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ovunque si affacciassero. Imperocchè Giugurta si aveva tanta astuzia e pratica dei luoghi e della guerra, che non si sapeva se fosse più malefico presente o lontano, nel trattar pace o guerra.

47. Era, poco lungi dalla via che teneva Metello, una terra dei Numidi, a nome Vaga, il più famoso mercato di tutto il regno, ove molti di sangue italiano usavano tenere stanza e traffichi. Quivi il console, anche per saggiare gli animi e per la opportunità del luogo, pose un presidio, a vedere se il tollerassero; inoltre comandò che gli recassero grano e quanto fosse utile alla guerra, avvisandosi che il concorso dei mercanti e degli avventori giove-' rebbe all'esercito, e darebbe rincalzo al già disposto. Intanto Giugurta con più ardenza che mai spacciava supplichevoli legati, implorava pace, tutto profferiva a Metello, salvo la propria vita e quella dei figli; i quali oratori, come i venuti innanzi, il console rimandava a casa allettati a tradire; della pace che chiedeva, nè promessa nè niego mandava al re; e in questo temporeggiare si aspettava il promesso dai legati.

48. Com' ebbe Giugurta paragonate le parole coi fatti di Metello, e si avvide essere trappolato con gl'ingegni propri, perchè le parole recavano pace, ma nel fatto era una disperata guerra, quella principale città perduta, il paese conosciuto dal nemico, gli animi del popolo tentati, stretto dalla forza delle cose, fermò vedersela con le armi. Adunque, ben chiaritosi del cammino del nemico, confortato a speranza di vincerlo dalla opportunità del luogo, mette in ordine quante più può di ogni generazione soldatesche, e per segreti traghetti esce innanzi all'oste di Metello. Era in quella contrada di Numidia, cui nella divisione del reame aveva ottenuta Aderbale, un fiume, che veniva da mezzodì, a nome Muthul, lunghesso il quale, a un venti miglia lontano, si trovava un monte, deserto per natura e per difetto di coltura; in mezzo poi all'uno e all'altro sorgeva un colle, smisuratamente disteso, im

reter humini propinqua loca; ea consita arbustis pecore amins requentabantur.

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cole, quem transvorso itinere porrectum dourria extenuata suorum acie consedit, elephantis et partim pelestrium Bomilcarem praefecit eumque edocet, bet; pw propior montem cum omni equitatu et pedi„**is suos eerlocat. dein singulas turmas et manipulos gies monet atque obtestatur, uti memores pristinae vir

toterrae sese regnumque suum ab Romanorum avaritia am is certamen fore, quos antea victos sub iugum „; desi is, non animum mutatum; quae ab imperaent, una suis provisa, locum superiorem, ut prudentes tas e pauciores cum pluribus aut rudes cum bello as namun consererent; proinde parati intentique essent 4. Romanos invadere; illum diem aut omnis labores et sgrīnaturum, aut maxumarum aerumnarum initium

viritim, uti quemque ob militare facinus pecunia aut ̧.xcttierat, coumonefacere benefici sui et eum ipsum aliis estremo pro quoiusque ingenio pollicendo, minitando, altum alio modo excitare, quom interim Metellus, scam, monte digrediens cum exercitu conspicatur, us, quiduam insolita facies ostenderet (nam inter virNumidaeque consederant, neque plane occultati huorum, et tamen incerti, quidnam esset, cum natura leto ipsi atque signa militaria obscurati); dein brevi codis paulisper agmen constituit. ibi conmutatis ordiniextre latere, quod proxumum hostis erat, triplicibus saciem instruxit, inter manipulos funditores et sagittatit, equitatum omnem in cornibus locat, ac pauca pro

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boschito di olivi selvatichi, di mortelle e di ogni altra maniera di piante, che mena la terra secca ed arenosa. In mezzo poi era una landa, sterile per difetto di acqua, salvo le terre vicine al fiume, arborate e frequentate da coloni e da armenti.

