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tone, tu sarai un di il bottone, e 'l capestro sarà la fenestrella. — Ed avendo ancor maestro Marc' Antonio composto una molto lunga comedia e di varii atti, disse il medesimo Botton pur a maestro Marc' Antonio: A far la vostra comedia bisogneranno per lo apparato quanti legni sono in Schiavonia; — rispose maestro Marc'Antonio: E per l'apparato della tua tragedia basteran tre solamente.

LXXXI. Spesso si dice ancor una parola, nella quale è una nascosta significazione lontana da quello che par che dir si voglia. Come il signor Prefetto qui, sentendo ragionare d'un capitano, il quale in vero a' suoi di il più delle volte ha perduto, ed allor pur per avventura avea vinto; e dicendo colui che ragionava, che nella entrata che egli avea fatta in quella terra s'era vestito un bellissimo sajo di velluto chermosi, il qual portava sempre dopo le vittorie; disse il signor Prefetto: Dee esser nuovo. Non meno induce il riso, quando talor si risponde a quello che non ha detto colui con cui si parla, ovver si mostra creder che abbia fatto quello che non ha fatto, e dovea fare. Come Andrea Coscia, essendo andato a visitare un gentiluomo, il quale discortesemente lo lasciava stare in piedi, ed esso sedea, disse: Poichè Vostra Signoria me lo comanda, per obedire io sederò; - e cosi si pose a sedere.

LXXXII. Ridesi ancor quando l'uomo con buona grazia accusa sè stesso di qualche errore; come l' altro giorno, dicendo io al capellan del signor Duca, che Monsignor mio avea un capellano che dicea messa più presto di lui, mi rispose: Non è possibile; - ed accostatomisi all' orecchio, disse Sappiate, ch'io non dico un terzo delle secrete. Biagin Crivello ancor, essendo stato morto un prete a Milano, domandò il beneficio al Duca, il qual pure stava in opinion di darlo ad un altro. Biagin in ultimo, vedendo che altra ragione non gli valea, E come? disse; s'io ho fatto amazzar il prete, perchè non mi volete voi dar il beneficio? - Ha grazia ancor spesso desiderare quelle cose che non possono essere; come l'altro giorno un dei nostri, vedendo questi signori che tutti giocavano d'arme, ed esso stava colcato sopra un letto, disse: Oh come mi piaceria, che ancor questo fosse

esercizio da valente uomo e buon soldato! È ancor bel modo e salso di parlare, e massimamente in persone gravi e d'autorità, rispondere al contrario di quello che vorria colui con chi si parla, ma lentamente, e quasi con una certa considerazione dubiosa e sospesa. Come già il re Alfonso primo d'Aragona, avendo donato ad un suo servitore arme, cavalli e vestimenti, perchè gli avea detto che la notte avanti sognava che Sua Altezza gli dava tutte quelle cose; e non molto poi dicendogli pur il medesimo servitore, che ancor quella notte avea sognato che gli dava una buona quantità di fiorin d'oro, gli rispose: Non crediate da mo inanzi ai sogni, chè non sono veritevoli. Di questa sorte rispose ancor il papa al vescovo di Cervia, il qual, per tentar la volontà sua, gli disse: Padre Santo, per tutta Roma e per lo palazzo ancora si dice, che Vostra Santità mi fa governatore. - Allor il papa, Lasciategli dire, rispose, che son ribaldi; non dubitate, che non è vero niente.

