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del bisogno che si ebbe di una scelta più numerosa di uomini agguerriti onde si prevalsero d'una espressione di senso oscuro dacchè si smarrì il concetto dell' insieme, ed il legame delle antiche istituzioni. Così Tuberone, contemporaneo di Cicerone, somo tutto dedito agli affari, e per nulla archeologo, conta il 16 anno con quelli dell' infan zia (239) ciò che è contro l'autorità di Varrone ed il sistema dei numeri. La natura senza dubbio non si lasciava soggiogare da queste forme, e la toga virile non dava all'adolescente di quindici anni le forze necessarie per far la guerra; onde veniva usato nel primo anno agli esercizi del corpo mentre si educava nel medesimo tempo a diportarsi fra gli uomini. Sarebbe difficile l'acconsentire che nel corso di questo noviziato gli fosse dall' uso permesso di votare nella sua centuria, benchè questo voto gli toccasse di diritto l'esercizio ne era differito e se non conveniva contare meno di 30 anni per la durata dell' età dei juniores, ne verrà che i seniores non cominciavano ad esserlo che entrando nel 47 anno. Dopo quello che Aulo Gelio cita ancora di Tuberone, uno si avea in conto di seniore cominciando dal 47 anno, e secondo un' altra indicazione conosciuta non si restava in una siffatta centuria che sino al compimento del 60 anno, in cui si estinguevano i diritti di cittadino. Quest' opinione riposa sopra autorità rispettabile, e il detto di Tito Livio che i seniores dovevano di¬ fendere la città risolve fortemente in favore della loro separazione dai senes o vecchj. Questa separazione pare confermata dai principj ammessa dai Greci ; perchè Aristotile tiene i vecchi congedati come i giovanetti non ancora inscritti; avendo però gli uni e gli altri in conto di citta dini ma di cittadini imperfetti (246).

Ciascuno può ravvisare uno dei pensieri fondamentali di quest' istituzione, di conferire cioè il potere e le armi, che sono i mezzi di conservarlo, in proporzione delle fortune (241). E questo ha qualche rapporto coll' idea che considera lo stato come una società d'azionisti. Un' altra intenzione pur si scorge in questi rapporti fra i juniores e seniores: soventi l'antichità abbandonava ai soli vecchi la deliberazione dei pubblici affari, ed è in questo senso che pel numero delle centurie i seniori sono messi sul medesimo piede dei giovani. Forse il pensiero di Cicerone che lo scopo di questa legislazione fosse di togliere ai giovani la decisione degli affari non trova applicazione in questo punto; perchè la minorità doveva essere preponderante fino a una medesima classe. Infatti la parola seniores intesa in un senso più o men largo, non può mai conferire che essi non fossero molto inferiori di numero ai juniores. Le enumerazioni divise secondo le diverse età sono rare; ed io non ne conosco alcuna rispetto l'Italia e senza dubbio non può essere che non vi siano dei rapporti diversi pei diversi climi. Ma per vero dire è una congettura di applicazione generalmente assai ragionevole il credere che il numero degli uomini fra i quarantacinque anni compiti sino al 60 anno incluso, faccia meno di un terzo e che il numero di quelli che hanno oltrepassato questi quarantacinque anni, non, faccia che circa la metà di quello degli uomini compresi fra il 17 ed il 45 cioè di quelli che sono nel 28 anno che in effetto appartengono al servizio militare, ed al diritto di suffragio che vi risponde (242). Un altro rapporto di numero rende pur verosimile che in effetto nel disegno dell' organizzazione delle centurie si adottasse la proporzione d' uno a due,

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qualunque termine d'altronde fosse stato posto all' età dei seniori.

