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veva cento o più anni dopo, e quando già da più tempo non v'era Scaligero che signoreggiasse in Verona (1). Non pertanto il Lombardi ch'essi avevano sott'occhio, ammonivali che al poeta non piacque di scrivere PORTERA'. Ma niun avvertimento particolare riesce efficace, se non assistito dalla precauzione generale e perpetua. Che quantunque Dante alluda ne' versi a mille accidenti e individui e minime circostanze, senza nè un'unica volta violare la religione della storia nella esattezza de'tempi, stiamo a gran rischio nientedimeno or sempre, or sovente, or una volta, or un'altra, di leggerlo meno da storico che da poeta. E però ogni documento e ragionamento a scoprire chi fra tanti Scaligeri avesse il privilegio di quell' insegna, e quando e come e perchè la ottenessero, cede alla testimonianza di Dante, che nel 1300 l'aquila imperiale stava sul loro stemma. Adunque Bartolommeo della Scala, o per molti mesi, o pochissimi, fra il gennaio del 1302 e il marzo del 1304, fu il gran Lombardo accoglitore di Dante. Del resto ad ogni nuovo imperadore importava di vendere quel privilegio; però non era creditario, nè a vita.

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LXXXIII. A Bartolommeo della Scala, morto in quel mese di marzo, successe Alboino suo fratello secondogenito. Quanto Dante continuasse a stargli vicino, sel tacque bensì lascia pensare che non si guardassero con occhio d'amici (2). Certo a mezzo l'anno 1306, fu testimonio di non so quale contratto in Padova, e dalle parole del documento parrebbe che

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in scuto aquilam super scalam. Postill. al Codice Cassinense; e le Annotazioni del P. di Costanzo a quel luogo e le giunte degli Edit. Pad. al Lombardi, vol III, pag. 441, seg. (1) MURATORI, Annali, an. 1587.

(2) Vedi appresso, sez. LXXXVI.

ei v'avesse dimora stabile (1). I gentiluomini di casa Papafava, da'quali, a quanto intendo, quel documento è serbato, si meriteranno ringraziamenti se mai lascieranno incidere in rame la soscrizione di Dante tanto che s'abbia un saggio, di pochissime sillabe non foss' altro, de' suoi caratteri. Frattanto l'usato predominio della Chiesa su le repubbliche, provocato più sempre da'loro dissidii e giustificato dalla concordia che i sacerdoti professavano di ristorare fra i popoli, aveva condotto in Toscana un cardinale d'animo ghibellino (2). Esortò invano; poscia ammoni i Fiorentini di pacificarsi a' loro esuli; finalmente provandosi di costringerli, fu vilipeso e percosso come un ribaldo, e indusse il Papa a punire la disobbedienza con l'armi d'alcune città vicine, e acquistare ad un tempo signoria più sicura sovra esse tutte per mezzo della vittoria (3). Fu guerra prolungata per più di tre anni da zuffe per lo più senza sangue, e castellucci tolti e perduti, e con poca gloria a'capitani pontificii che un dopo l'altro benedicevano quelle masnade. Fosse che Dante, o dagli eventi di quella guerra, o dalle congiure ordite da' capi di parte, s'aspettasse di ripatriare, ei nel corso del 1307 s' era ravvicinato a Firenze. Il suo nome sta scritto con altri venti in uno stromento in forza di che i più agiati fra gli esuli si obbligarono di ristorare la casa degli Ubaldini di ogni spesa alla quale s'avventurasse per vincere la prova di liberare Firenze dal governo de'loro ne

(1) « Millessimo trecentesimo sexto Ind. iv, die vigesimo septimo mensis Augusti Padue in contrata Sancti Martini in domo Domine Amate Domini Papasave; presentibus Dantino quondam Alligerii de Florentia et nunc stat Padue in contrata Sancti Laurentii, » etc. Presso il Pelli, e gli autori da lui citati, pag. 96, Ed. Zatta. (2) G. VILLANI, lib. vii, 69. - D. COMPAGNI, lib. III, pag. 56, seg. (3) Ivi, nel progresso de' passi cit.

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mici (1). Quindi forse Secco Polentone e dopo lui Giannozzo Manetti biografi del poeta più tardi di pochissimi anni a Leonardo Aretino, o congetturarono, o riseppero dalla tradizione, che Dante ottenesse sussidii d'armi da Cane della Scala per quell'impresa (2). Cane viveva più da compagno che da suddito di suo fratello Alboino; e i fanciulli d'indole leonina costringono i loro custodi a obbedirli : tuttavia nè la signoria di Verona era ancora potentissima d'armi; nè egli aveva più che quindici anni d'età; nè Secco Polentone (quanto al Manetti so peggio) scrisse in concetto d'uomo si nemico della bugia che si guardasse dal ricopiare ogni cosa dagli altri tanto da impinguare volumi (3); nè finalmente so che quel fatto sia stato mai raffermato. Onde restisi dove sta, poichè Dante non ne lascia indizio in alcuna delle opere sue; anzi nella sua lettera al signor di Verona ei ne tace.