49. Adunque Giugurta posò con le ordinanze assottigliate sul colle, che dicemmo prolungarsi a traverso il piano: commise a Bomilcare il comando degli elefanti e di una parte della fanteria, e lo fa avvisato del da fare; egli stesso più d'accosto al monte colloca i suoi coi fanti scelti e tutta la cavalleria. Dipoi, andando attorno a ciascuna schiera e manipolo, esorta e scongiura, che, memori dell'antico valore e delle riportate vittorie, sè ed il reame suo difendano dalla romana avarizia; essere per combattere con quelli che, già vinti, avevano lasciati andare per sotto il giogo; quelli aver mutato il capitano, ma non gli spiriti; tutto che si doveva fare da un capo supremo, aver provveduto alla sua gente; cioè, che fossero in luogo più elevato, che pratici del paese combattessero con quelli che non lo conoscevano, e che non mescolassero le mani i più fiacchi di numero coi molti, i novizii coi più provetti nelle armi; laonde stessero in punto, e intenti, dato il segno, ad affrontare i Romani; o quel dì assicurerebbe il frutto delle loro fatiche e vittorie, o sarebbe principio delle più grandi calamità. Aggiungasi: separatamente andava rinfrescando la memoria dei suoi benefizii a ciascuno, che per militari prodezze aveva con danaro ed onori esaltato e lo additava agli altri. Da ultimo, secondo la natura di ciascuno, con promesse, minaccie e scongiuri concitava gli animi. Intanto Metello, spostatosi dal monte con l'esercito, sta a vedere, non sapendo del nemico; e dapprima rimane incerto di quel che significasse lo strano aspetto delle cose. Imperocchè i fanti e i cavalieri Numidi eransi accovacciati infra i virgulti, non del tutto celati per la bassezza delle piante, ma neppure chiari a vedere quel che si fossero, tenendosi nascosti con le

tempore milites hortatus aciem, sicuti instruxerat, transvorsis principiis in planum deducit.

50. Sed ubi Numidas quietos neque colle degredi animadvortit, veritus ex anni tempore et inopia aquae, ne siti conficeretur exercitus, Rutilium legatum cum expeditis cohortibus et parte equitum praemisit ad flumen, uti locum castris antecaperet, existumans hostis crebro impetu et transvorsis proeliis iter suum remoraturos, et quoniam armis diffiderent, lassitudinem et sitim militum temptaturos. deinde ipse pro re atque loco, sicuti monte descenderat, paulatim procedere, Marium post principia habere, ipse cum sinistrae alae equitibus esse, qui in agmine principes facti erant. at Iugurtha, ubi extremum agmen Metelli primos suos praetergressum videt, praesidio quasi duum milium peditum montem occupat, qua Metellus descenderat, ne forte cedentibus advorsariis receptui ac post munimento foret; dein repente signo dato hostis invadit. Numidae alii postremos caedere, pars a sinistra ac dextra temptare, infensi adesse atque instare, omnibus locis Romanorum ordines conturbare, quorum etiam qui firmioribus animis obvii hostibus fuerant, ludificati incerto proelio, ipsi modo eminus sauciabantur, neque contra feriundi aut conserendi manum copia erat; ante iam docti ab Iugurtha equites, ubicunque Romanorum turmas insequi coeperat, non confertim neque in unum sese recipiebant, sed alius alio quam maxume divorsi ita numero priores, si ab persequendo hostis deterrere nequiverant, disiectos ab tergo aut lateribus circumveniebant; sin oportunior fugae collis quam campi fuerat, ea vero consueti Numidarum equi

insegne militari e per la natura del luogo, e per loro astuzia. Ma poi presto Metello, addatosi degli agguati, sostò alquanto; e ivi, mutate le ordinanze, nell'ala destra, più vicina al nemico, schierò in tre file l'esercito; tra le compagnie partì i frombolieri e gli arcieri, tutta la cavalleria loca nelle ali; e brevemente, per l'angustia del tempo, esortati i soldati, mena l'esercito al piano con l'avanguardia a un lato, come l'aveva già ordinata.

50. Ma, come vide i Numidi starsene e non partirsi dal colle, temendo che per la stagione e per difetto di acqua non gli si sfacesse l'esercito per sete, spedì innanzi Rutilio luogotenente al fiume, con le coorti alla leggiera e con parte della cavalleria a preoccupare il luogo per gli alloggiamenti, pensandosi che i nemici, con ispessi assalimenti e con avvisaglie ai fianchi, gli avrebbero indugiato il cammino, come quelli che, non sentendosi in forza, avrebbero cercato domargli i soldati per istanchezza e per sete. Di poi egli stesso, sceso che fu dal monte, come volevano le cose ed i luoghi, a poco a poco si avanza. Tiene Mario alle spalle dei principi, egli stesso si mette coi cavalieri del sinistro corno, che nelle ordinanze la facevano da principi. Ma, tosto che Giugurta vide trasandata la sua vanguardia dalla coda dell'oste di Metello, con un due mila fanti occupa il monte dal quale era disceso Metello, perchè ai nemici in ritirata non fosse luogo a riparare e poscia a fortificarvisi; poi, dato il segno, incontanente assale il nemico. Alcuni dei Numidi menavano strage nel retroguardo, altri andavano dalla sinistra alla destra tentando sfondarla; accaniti puntavano e premevano; ovunque scompigliavano le ordinanze dei Romani: dei quali anche quegli stessi più saldi di spiriti ch' eransi spinti incontro al nemico, ingannati dall'incomposto combattere, erano ora feriti da lungi, e non avevano il come ricambiare i colpi o mescolare le mani. I cavalieri, già innanzi addestrati da Giugurta, da qualunque banda lo sforzo dei

12. LA GUERRA DI GUGURTA.

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