Conviene che vi sia stata

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una grandissima diversità nei numeri contenuti nelle centurie delle diverse classi. Si è già indicato il fondamento della lor pristina organizzazione (243) cioè il rapporto in totalità della fortuna censibile di ciascuna classe rispetto all' universalità della nazione. Tre individui della prima classe, quattro della seconda sei della terza, dodici della quarta, e ventiquattro della quinta, erano prendendo un termine medio gli uni eguali agli altri per fortuna, ed in conseguenza per dritto di suffragio. Conveniva dunque che il numero delle feste crescesse nella medesima proporzione nelle centurie di ciascuna classe. Le tre classi che seguivano immediatamente la prima devono aver avuto ciascuna in proprietà un quarto dell' universalità della fortuna di questa prima, e la quinta deve averne avuto tre 'ottavi; altrimenti non vi sarebbero state date trenta centurie. Onde ne seguita che la totalità dei cittadini della seconda classe era eguale -al terzo di quelli della prima, la totalità dei cittadini della terza arrivava alla sua metà, quei della quarta pure di simil numero alla prima, e triplice per ultimo quei della quinta. Dietro il principio di questo scompartimento in classi di trentacinque cittadini ve ne aveano sei per la prima, e ventinove per le altre quattro. E se non vi fossero stati effettivamente ad un dipresso quattromila juniores della prima classe, niun motivo poteva far risolvere a comporne quaranta centurie : l'inconveniente di un numero così alto per l'operazione di raccogliere i suffragi non poteva sfuggire al legislatore. Se si ammettono i seniori della medesima classe sino alla concorrenza della metà di questo numero, si troverà, esprimendo in migliaia

i medesimi rapporti che noi abbiamo posti testè, sei milà per la prima classe, e trentacinque mila per tutte cinque (244). Questa somma non è punto in contraddizione con quella di 84700, che è data come risultato del primo censimento (245), somma che del resto non ha maggior diritto d'esser tenuta per istorica, di quel che l'abbiano nei fasti le indicazioni dei giorni di trionfo del re Servio. Secondo ogni apparenza la base su cui si posa questo numero rinchiude una forma adattata alla proporzione di cui abbiamo parlato pur ora; e senza dubbio non è un termine fissato a capriccio. Ma sarebbe difficile di poter giungere per una combinazione ad iscoprire i numeri adottati pei cavalieri e per le centurie fuori delle classi. Da principio quello degli individui componenti le classi non può essere stato che una approssimazione della rappresen tazione delle fortune censibili in danaro; dopo un certo spazio di tempo quando cangiò il valor nominale delle cose questa rappresentazione come interviene quasi sempre per tutte le forme dovette siffattamente allontanarsi da questa proporzione, che divenne inapplicabile e col. tradditoria.

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Una seconda divisione delle centuriè era quella in assidui o locupletes, ed in proletarj. Conviene che gli operai addetti alla prima ed alla quinta classe siano stati contati fra i primi. Tutti quelli, il di cui censo oltrepassava 1500 assi si chiamavano assidui (246) e per conseguenza anche quelli la di cui fortuna era fra questo limite, e quello della quinta classe e siccome nei casi urgenti si vedono armare ed arredare i proletari pure a spese del pubblico, è ben inteso che questi assidui che non erano compresi in alcuna classe si trovavano ancor meno esenti dal servizio militare, nè poteva lor venir meno il diritto

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di suffragio, ed i capite censi. Questi sono senz'altro gli accensi che Tito Livio dice aver votato nella quinta classe, come suonatori o per parlare più giustamente sono come noi lo sappiamo al presente da Cicerone due centurie d'accensi e di velati che probabilmente il censo distingueva l' una dall' altra, di sorta che gli accensi erano forse quelli la di cui fortuna si alzava a meglio che settemila assi, i velati quelli il di cui censo era posto fra loro e quello dei proletari. Si è già fatto notare come è proprio dell' antico latino e soprattutto del linguaggio autentico ed ufficiale d'accoppiare i nomi di due oggetti e di unirli senza congiunzione pel loro solo avvicinamento quando hanno un rapporto necessario sia di opposizione sia di legame, tali sono empti venditi, locati conducti, socii latini, Prisci latini; è pure così che scrivevano e pronunciavano accensi velati, e senza dubbio non per altro se non perchè erano uniti nella quarta degli accensi. Quando gli nomini di surrogazione non seguirono più i stendardi giusta l'antico sistema, quando l'obbligazione del servizio, e le cerne furono accomodate ad una nuova organizzazione, e che vi ebbero pur sempre delle centurie di accensi e di velati, quantunque fossero scelte in una classe d' individui affatto diversa (probabilmente perchè secondo il rito, forniyano pure gli uscieri dei magistrati (247), ed i sargenti ai sacrifici); allora le locuzioni di antico uso caddero talmente nell' obblio che parlando di un sol uomo si scriveva accensus velatus, come si sarebbe scritto socius latinus, ciò che avrebbe offeso l'orecchio di Catone, come il pessimo dei solecismi. I doveri militari degli accensi erano i meno gravosi; perchè entravano nelle legioni nell' essere in cui si trovavano; nè s'inviavano in fretta contro l'inimico; ma riempivano i vani dell' ar

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