl'insulti dei mortali; la musica ricreandoci con l'armonia; la dipintura rendendoci presenti per gli occhi all' immaginazione le figure e i colori delle cose lontane; e così dell'altre. Pertanto quest'arte, la qual io mi pongo a divisare, dee riputarsi la reina di tutte; come quella che sopra tutte può conferire per noi e per ciascun altro alla vera felicità civile, ma non in una città ove la nostra vita debba esser mortale, e la qual città medesima sia mortale, ma nella città e verso di sè, e verso di noi eterna, del cielo, Oude il supremo artefice di quest' arte è lo stesso Iddio. Anzi tutte l'altre fatture della sua mano, sfere, stelle, elementi, metalli, gem. me, piante, animali, uomini, angioli, e cotante maraviglie ond' esso ha ornato l'universo, non sono in verità lavori perfetti, e fabbricati per

ultimo e precipuo intento di quel sommo inaestro, ma solo strumenti, ordigni o materia per formar quel magisterio sublime, di cui cer chiamo qui l'arte; e senza il quale tutto il resto sarebbe poco degno lavoro di sì gran fabbro: come nella bottega d'uno scultore, affinare scarpelli, segar marmi, scaldar fornelli, bagnar e disporre creta, impastar gesso, fonder bronzi, benchè siano operazioni di molta cura non sono per tutto ciò quel che l'artefice ha nell' idea, il suo fine, l'obbietto della sua maestria, quello della cui formazion si pregia: ma sol rozzi preparamenti di più alta e maravigliosa opera, a cui dirizza ogni suo studio, ed onde aspetta ogni sua gloria: sicchè se non fosse in grazia di cotal opera, non degnerebbe di par mano o di por mente a quell' altre per lui basse e spregiate manifatture.

Ne perchè sia professor di quest'arte, ch'io piglio a trattare, un Dio, converrà giudicare o superba o superflua impresa che un uomo voglia insegnarla, e che voglia invitar uomini ad esercitarla. Similmente un Dio scese in terra per salvare il mondo; e contuttociò ei gradisce anzi comanda, che gli uomini gli sian coopera tori nella salute del mondo. Ed in verità lddio è il vero artefice di tutti i lavori che fa l'uomo, assai più che non è l'uomo. Più Iddio colori le dipinture d'Apelle che Apelle; più ricamò le tele d' Aracne, che Aracne: più artificiosamente incise le cere di Mirone, che Mirone: nè con tutto questo si prendon gli uomini nell' esercizio di tai mestieri un superbo o superfluo travaglio. Non superbo, perchè tale è il voler di Dio, a cui non la conformità ma la ripugnanza nell' uomo è superba. Egli il quale potrebbe far solo il tutto, e che nella massima parte di ciascun effetto, alla qual non giugne il valor nostro, fa solo il tutto, ha statuito, che in qualche porzioncella, la qual è di poter nostro, ponghiamo la mano ancora noi; si per iscuoterci dalla pigrizia, si per chiamarci a compagnia dell' onore, si per renderci creditori del guiderdone; essendo egli cosi dovizioso, e così benefico, che tanto si studia di contrarre grosso debito con altrui, quanto gli uomini di non rendersi debitori ad altrui. E quindi segue parimente, che siffatta coopera. zione dell' uomo non sia superflua; perocchè lo stesso Dio, tra perchè ci convenga il merito d' esserne a noi dovuto in qualche maniera il frutto e per aguzzare la nostra industria, e per gastigare la nostra oziosità, non vuol far egli da per sè quel poco in che possiamo operar noi seco; e ciò si negli effetti della natura, si della grazia. Ne talvolta ha egli lasciato d'insegnarne quel ch'esso adopera in questi secondi più occulti, con la simiglianza di quei primi più manifesti. Neque qui plantat, dice l'apostolo, est aliquid neque qui rigat; sed qui incrementum dat Deus. Ego plantavi, Apollo rigavit sed Deus incrementum dedit. Bellissima comparazione, e degna d'uno scrittor celeste! Il ficcare una bacchetta verde nel suolo, il gittarvi dell' acqua intorno, è si minuta cosa a rispetto di quel che fa Iddio per ogui momento