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LXXXIII. Potrei forse ancor, signori, raccorre molti altri lochi, donde si cavano motti ridicoli; come le cose dette con timidità, con maraviglia, con minaccia, fuor d'ordine, con troppo collera; oltra di questo, certi casi nuovi, che intervenuti inducono il riso; talor la taciturnità, con una certa maraviglia; talor il medesimo ridere senza proposito: ma a me pare ormai aver detto a bastanza, perchè le facezie che consistono nelle parole credo che non escano di que' termini di che noi avemo ragionato. Quelle poi che sono nell' effetto, avvenga che abbian infinite parti, pur si riducono a pochi capi: ma nell' una e nell' altra sorte la principal cosa è lo ingannar la opinion, e rispondere altramente che quello che aspetta l'auditore; ed è forza, se la facezia ha d'aver grazia, sia condita di quello inganno, o dissimulare o beffare o riprendere o comparare, o qual altro modo voglia usar l'uomo. E benchè le facezie inducano tutte a ridere, fanno però ancor in questo ridere diversi effetti; perchè alcune hanno in sè una certa eleganza e piacevolezza modesta, altre pungono talor copertamente, talor publico, altre hanno del lascivetto, altre fanno ridere subito che s'odono, altre quanto più vi si pensa, altre col riso fanno ancor arrossire, altre indu

cono un poco d'ira; ma in tutti i modi s' ha da considerar la disposizion degli animi degli auditori, perchè agli afflitti spesso i giochi danno maggior afflizione; e sono alcune infermità che, quanto più vi si adopra medicina, tanto più si incrudiscono. Avendo adunque il Cortegiano nel motteggiare e dir piacevolezze rispetto al tempo, alle persone, al grado suo, e di non esser in ciò troppo frequente; chè in vero dả fastidio, tutto il giorno, in tutti i ragionamenti, e senza proposito, star sempre su questo: potrà esser chiamato faceto; guardando ancor di non esser tanto acerbo e mordace, che si faccia conoscer per maligno, pungendo senza causa, ovver con odio manifesto; ovver persone troppo potenti, che è imprudenza; ovvero troppo misere, che è crudeltà; ovver troppo scelerate, che è vanità; ovver dicendo cose che offendan quelli che esso non vorria offendere, che è ignoranza; perchè si trovano alcuni che si credon esser obligati a dir e punger senza rispetto ogni volta che possono, vada pur poi la cosa come vuole. E tra questi tali son quelli, che per dire una parola argutamente, non guardan di macular l'onor d'una nobil donna; il che è malissima cosa, e degna di gravissimo castigo, perchè in questo caso le donne sono nel numero dei miseri, e però non meritano in ciò essere mordute, chè non hanno arme da difendersi. Ma, oltre a questi rispetti, bisogna che colui che ha da esser piacevole e faceto, sia formato d'una certa natura atta a tutte le sorti di piacevolezze, ed a quelle accommodi i costumi, i gesti e'l volto; il quale quant' è più grave e severo e saldo, tanto più fa le cose che son dette parer salse ed argute.

LXXXIV. Ma voi, messer Federico, che pensaste di riposarvi sotto questo sfogliato albero e nei miei secchi ragionamenti, credo che ne siate pentito, e vi paja esser entrato nell'osteria di Montefiore: però ben sarà che, a guisa di pratico corrieri, per fuggir un tristo albergo, vi leviate un poco più per tempo che l' ordinario, e seguitiate il cammin vostro. — Anzi, rispose messer FEDERICO, a cosi buon albergo sono io venuto, che penso di starvi più che prima non aveva deliberato: però riposerommi pur ancor fin a tanto che voi diate fine a tutto 'l ragionamento proposto, del quale avete

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lasciato una parte che al principio nominaste, che son le burle; e di ciò non è buono che questa compagnia sia defraudata da voi. Ma si come circa le facezie ci avete insegnato molte belle cose, e fattoci audaci nello usarle, per esempio di tanti singolari ingegni e grand' uomini, e principi e re e papi, credo medesimamente che nelle burle ci darete tanto ardimento, che pigliaremo segurtà di metterne in opera qualch' una ancor contra di voi. — Allora messer BERNARDO ridendo, Voi non sarete, disse, i primi; ma forse non vi verrà fatto, perchè omai tante n' ho ricevute, che mi guardo da ogni cosa; come i cani, che, scottati dall' acqua calda, hanno paura della fredda. Pur, poichè di questo ancor volete ch'io dica, penso potermene espedire con poche parole.

