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IV. Ma Erode stava sempre attorno a Ferora spignendolo ad abbandonare la moglie; e benchè avesse molte cagioni d' odiarla, non gli si presentava maniera, onde poter vendicarsene, finchè non reggendo più allo sdegno cacciòssi lontano con lei ancora il fratello. Ferora rammaricato per tale ingiuria ritirasi nella sua tetrarchia con giuramento, che il termine del suo esiglio sarebbe la morte d' Erode, nè mai più tornerebbegli innanzi, finchè vivesse. Quindi neppure allor, che il fratello era infermo, tuttochè di continuo mandasse per lui, che volevagli in quegli estremi della sua vita lasciare non so che commissioni, comparve giammai. Erode però fuor d'ogni speranza guarì. Indi a poco cadde malato Ferora, ed Erode fu ben con lui più discreto, perchè e venne a trovarlo, e cordialissimamente servillo; ma la forza del male lo vinse, e di li a pochi giorni morì Ferora; cui benchè Erode avesse fino agli ultimi momenti della sua vita amato, pur corse voce aver egli ucciso anche lui con veleno. Esso certo fattone trasportare il cadavere a Gerusalemme intimò alla nazione tuttaquanta grande corrotto, e onoròllo di sontuosissimi funerali. Ecco a qual fine poi giunse uno degli uccisori d' Alessandro e Aristobolo,

CAPITOLO XXX.

Mentre Erode mette ad esame la morte di Ferora, scopre che Antipatro ha preparato a lui stesso il veleno. Doride e Mariamme trovate tra i complici sono cacciate, ed Erode figliuolo dell' ultima escluso dal testamento.

I. Or la vendetta cominciatasi colla morte di Ferora passò a scaricarsi in capo all'autore stesso, vo' dire Antipatro. Perciocchè non so quali liberti del morto Ferora recatisi in portamento lugubre dinanzi al re lo avvisarono, che suo fratello era stato tolto dal mondo per via di veleno: che sua moglie gli aveva recato non sapean che, ma condito in istrana maniera, e appena mangiatolo cadde infermo; che due giorni innanzi la madre e la sorella di lei avean introdotta in casa una femminuccia d' Arabia, vecchia maliarda, perchè manipolasse una malìa per Ferora, ed essa gli aveva in quel cambio dato un veleno mortale a instigazion di Silleo, a cui era nota.

II. Sconvolto Erode da più sospetti mise fantesche e liberte a tormenti, ed una fra queste nel vivo de' suoi dolori andava gridando, Iddio reggitore della terra e del cielo dia la mala ventura alla madre d' Antipatro, ch'è cagione de' nostri mali. Avuto in man questo capo il re si sospinse più oltre in cerca del vero: e la donna scoperse sì l'amicizia, che avea sì l'amicizia, che avea la madre d'Antipatro con Ferora e le donne di lui, sì i segreti lor

conciliaboli, e come Ferora ed Antipatro ritornando da corte con quelle passavano fra le tazze tutta la notte senza mai consentire, che servo o fantesca vi si trovasse presente. Una dunque delle liberte confesso queste cose. Erode allora chiamò ad esame le schiave l'una separatamente dall'altra; e tutte a una voce s'uniro a ridire le cose già dette, e che quindi per convenzione già pattuitane Antipatro in Roma, e Ferora sarebbesi ritirato di là dal Giordano; perciocchè spesse volte aver detto fra loro, ch' Erode dopo Alessandro e Aristobolo si sarebbe gettato sopra di loro e delle lor donne; che dopo Mariamme e i figliuoli indi natigli non avrebbe più risparmiato persona; onde esser meglio fuggire più lontanissimo, che ognun potesse, da quella bestia. Spesse fiate lagnandosi avere Antipatro detto alla madre, ch'esso aveva oggimai il pel bianco, e il padre intanto metteva ogni giorno un tallo sul vecchio, e forse morrebbe egli prima, che fosse re daddovero; che se morisse una volta suo padre (ed oh facesselo il cielo), e' godrebbe in un colpo tutto il piacere della successione; or germogliare i capi dell'Idra ne' figliuoli d' Aristobolo e d' Alessandro; e il padre aver tolta a lui la che aveva pe' speranza ancora, suoi figliuoli, giacchè non veruno di questi, quand' egli ancora morisse, ma aver chiamato successore Erode figliuol di Mariamme; e per questo almeno avergli la vecchiaja tolto il cervello, se pensa, che il testamento aver debba il suo effetto; egli si provvederà, che non resti viva persona della sua discendenza ; che se non v' ebbe mai padre nimico così de' figliuoli, come fu

