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III

Concetti e immagini della canzone somigliano tanto ai concetti e alle immagini, di cui il Petrarca si servi nelle lettere scritte, o allusive al tribuno, che il Re, il Papencordt, il Fracassetti ed altri deducono dalla somiglianza (e talora, vedremo, è proprio identità) la prova più convincente della loro tesi. Ma, risponde il Carducci,« pur essendo simili le imagini.... il sentimento, l'intenzione, l'uso artistico, l'opportunità sono diversi ». Egli cita un passo dell'hortatoria (« Italia quae cum capite aegrotante languebat, se iam nunc erexit in cubitum ») e uno della seconda lettera sine titulo (« Vae... si illa (Roma) coeperit expergisci, imo vero si caput extulerit et dormienti sibi illatas iniurias et damna prospexerit. Experrecta enim iam nunc est, crede mihi: non dormit sed silet, et somnia praeteriti temporis sub silentio repetit, et quid surgens actura cogitat.... Erige surgentem patriam, et gentibus incredulis quid nunc etiam Roma possit ostende. De reliqua enim Italia, cui dubium est quin quantum potuit possit, nec vires nec opes nec animos deficere, sed consensum? »); 2 e li confronta coi versi:

Che s'aspetti non so nè che s'agogni
Italia, che suo'guai non par che senta,
Vecchia oziosa e lenta.

Dormirà sempre e non fia chi la svegli?

1 ZEFFIRINO RE, La Vita di Cola di Rienzo; Forlì, Bordandini, 1828, vol. II, pp. 364 seg. e Firenze, Le Monnier, 1854, p. 307 seg. PAPENCORDT, op. cit., pp. 329 seg. FRACASSETTI, Lett. Fam., vol. II, p. 198. Cfr. TALLARIGO e IMBRIANI, Nuova Crestomazia; Napoli, Morano, 1883, vol. I, pp. 317 seg.

2 Cfr. FRACASSETTI, V, p. 406 e II, pp. 201-2.

e con quel che segue sino alla fine della stanza seconda. - « Come va questo? » domanda << Nella canzone, venuta dopo l'epistola, nella canzone che dovrebbe spirare di natura sua più entusiasmo che non l'epistola, dispererebbe del moversi dell'Italia, parlerebbe come d'una sua speranza soltanto, del risorgere di Roma, quando nella epistola parla di questa cosa come presente, di quella come già cominciata? 1

La contraddizione è più apparente che reale. Non pure al primo annunzio del tentativo fortunato di Cola, ma per molto tempo dopo il Petrarca si trovò nella condizione di

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Che abbiam letto nella seconda sine titulo, posteriore all'hortatoria? Guai se ella si desti vuol ben dire: Roma non è desta ancora; ma, subito dopo, è già desta, soltanto tace e medita. Nell' hortatoria, l'Italia s'è già levata sul gomito; nell' epistola seconda è espressa la fiducia ch'essa potrà quanto poteva, sol che non le manchi la concordia la quale dovrà esser procurata da Cola, eletto dal fato a così nobile impresa nella quarta sine titulo, posteriore probabilmente ad entrambe le altre, certamente all' hortatoria, il popolo romano e gl'Italiani son descritti immersi in profondo sonno....« Et si latius innotescat, totius Pop. Rom. atque omnium Italorum animis incussurum justissimae indignationis aculeos, spero, excussurumque gravedinem torporis, quo nunc priscus generosae indolis vigor te

e,

1 Saggio, p. 50.

pet! Spiegabilissima sarebbe, per conseguenza, la contraddizione di cui ci occupiamo, se ci fosse; ma non mi pare ci sia, ovvero non è tanto grave quanto si è creduto. Si tengan presenti le osservazioni fatte innanzi sul senso delle due prime stanze, e si vedrà che il poeta non dispera del moversi dell'Italia, poichè il destino ha affidato Roma a Cola, il quale potrà trarre dal fango la neghittosa.

Nè affermerei che il poeta disperi del moversi dell'Italia, in quella canzone, dov'è il verso:

Di mia speranza ho in te la maggior parte!

Tutto è strettamente congiunto nelle prime stanze: l'Italia si rialzerà purchè si rialzi il suo capo Roma, e Roma si rialza già perchè il sommo potere l'ha Cola. 2

Ciò che il poeta non poteva sperare, era che l'Italia si svegliasse per chiamar ch' uom facesse. Ci voleva altro che grida e apostrofi; ci volevan fatti invece di parole; ci volevan mani e braccia, le quali ora, finalmente, ci sono:

Ma non senza destino alle tue braccia

È or commesso il nostro capo Roma!....