LXXXV. E parmi che la burla non sia altro, che un inganno amichevole di cose che non offendano, o almen poco; e si come nelle facezie il dir contra l'aspettazione, cosi nelle burle il far contra l'aspettazione induce riso. E queste tanto più piacciono e sono laudate, quanto più hanno dello ingenioso e modesto; perchè chi vuol burlar senza rispetto spesso offende, e poi ne nascono disordini e gravi inimicizie. Ma i lochi donde cavar si posson le burle son quasi i medesimi delle facezie. Però, per non replicarli, dico solamente, che di due sorti burle si trovano, ciascuna delle quali in più parti poi divider si poria. L'una è, quando s'inganna ingeniosamente con bel modo e piacevolezza chi si sia; l'altra, quando si tende quasi una rete, e mostra un poco d'esca, talchè l'uomo corre ad ingannarsi da sè stesso. Il primo modo è tale, quale fu la burla che a questi di due gran signore, ch'io non voglio nominare, ebbero per mezzo d'uno Spagnuolo chiamato Castiglio. Allora la signora DUCHESSA, E perchè, disse, non le volete voi nominare? - Rispose messer BERNARDO: Non vorrei che lo avessero a male. la signora DUCHESSA ridendo: Non si disconvien talor usare le burle ancor coi gran signori; ed io già ho udito molte esserne state fatte al Duca Federico, al Re Alfonso d' Aragona, alla Reina donna Isabella di Spagna, ed a molti altri gran principi; ed essi non solamente non lo aver avuto a male, ma aver premiato largamente i burlatori. Rispose

Replicò

narò io. Dite come vi piace,

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messer BERNARDO: Nè ancor con questa speranza le nomisoggiunse la signora DuCHESSA. Allor seguitò messer Bernardo, e disse: Pochi di sono, che nella corte di chi io intendo capitò un contadin bergamasco per servizio di un gentiluom cortegiano, il qual fu tanto ben divisato di panni, ed acconcio così attilatamente, che, avvenga che fosse usato solamente a guardar buoi, nė sapesse far altro mestiero, da chi non l'avesse sentito ragionare saria stato tenuto per un galante cavaliero; e cosi essendo detto a quelle due signore, che quivi era capitato un Spagnolo servitore del cardinale Borgia, che si chiamava Castiglio, ingeniosissimo, musico, danzatore, ballatore, e più accorto cortegiano che fosse in tutta Spagna, vennero in estremo desiderio di parlargli, e subito mandarono per esso; e dopo le onorevoli accoglienze, lo fecero sedere, e cominciarono a parlargli con grandissimo riguardo in presenza d'ognuno; e pochi eran di quelli che si trovavano presenti, che non sapessero che costui era un vaccaro bergamasco. Però, vedendosi che quelle signore l'intertenevano con tanto rispetto e tanto l'onoravano, furono le risa grandissime; tanto più che 'l buon uomo sempre parlava del suo nativo parlare zaffi bergamasco. Ma quei gentiluomini che faceano la burla aveano prima detto a queste signore, che costui, tra l'altre cose, era gran burlatore, e parlava eccellentemente tutte le lingue, e massimamente lombardo contadino: di sorte che sempre estimarono che fingesse; e spesso si voltavano l'una all'altra con certe maraviglie, e diceano: Udite gran cosa, come contrafà questa lingua! — In somma, tanto durò questo ragionamento, che ad ognuno doleano gli fianchi per le risa; e fu forza che esso medesimo desse tanti contrasegni della sua nobilità, che pur in ultimo queste signore, ma con gran fatica, credettero ch' el fosse quello che egli era.

LXXXVI. Di questa sorte burle ogni di veggiamo; ma tra l'altre quelle son piacevoli, che al principio spaventano, e poi riescono in cosa secura; perchè il medesimo burlato si ride di sè stesso, vedendosi aver avuto paura di niente. Come essendo io una notte alloggiato in Paglia, intervenne che nella medesima osteria ov' ero io, erano ancor tre altri

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