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sprezzino il mondo, e vogliano con una certa austerità molesta dar legge ad ognuno; ed oltre all' essere contenziosi in ogni minima cosa, e fuor di tempo, riprender ciò che essi non fanno; e sempre cercar causa di lamentarsi degli amici; il che è cosa odiosissima.

Quivi essendosi fermato di parlare messer Federico, Vorrei, disse il signor Gasparo Pallavicino, che voi ragionaste un poco più minutamente di questo conversar con gli amici, che non fate, chè in vero vi tenete molto al generale, e quasi ci mostrate le cose per transito. Come per transito? rispose M. Federico, vorreste voi forse che io vi dicessi ancor le parole proprie che si avessero ad usare? Non vi par adunque che abbiamo ragionato abbastanza di questo? Abbastanza parmi, rispose il signor Gasparo. Pur desidero io d' intendere qualche particolarità ancor della foggia dell' intertenersi con uomini e con donne; la qual cosa a me par di molta importanza, considerato che più del tempo in ciò si dispensa nelle corti; e se questa fosse sempre uniforme, presto verrebbe a fastidio.

CAPO XI.

Dei giuochi.

A me pare, rispose M. Federico, che noi ab biam dato al cortigiano cognizion di tante cose, che molto ben può variar la conversazione, ed accomodarsi alle qualità delle persone con le quali ha da conversare, presupponendo che egli sia di buon giudizio, e con quello si governi; e secondo i tempi talor intenda nelle cose gravi, talor nelle feste e giuochi. E che giuochi? disse il signor Gasparo. Rispose allor M. Federico ri

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dendo: Dimaudiamone consiglio a Serafino, che ogni di ne trova de' nuovi. Senza motteggiare, replicò il signor Gasparo, parvi che sia vizio nel cortigiano il giuocare alle carte e ai dadi? A me no, disse M. Federico, eccetto a chi nol facesse troppo assiduamente, e per quello lasciasse l'altre cose di maggior importanza; o veramente non per altro che per vincer danari, ed ingannasse il compagno; e perdendo mostrasse dolore e dispiacere tanto grande, che fosse argomento d'avarizia. Rispose il signor Gasparo: E che dite del giuoco degli scacchi? Quello certo è gentile intertenimento ed ingee gnoso, disse M. Federico, ma parmi che un sol difetto vi si trovi; e questo è, che si può saperne troppo, di modo che a chi vuol esser eccellente nel giuoco degli scacchi, credo bisogni consumarvi molto tempo, e mettervi tanto studio quanto se volesse imparar qualche nobile scienza, o far qualsivoglia altra cosa ben d' importanza; e pur in ultimo con tanta fatica, non sa altro che un giuoco; però in questo penso che intervenga una cosa rarissima, cioè che la mediocrità sia più lodevole che la eccellenza. Rispose il signor Gasparo: Molti Spagnuoli trovausi eccellenti in questo ed in molti altri giuochi, i quali però non vi mettono molto studio, nè ancor lascian di far l'altre cose. Credele, rispose M. Federico, che grande studio vi mettanp, benchè dissimulatamente. Ma quegli altri giuochi che voi dite, oltre agli scacchi, forse sono come molti ch'io ne ho veduti far pur di poco momento, i quali non servono se non a far maravigliare il volgo; però a me non pare che meritino altra lode, nè altro premio che quello che diede Alessandro Magno a colui che, stando assai lontano, così ben infilzava i ceci in un ago. Castiglione fasc. 104.

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CAPO XII.

Se al cortigiano convenga esser preceduto dalla buona prevenzione.

Ma perchè par che la fortuna, come in molte

altre cose, così ancor abbia grandissima forza nelle opinioni degli uomini, vedesi talor che un gentiluomo, per ben condizionato che egli sia, e dotato di molte grazie, sarà poco grato ad un signore, e (come si dice) non gli avrà sangue; e questo senza causa alcuna che si possa comprendere ; però giungendo alla presenza di quello, e non essendo dagli altri per prima conosciuto, benchè sia arguto e pronto nelle risposte, e si mostri bene nei gesti, nelle maniere, nelle parole, ed in ciò che si conviene, quel signore poco mostrerà d' estimarlo; anzi più presto gli farà qualche scorno; e da questo nascerà che gli altri subito s' accomoderanno alla volon tà del signore, e ad ognun parrà che quel tale non vaglia; nè sarà persona che lo apprezzi o stimi, o rida de' suoi detti piacevoli, o ne tenga conto alcuno; anzi comincieranno tutti a burlarlo e dargli la caccia; nè a quel meschino basteran buone risposte, nè pigliar le cose come dette per giuoco, che insino a' paggi se gli metteranno attorno, di sorte che, se fosse il più valoroso uomo del mondo, sarà forza che resti Impedito e burlato. E per contrario, se'l principe si mostrerà inclinato ad un ignorantissimo, che non sappia nè dir, nè fare, saranno spesso i costumi e i modi di quello, per isciocchi e inetti che siano, lodati con le esclamazioni e stupore da ognuno; e parrà che tutta la corte lo ammiri e osservi, e che ognun rida de' suoi motti,