Inoltre, in qual punto dell' hortatoria il poeta parla del moversi d'Italia come di cosa « già cominciata? » Nella frase: Italia quae cum capite aegrotante lan

1 Cfr. FRACASSETTI, Lett. Fam., vol. II, pag. 204. Vedremo tra poco che questo passo si può considerar semplice variante di uno dell' hortatoria.

2 Non diversamente riassume e interpreta il CARDUCCI i versi 10-28. << Dell'Italia sarebbe da disperare, se per ventura non fosse venuto alle mani di lui (Colonna) il governo di Roma, dalla quale ha da cominciare il risorgimento della nazione. Ponga dunque mano.... all'opera. Il poeta se lo ripromette da lui ». Saggio, p. 34.

guebat, se iam nunc erexit in cubitum ». Ora, il capo di cui qui si discorre è precisamente Roma: 1 in altri termini, la liberazione di Roma per opera del tribuno, l'essere Roma affidata ora al tribuno, è il principio del risorgimento d'Italia. Ma appunto questo è il concetto delle due prime stanze della canzone; quindi, invece di contraddizione, c'è accordo perfetto tra essa e l'epistola. E poi, siam proprio sicuri che dicendo: Italia.... se jam nunc erexit in cubitum, il Petrarca volesse intendere che l'Italia aveva già cominciato a moversi, nel senso che avesse cominciato a fare qualche cosa? Quella frase non si può staccare da altre, che l'accompagnano e la determinano e la precisano: << Si perstiteritis incepto, et laetus rumor involuerit, mox sic spes etiam iucunda consurget, boni omnes qui poterunt, auxilium ferent: quibus posse negabitur, vobis saltem et precibus adiuvabunt ». Bisogna che la fama della rivoluzione di Roma si diffonda, perchè sorga la speranza e i buoni dieno aiuto di opere, o almen di preghiere. Or dove si spanderà la fama prima che altrove, se non in Italia? Da chi si ha da attendere il primo e principale aiuto, se non dagl' Italiani? E che tale sia il senso del passo testè riferito, lo dimostra la somiglianza di concetto e sin di parole tra esso e quello della quarta lettera sine titulo, riferito poc' anzi. Sicchè, in sostanza e mi sia perdonato se mi ripetonell' hortatoria, l'Italia, benchè levatasi sul gomito, non solo non spera ancora, ma non sa di che si tratti, e nella seconda sine titulo continua a starsene inerte, tanto che al poeta non è dato se non esprimere con

1 L'aveva già osservato il GREGOROVIUS, vol. cit., p. 307 in nota. Cfr. la lettera a Barbato (n. 2 della p. 19): « absit ut Italiae metuam.... dum caput nostrum Roma non aegrotabit ».

2 Cfr. FRACASSETTI, vol. V, p. 406.

un cui dubium est? la speranza che essa possa ancora quanto poteva una volta, purchè non le manchi la concordia: nell' hortatoria Roma è già risorta, nella seconda sine titulo è appena desta, ma ricorda e pensa, nella quarta è tuttora oppressa da torpore. E ci maraviglieremo che, nella canzone, l'Italia sia dipinta addormentata tuttora e del risorgimento di Roma si tratti come di cosa futura? Se c'è contraddizione tra la canzone e le epistole, c'è altresì tra una epistola e l'altra; eppure niuno dubita che queste non sieno tutte dirette a Cola di Rienzo.

Altra contraddizione. Il De Sade, scambiando la poesia con un brano di cronaca, sentenziò: « Dalla stanza quarta e quinta si vede che lo spirto gentile, pur allora eletto, non aveva ancora fatto nulla, e che i disordini e le calamità di Roma, delle quali speravasi di vedere per opera sua ben presto la fine, erano allora in tutta la lor forza. Ora è certo che il Petrarca non scrisse la prima sua lettera a Cola (l'hortatoria) se non quando egli ebbe intieramente cangiato l'aspetto della città ». Il Carducci aggiunse: « Si rileggano infatti quelle due stanze e si raffrontino a questi passi dell'hortatoria: Sed quibus interim verbis utar in tam repentino tamque inopinato gaudio? Quibus votis exultantis animi motus explicem? Usitata sordescunt, inusitata non audeo.... Libertas in medio vestrum est, qua nihil dulcius, nihil optabilius nunquam certius quam perdendo cognoscitur. Hoc tamen grandi bono et experimento tot annorum cognito laete, sobrie, modeste tranquilleque fruamini, gratias agentes talium munerum largitori Deo, qui nondum sacrosanctissimae suae Urbis oblitus est, et eam servam diutius spectare non potuit, apud quam terrarum orbis imperium collocarat. Itaque, viri fortes et virorum fortium successores, si cum libertate sana mens rediit, non prius hanc

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