Erode, molto meno saravvi, chi odj al par di lui i fratelli. In fatti avergli esso dati poc' anzi cento talenti, perchè non trattasse più con Ferora. Al che avendogli detto la madre, e che gli abbiam fatto di male? Antipatro aver soggiunto, volesse il cielo, che ci rapisse sol quanto abbiamo, e ci lasciasse almen vivere ignudi; ma impossibile cosa ella è il cansarsi da bestia così sanguinosa, sotto la quale non lice essere amico apertamente d'altrui; di soppiatto però insieme noi ci troviamo; e fia lecito apertamente, quand' egli avvenga, che noi abbiamo coraggio da uomini in petto e man pronte all' opera. Così dicevano l'esaminate, aggiugnendo altresì, che Ferora pensato avea di fuggirsene seco loro in Petra.

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III. Erode diè fede a quanto colà si disse, mercè la notizia de' cento talenti, de' quali avea fatto parola col solo Antipatro. Ora il suo sdegno scoppiò primamente in capo alla madre d' Antipatro; che spogliata di tutto il corredo, onde avevala Erode fornita, ed era il valsente di molti talenti alla fine la caccia da se; e tolte giù da' tormenti le donne di Ferora, che ricevette in sua grazia il rivolse in loro ornamento. Ma il timore tenevalo fuor di se e precipitavalo in tutti i sospetti, per cui traeva molti innocenti alla tortura per dubbio, che non rimanesse indietro qualche colpevole. In questo il pensiero lo porta ad Antipatro samaritano procuratore d' Antipatro suo figliuolo; e col tormentarlo ne trasse, che Antipatro aveva fatto venir dall' Egitto un veleno, che a lui desse morte, per mezzo d' Antifilo un de' suoi confidenti, che da costui l' avea FLAVIO, t. VI. Della G. G. t. 1.

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ricevuto Teudione zio d' Antipatro, e l' avea consegnato a Ferora; al quale avea Antipatro data incombenza di uccidere Erode, mentr' egli trovavasi in Roma lontano da ogni sospetto; e che finalmente Ferora aveva riposto il veleno presso sua moglie.

IV. Il re mandò per costei, e le ingiunse, che in quello stante recassegli ciò, che avea ricevuto. Ella uscì, come per andare a pigliarlo, e si gettò capovolta dal tetto per isfuggire gli esami, e i rei trattamenti, che avrebbele fatti il re. Ma, come pare, la provvidenza di Dio, che punito voleva Antipatro, fattala non col capo cadere, ma in altra guisa tennela in vita. Portata dinanzi al re, e per opera sua rinvenuta, giacchè intronata le aveva la testa lo stramazzone, all'inchiesta, ch'esso le fece, per qual motivo erasi precipitata dall'alto, con giuramento, che se diceva la verità, drebbe esente da ogni gastigo, se no, se no, struggerebbele sì fra tormenti il corpo, che non ne avanzerebbe pur brano per lo sepolcro, la donna taciutasi per un poco, a che, disse, « mi tengo io più chiusi in cuore

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gli arcani, or che Ferora non vive più? Per salvar » forse Antipatro, che ha disertati noi tutti? Ascolta, » o re, e ascolti con teco Iddio, testimonio non pos>>sibile ad ingannare; ch' io dico il vero. Quando tu lagrimoso sedevi a fianco del moribondo Ferora, egli >> allora chiamatami, ahi quanto, disse, ho pensato si» nistramente dell'animo del fratello inverso di me, » odiando chi tanto mi amava, e macchinando la mor» te a chi tanto si affanna , per me tuttochè ancor » vivo. Ma io intanto porto la pena (e ben mi sta)

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