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LXXXIV. Non molto dopo la traslocazione della sede apostolica in Francia, le minacce a' guelfi fiorentini sotto Benedetto XI si ritorsero sotto Clemente V più efficaci in danno de'ghibellini; a'quali forse le loro speranze produssero i nuovi bandi d'infamia e di morte che gli inseguivano per tutta l'Italia. La data del ritorno di Dante alle falde meridionali dell'Apennino, e la sua necessità e la sua

(1) « Dantes Alleghierii » (oltre molti altri) « isti omnes, et quilibet eorum pro se, omni deliberatione pensata, promiserunt et convenerunt, etc. omnia damna, interessa, et expensas restituere facere, et emendare de eorum propriis bonis, que vel quas predictus Ugolinus, vel ejus consortes incurrerent seu reciperent tam in bonis temporalibus, quam etiam in beneficiis Ecclesiasticis, occasione novitatis sue queve facte vel faciende. » Dall' Archivio di Firenze, Pelli, pag. 98.

(2) Presso il TIRABOSCHI, Stor. vol. V, pag. 483. (3) PAOLO CORTESE, De Homin. doct., pag. 16.

fretta a dilungarsene un'altra volta, consuonano con l'epoca ch'egli espressamente registra del suo ricovero presso i Signori di Lunigiana. Un'ombra gli dice nel Purgatorio:

Chiamato fui Currado Malaspina: 4
Non son l'antico, ma di lui discesi:
"A' miei portai l'amor, che qui raffina.
O, dissi lui, per li vostri paesi,
Giammai non fui; ma dove si dimora
Per tutta Europa, ch'ei non sien palesi?

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Sola va dritta, e il ma! cammin dispregia.
E egli: Or va; che il Sol non si ricorca
Sette volte nel letto, che il Montone,
Con tutti e quattro i piè copre e inforca,'

Che cotesta cortese opinione

Ti fia chiavata in mezzo della testa,

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Con maggior chiovi che d'altrui sermone (1).

Adunque la verità del vaticinio pronunziato nel 1500 fra' morti incominciò ad essere esperimentata da Dante sett'anni dopo ne'monti di Luni, e nella casa de'Malaspina. Tuttavia ch'ei fosse ospite di Morello figlio di Corrado, e non d'altri di quella famiglia, non abbiamo altra prova se non l'opinione ch' ei gli abbia dedicato la cantica del Purgatorio. È opinione antichissima, si che il difenderla e l'annien

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(1) Purg. vi, 118, seg.

DANTE

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tarla riesce egualmente difficile, e la tenterò dove importi. Parmi improbabile perciò che è ridetta, a modo di panegirico, fra le molte storie di liberalità de'molti Signori d'Italia al poeta ne'libri di genealogie frequentissimi ne'paesi dove i patrizii, standosi scioperati e nudi di potere e di fama, sogliono rimeritare riconoscenti chiunque li veste delle glorie amplificate de' loro maggiori (1). Tutti i Malaspina, guidavano le armi de'ghibellini, da Morello in fuori che parteggiava co'guelfi. Non dirò io che ciò basti a far dubitare fortemente ch'egli, s'era d'indole generosa, non abbia accolto umanamente un nemico de'guelfi di nobile ingegno, e di vita infelice; o che Dante con animo tanto più grato quanto gli esempi di generosità fra le fazioni politiche sono rari, non abbia potuto intitolare una cantica del suo poema a un nemico de' ghibellini; ed infatti le sue parole esaltano gli individui di quella casa perchè non partecipavano dell' avarizia e della villania degli altri capitani delle due parti. La circostanza a ogni modo che Morello era guelfo, va pur notala e contrapposta agli aneddoti della, lunghissima stanza di Dante nella sua casa (2); e a'meriti di un altro Malaspina acerrimo ghibellino, in

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LXXXV. Le lodi agli Scaligeri sono più magnifiche, e dettate dalla speranza; e queste ai Malaspina sono più calde della memoria de' benefizi; ma non però schiettissime di censura. Onde se egli avesse allora finito, e lasciato leggere tutto il poema agli ospiti suoi, non so quanto l'avrebbero ringraziato della sua

(1) PORCACCHI, Storia della famiglia Malaspina, pag. 175-178 Ed. Veronese, 1585.

(2) BOCCACCIO, Vita di Dante, e quasi tutti i commentatori della Commedia pur nondimeno vedi qui appresso, sez. LXXXVIII,

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