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IL CORTIGIANO LIBRO SECONDO 171

e di certe arguzie contadinesche e fredde, che più presto dovrebbero mover vomito che riso; tanto son fermi ed ostinati gli uomini nelle opinioni che nascono da' favori e disfavori de' signori. Però voglio che 'l nostro cortigiano, il meglio che può, oltre al valore, s'aiuti ancor con ingegno ed arte; e sempre che ha d'andar in luogo dove sia nuovo, e non conosciuto, procuri che prima vi vada la buona opinion di sè, che la persona; e faccia che ivi s'intenda che esso in altri luoghi, appresso altri signori, donne e cavalieri sia ben estimato, perchè quel la fama che par che nasca da molti giudizii, genera una certa ferma credenza di valore, che poi, trovando gli animi così disposti e preparati, facilmente con l'opere si mantiene ed accresce; . oltra che si fugge quel fastidio ch'io sento, quando mi viene domandato chi sono, e quale è il nome mio. Io non so come questo giovi, rispose M. Bernardo Bibiena, perchè a me più volte è avvenuto, e, credo, à molt' altri, che avendomi formato nell' animo, per detto di per0 sone di giudizio, una cosa esser di molta eccelalenza, prima che veduta l'abbia, vedendola poi, assai mi è mancata, e di gran lunga restato son ingannato di quello ch'io estimava; e ciò da altro non è proceduto, che dall' aver troppo creduto al+ la fama, ed aver fatto nell'animo mio un tanto gran concetto, che misurandolo poi col vero, l'efifetto, avvengachè sia stato grande ed eccellente, alla comparazion di quello che immaginato aveva, m'è parso piccolissimo. Cosi dubito ancor che possa avvenir del cortigiano. Però non so come sia bene dar queste aspettazioni, e mandar ine nanzi quella fama, perchè gli animi nostri spesso formano cose, alle quali impossibil è poi corrispondere; e così più se ne perde che non si guadagna.

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Quivi disse M. Federico: Le cose che a voi ed a molt'altri riescono minori assai che la fama, son per il più di sorte, che l'occhio al primo aspetto le può giudicare; come se voi non sa rete mai stato a Napoli, o a Roma, sentendone ragionar tanto, immaginerete più assai di quello che forse poi alla vista vi riuscirà; ma delle condizioni degli uomini non intervien così, perchè quello che si vede di fuori è il meno. Però se'l primo giorno, sentendo ragionare un gentiluomo, non comprenderete che in lui sia quel valore che avevate prima immaginato, non così presto vi spoglierete della buona opinione, come in quelle cose delle quali l'occhio subito è giudice, ma aspetterete di di in di scoprir qualche altra nascosta virtù, tenendo pur ferma sempre quella impressione che v'è nata dalle parole di tanti; ed essendo poi questo (come io presuppongo che sia il nostro cortigiano) così ben qualificato, ognora meglio vi confermerà a creder a quella fama; perchè con l'opere ve ne darà causa, e voi sempre estimerete qualche cosa più di quello che vedrete. E certo non si può negar che queste prime impressioni non abbiano grandissima forza, e che molta cura aver non vi si debba; e che sia 'l vero, non è ancor molto tempo, che essendo appresentati qui alcuni versi sotto 'l nome del Sannazzaro, a tutti parvero molto eccellenti, e furono lodati con le meraviglie ed esclamazioni; poi, sapendosi per certo che erano di un altro, perdettero subito la riputazione, e parvero men che mediocri. E cantandosi pur in presenza della signora Duchessa un mottetto, non piacque mai, nè fu estimato per buono, fin che non si seppe che quella era composizion di losquin de Pris. Ma che più chiaro segno volete voi della forza della opinio

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