Immagini della pagina
PDF
ePub

notte de' 20 febbraio di quell'anno 1513; onde convenendo al duca spedire a Roma persona che procurasse le cose sue tanto presso il sagro collegio, come presso il nuovo pontefice, mandovvi il conte Baldessare, siccome quello ch'avea gran servitù con quasi tutti i cardinali, ed era comunemente stimato ed avuto caro. La scelta fu molto a proposito, giacchè fra pochi giorni fa creato papa il cardinale de' Medici col nome di Leone X, grande amico del conte, e molto famigliare della casa d'Urbino.

Ne' primi giorni del ponteficato confermò Lione al conte la donazion del castello fattagli dal duca, e più solennemente gliela ratificò a' 22 di maggio con un breve pieno di encomi del valore e della dottrina di lui, Confermò ancora a sua istanza al duca d'Urbino la prefettura di Roma e volle la camera lo soddisfacesse di quanto gli si dovea per conto delle paghe già scorse per la passata campagna ; il che riuscì al duca di non poco vantaggio.

Verso la fine d'agosto ritornò a Urbino; ma poco vi si trattenne, perciocchè il duça, vedendo quanto gli potea esser utile in Roma un sì fatto ministro, non tardò punto a destinarloci suo ambasciatore con gran contento di lui e di tutta la corte. Con tal carattere adunque se ne venne di nuovo a Roma, desiderato particolarmente dai gran letterati che ci erano a folla concorsi, tratti dalla magnanima liberalità del pontefice, che gradiva e premiava largamente ogni maniera di virtù.

con

Conversava però egli più frequentemente col Bembo e col Sadoleto suoi vecchi amici, Filippo Beroaldo bibliotecario del papa, col Te baldeo, e con Federigo arcivescovo di Salerno, nipote della duchessa vedova d'Urbino. Oltre a

questi, avea singolare dimestichezza con Raffael, con Michelangiolo, e co' principali pittori, scultori e architetti di quell' aurea età, perciocch'egli si dilettò sempre, ed ebbe gran cognizione di tutte e tre questi arti; è sappiamo che Raf} faello in ispecie solea molto riportarsi al giudicio di lui nelle opere di maggiore importanza. Questo bel genio del conte gli facea spendere largamente nel provvedersi di quadri, di busti antichi e di cammei d'ottimo artificio; e fu cagione ch' egli nobilitasse maggiormente la sua patria, conducendovi dopo vari anni il celebre Giulio Romano, che colle sue pitture e colle fab. briche accrebbe a dismisura il pregio di quella nobilissima città.

Intanto la fama della dottrina, della bontà e valore del Castiglione era tale divenuta, che, superata l'invidia, mosse il marchese di Mantova, il quale sino a quel tempo aveva mostrato di farne si poco conto, sotto specie di dargli ntoglie, a desiderarlo e a richiederlo. Il conte, che giungeva ormai al trentottesimo anno, dovea pure accasarsi una volta, vi si lasciò indurre di leggieri; molto più che disdicevol cosa gli parea il non dar questo contento alla madre che bramava d'averlo vicino, e di depor finalmente nelle sue mani il peso delle cure domestiche. Portatosi dunque con buona licenza del duca d' Urbino a Mantova, vi fu ricevuto con gran festa, e quasi subito si trattò e conchiuse il marilaggio con Ippolita figliuola del conte Guido Torello e di Francesca di Giovanni Bentivoglio già signor di Bologna, donzella bellissima e di gentilissime maniere.

Nel principio del 1516 si celebrarono queste nozze con giostre, con torneamenti e con ogni altra dimostrazione di pubblica e di privata alle

grezza, avendo il marchese voluto con sì fatti onori emendare la poca stima ch' aveva mostrata sino a quel tempo d'un così raro ed onorato cavaliere.

Nel 1517 per la festa dell' Ascensione condusse il conte la sua sposa a Venezia in compagnia di Polissena e di Francesca di Castiglione sue sorelle, maritate l'una a Giacomo Boschetto, e l'altra a Tommaso Strozzi, cavalieri mantovani. Ebbero queste dame, per riguardo del conte, molti onori in quella maravigliosa città, essendo state servite dal celebre M. Andrea Gritti, che fu poi doge, e da Maria Gradeniga con due altre gentildonne da Ca Morosino. Nell' agosto gli nacque con suo gran contento un figliuol maschio, cui pose nome Camillo. Il duca Alfonso di Ferrara, che molto amava il conte, gliene avanzò un' affettuosissima congratulazione.