del giorno e della notte, allevando ed organizzando quella pianta nelle radici, nella corteccia, nel midollo, nel tronco, nei rami, nelle frondi, ne' fiori, ne' frutti, con architettura superiore a tutta la greca e la romana, che merita nome di nulla. E pur se questo nulla, per così nominarlo, non si ponesse dall'uomo, Iddio non seguirebbe a far tutto il resto con la sua benefica onnipotenza; e l'albero non verrebbe. Dal che si toglie insieme a noi la materia, e d'insuperbire e d'impigrire. Non altrimenti nella coltura spirituale, ciò che fa il predicatore, lo scrittore, il consigliatore, con suscitar nella fantasia alcuni tenui simulacri di oggetti divoti, può chiamarsi nulla a rimpetto di quel che opera Iddio illustrando l'intelletto con lume di paradiso, e accendendo la volontà con fuoco di Spirito Santo: sicchè l'intelletto anche d' uomini materiali e ignoranti affisi le deboli sue pupille al fulgore degli obbietti divini, e fermi la sua credenza più che in quanto l'occhio mira e la mano palpa in misterj per eccellenza di luce oscurissimi ad ogni creato sguardo; e sicchè la volontà di fanciulli e di vergini dilicate, disamando ciò che alla natura è gradito, s' innamori totalmente d'un bene di cui non si ha conoscenza se non per nuvole e e per enigmi; e in grazia di esso affronti costante e lieta l'infamie, gli strazj e le morti. E con tutto ciò se non precedesse quel poco più d'un nulla operato dalla parola dell'uomo, non seguirebbe quel poco men che infinito operato dalla mano di Dio: il quale secondo la legge ordinaria, ha per maniera collegati tanti suoi aiuti maravigliosi a quel debole fiato o inchiostro sparso innanzi dall' uomo, che lo apostolo giunse a dire, quasi d' avvenimento impossibile, quomodo credent si non audierunt, quomodo autem audient sine praedicante? Onde si verifica insieme, e che l'uomo non ha di che gloriarsi per l'altrui conversione, in cui gli toccò si minima parte che a fatica supera il niente; e che non ha scusa di star neghittoso, perocchè senza quel suo quasi niente, si farebbe di si eccelsa opera un mero niente.

Nè ancora può dirmisi, che utile è bensì la predicazione o sia per voce o per carta, ma non già l'arte poichè veggiamo assai volte dal parlar d' uomini grossi ed inetti, e dalla lezione di libri semplici venir mirabili conversioni; laddove talora eccellentissimi predicatori hanno sparsa lungo tempo la divina parola con picciolissimo frutto. La stessa ragion proverebbe, che fossero indarno la medicina, l'arte dello schermo, ed altre innumerabili e per non discostarci dalla simiglianza recata dall' apostolo, il medesimo argomento leverebbe ogni pro all'agricoltura, perocché tal anno i mal esperti coloni per favor di stagione ritraggono copiosa ricolta di grano o d'uva, ed altri meglio periti lavoratori dopo aver poste in uso tutte le regole di Columella, pel tenue aiuto degli efficienti superiori, da' solchi e dalle viti, altro non riportano che paglia e pampani. Certo è, che l'effetto depende massimamente dall' influenze del ciclo; nella coltura materiale da

quelle del cielo materiale, nella spirituale da quelle del cielo dei cieli, ch'è Iddio autor della grazia spirituale. Ma come il più delle volte a' discreti e diligenti coltivatori corrisponde la terra con miglior frutto, così più spesso interviene, che alla meglio acconcia predicazione venga appresso più abbondevole conversione; contemperandosi l'attività dell' uno e dell' altro cielo alle disposizioni che l'uomo ha poste nella materia: onde ben s'accorda, e che ogni buono effetto spirituale debba chiedersi e riconoscersi dalla misericordia di Dio, e che nondimeno sian laudabili ed opportune l' industrie si delle lingue, si delle penne ad allevamento e nutrimento dello spirito.

CAPO II

Di quanta maraviglia sia che si radi Cristiani si veggono spirituali; e se ne esaminano alcune ragioni.

Frate Anselmo Marzati religioso cappuccino, natio di Monopoli d'onde prese la dinominazione, fu meritamente famoso nell'arte eccelsa del predicare; e niente minore avanti ne' minori pulpiti ragionando al popolo de' fedeli, che indi nel sommo predicando al principe e a' senatori della Chiesa, tra'quali di poi anch'egli fu annoverato. Esso una mattina fe' rimanere attoniti gli ascoltanti con questa figura : immaginiamo, disse, che un' anima sia ora creata da Dio fuori del corpo; e immantenente condotta a mirar con gli occhi intellettuali le pene de' condannati all' inferno, l'incendio, il puzzo, le strida, l'orrore, la rabbia, la disperazione; il che tutto fec' egli più tosto vedere che udire, con tragica e viva eloquenza ; e che facendo interrogazione quell'anima: a chi sono apparecchiati si acerbi tormenti? udisse in risposta; non ad altri che a chi gli vuole. Indi figuriamoci, ch'ella fosse trasportata a contem plar presente la beatitudine del paradiso: palazzi di gemme, corone di stelle, rivi di manna, melodie di serafini, fragranza di soavità ineffabile, giorno senza nuvole e senza nolte, pace ed amore e giubilo sempiterno; oltre a quel che trapassa qualunque immaginazione e qua lunque pensiero, cioè visione chiara, e possessione perfetta d'una bellezza infinita, e d' un bene infinito, presso a cui è oscuro, vile ed insipido tutto il creato. Or facciamo ragione che similmente ella domandasse: a chi è destinata cotanta felicità? e che la risposta fosse altresi a chiunque la vuole. Senza fallo quel l'anima raccorrebbe dalla suddetta relazione: adunque le pene da me vedute non faranno male a veruno: l'inferno sarà un deserto spopolato, essendo impossibile in alcuno si gran pazzia ch' elegga d'andarvi: anzi tutti abiteranno e gioiranno nel paradiso, non potendo avvenir che veruno rifiuti per sè quell'immenso bene. Or sappi, sentirebbe ella ripigliare, che quantunque gli uomini sieno informati dalla voce stessa di Dio si di que' martòri, si di quei piaceri, apprestati solo a chiunque per sè li vuole,

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