Non lasciava però il Castiglione tra i pubblici e privati affari di attendere ancora a' suoi piacevoli studi; anzi avendo compiuto il celebratissimo libro del CORTIGIANO, lo mandò nell'ottobre del 1518 a Pietro Bembo perchè lo rivedesse e gliene dicesse il parer suo. Questo libro, ove il Conte, imitando il Dialogo dell' Oratore di Cicerone, ha sparso con accortissima varietà il fiore di quasi tutte le scienze ed arti liberali, vien tenuto dagl' intendenti in grandissimo pregio, e riputato per unico paragone della vera lingua nobile d'Italia. Perciocchè non si volle il Conte obbligare alla pretta favella toscana, che egli confessava di non sapere, ma scegliendo secondo l'insegnamento di Dante nella Volgare Eloquenza, da tutti i dialetti italiani le parole e i modi di dire più vaghi ed espressivi, ne compose col suo prudente giudicio una finissima legatura, e formò uno stile così nobile, leggiadro

e di una proprietà ed efficacia tanto maraviglioa, che non v' ha forse altro italiano, che *per questo conto gli si possa paragonare.

Nel 1519 a 20 di febbraio morì il marchese Francesco, e restò erede e successore nello stato Federigo suo primogenito. Questi, siccome giovinetto d'alto animo, e desideroso di gloria, confidando che il Conte, per la grazia che godeva presso papa Lione, potesse facilmente ottenergli il generalato della chiesa, lo mandò suo ambasciatore straordinario a Roma. Il papa, benchè per certi riguardi non potesse subito compiacerlo di quanto desiderava, pure, rimandando il conte a' 5 di novembre, scrisse al marchese che lo richiamerebbe in tempo di poter dar compimento al negozio, e che intanto lo assicurava che il conte gli era stato gratissimo, e che non gli poteva inviar persona nè più degna, nè più savia, nè più accetta di lui.

L'anno seguente adunque lo destinò suo ambasciatore ordinario al pontefice con mille e dugento scudi di provisione. A' 10 di luglio giunse in Firenze, ove il card. Giulio de' Medici Legato gli fece grandi carezze, e a' 20 dello stesso mese arrivò a Roma. Non passarono molti giorni che la moglie sua, dama di quel merito e di quella virtù che di sopra si disse, morì a Mantova di parto nel più bel fiore degli anni. Il Conte che teneramente l'amava ne provò un incredibil dolore. Non mancarono però i cardinali e molti signori di confortarlo con ogni amichevole officio; e papa Lione ai conforti volle aggiungere il dono d'una pensione di 200 scudi d'oro. Seguì nonostante la pratica incominciata del generalato, la quale arrivò finalmente a conchiudere nel marzo del 1521. Il giovinetto marchese ne provò tanta allegrezza, che non capiva in sè.

Il primo di dicembre morì papa Lione, e conte seguitò la sua ambasceria presso il sacr collegio, tenendo avvisato il marchese di quant occorreva, e suggerendogli ciò che avea a far per difendere le città della Chiesa. Eletto po Adriano VI, ch' era in Ispagna, il conte si trat tenne in Roma alcuni mesi finchè giunse il pon tefice: indi richiamato a Mantova servi il mar chese in molte zuffe contro Franzesi con la sua compagnia di 50 uomini d'arme, nei quali incon tri non si scordò punto dell' antico suo valore Ma nel novembre del 1523, essendo stato create papa col nome di Clemente VII il cardinale de' Medici, grande amico del Castiglione, il mar chese non lasciò di subito inviarlo a Roma per suo ambasciatore. Aveva già papa Clemente cono sciuto molto innanzi il Conte per uomo di grande esperienza e di finissimo giudicio; e però essen dogli necessario mandare una persona di qualit appresso Cesare, dove s'avea da trattare la somm delle cose non solo della Sede Apostolica, ma d Italia e di tutta la cristianità, dopo di aver disco so tutti quelli di cui si poteva servire in ques! officio, non avendo trovato persona, da cui sp rasse esser meglio servito che dal conte mand per lui a' 19 di luglio del 1524, e con molte buo ed onorevoli parole gli espose il suo desiderio. conte si mostrò prontissimo a servir sua santi purchè fusse con buona licenza del marchese; quale stimandosi onorato per tale ricerca pontefice, gliela accordò senza dimora. Intanto 5 di ottobre partì di Roma col seguito di 30 cav li, facendo la via di Loreto, dove avea voto, trattenutosi alcuni giorni a Mantova, s'indiriz alla volta di Spagna, e alli 11 di marzo 15: giunse a Madrid. Io son giunto qui, scrive ad A drea Piperario, molto onorato per tutto il camn

« IndietroContinua »