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guardie in un luogo bujo sotterra (egli intanto giacevasi nella fortezza a que' tempi chiamata Bari, poscia per cambiamento di nome Antonia), con ordine, che toccassero Antigono, se veniva a lui disarmato, ma, se coll'armi, stendesserlo morto a terra; indi spedi al fratello persone, che l'avvertissero a venir disarmato. Qui la regina tracciò maliziosamente cogl' insidiatori una frode ciò fu indurre i messi a tacere le commissioni del re, e in lor vece dire ad Antigono, che il fratello avendo sentito, ch' egli erasi in Galilea provveduto di armi vaghissime e d'un militar fornimento assai bello nè l'infermità consentendogli d' esaminarne ogni parte, or ch'esso stava per novamente partire, forte bramava mirarlo coll' armi indosso.

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IV. Ciò udito Antigono, poichè l'amor del fratello toglievagli ogni reo sospetto dal cuore, mosse alla volta di lui coll' armi, credendosi di doverne fare una mostra. Giunto al passo tenebroso, che Torre chiamavasi di Stratone, ucciso fu dalle guardie, e diè chiaro a conoscere, che la calunnia estingue ogni amore di benivoglienza e di natura, e non avvi affetto d'animo così forte, che tengasi immobile contro all' invidia.

V. E qui ben è degno, che ammirisi Giuda, il quale esseo di nazione mai non errò nè mentì nel predire l'avvenire. Questi, poichè veduto gli venne Antigono, che passava per mezzo al Tempio (e stavangli a fianco parecchi de' suoi discepoli), ahi! disse « quanto per » me fora meglio, ch'io più non vivessi, dappoichè » prima di me è morta la verità, e una mia predizione » è andata fallita. Ecco, vive Antigono, ch' oggi do

» veva morire; e il luogo al suo fin destinato era la » Torre (14) di Stratone, lontana di qua ben secento stadj, e già sono volte quattr' ore del giorno, e il

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tempo presente esclude la mia profezia. " Così disse il buon vecchio, e malinconico se ne stava e pensoso, quand' ecco fra pochi momenti gli vien riferito, che Antigono era stato ucciso in luogo sotterra, che Torre anch'esso dicevasi di Stratone, come la Cesarea a mare; il che aveva assai disturbato il profeta.

VI. Intanto ad Aristobolo il pentimento del mal commesso fece aggravare l'infermità, e il lungo pensare all'assassinamento commesso, oltreche gli teneva l'animo sempre in rivolta, l' andava ogni giorno più disfacendo, finchè lacerategli dall' eccessivo dolore le viscere vomitò molto sangue. Or mentre un de' servi deputati ad assisterlo portava altrove quel sangue, avvenne per provvidenza divina, che sdrucciolò ivi appunto, ove Antigono fu tradito, e versò il sangue dell' uccisore so pra le macchie ancora visibili di quel dell' ucciso. Quanti lo videro, misero tosto uno strido, come se a bella posta avesse colà il servo versato quel sangue. Pervenute agli orecchi del re queste grida, ne domandò la cagione, e non s' attentando persona di palesargliela tanto più egli instava per desio di saperla. Finalmente costrettivi dalle minacce scopersero la verità, ed egli con pregni gli occhi di lagrime e con alto gemito raccogliendo, quanto potè di forze, disse « no, non do

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vevano già stare nascoste al grand' occhio divino le » mie nefandità: ecco ben presto la pena del fratrici» dio. E fino a quando, o indegno mio corpo, terrai

quell' anima, ch'è dovuta al fratello e alla madre? » E fino a quando io medesimo verserò a stilla a stilla il "mio sangue? Ah! se l'abbia pur tutto, nè più il » cielo si rida de' funerali, che loro fanno le mie vi

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scere ». Così detto morì di presente dopo un sol anno di regno.

CAPITOLO IV.

Geste d'Alessandro Gianneo in ventisett' anni di regno.

I. La moglie allora d' Aristobolo, liberati i fratelli di lui, costituisce re Alessandro parutole e per l'età e per la moderazione degli spiriti miglior degli altri. Egli adunque salito al trono fe' uccidere l'uno de' fratelli, perchè agognava lo scettro; e l'altro, che si piaceva di vivere fuor degli strepiti, fu da lui onorato.

II. Ebbe egli occasione di combattere con Tolommeo soprannomato Laturo, che avevagli presa la città d' Asochi. Uccise molti nemici; la vittoria però dichiaròssi per Tolommeo; ma dappoichè per l' infestazione di Cleopatra sua madre si ricondusse in Egitto, Alessandro per via d'assedio s'impadronisce di Gadara, e d' Amatunte, ch' era il maggiore castello, che avessevi lungo il Giordano, e dove si custodivano le masserizie più preziose di Teodoro figliuolo di Zenone; il quale venutogli addosso improvviso ricupera col bagaglio del re tutto il suo, e mette a morte da diecimila Giudei. Ma Alessandro riebbesi da tal rotta, e voltosi alle marem

me occupa Rafia, Gaza, ed Antedone, quella, che poi dal re Erode cognominata fu Agrippiade.

III. Dopo la presa di questa città levòglisi a sedizione in un giorno solenne il popolo de' Giudei assai facile a romoreggiare ne' di d' allegria, e per quanto pareva, non così agevolmente avrebbe da se cansate le loro insidie, se non gli fossero corse in ajuto le truppe straniere, tutti della Pisidia e Cilicia; perciocchè non ammetteva al suo soldo que' della Siria per ľ ingenita loro nimicizia colla nazione giudea. Uccisi adunque oltre a seimila ribelli, si volse contro l' Arabia, e domatala con esso i Galaaditi e i Moabiti, e aggravatili di tributo ritornò in Amatunte; è trovato il castello senza difesa, perchè le sue felici avventure avevano in Teodoro messo spavento, lo diroccò.

IV. Indi affrontatosi con Oboda re dell' Arabia, che s'era posto in aguato presso Gaula (15), e dato nel laccio perdette tutta sua gente, che fu sospinta in un profondo vallone e stritolata dalla moltitudine de' cammelli. Rifuggitosi egli pertanto a Gerusalemme colla grandezza di quel sinistro attizzò a sollevarglisi contro il popolo, che già l' odiava. Ma anco allora ne uscì vincitore, e nelle zuffe scambievoli, con che per sei anni continui s'attaccarono, egli non mise a morte meno di cinquantamila Giudei. Non però era lieto di sua vittoria; giacchè indeboliva il suo regno; laonde, poste giù l'armi, tentò di comporsi per via di ragioni co' sudditi, ed essi ebbero molto più in odio il suo pentimento e la mutabilità delle sue maniere; il perchè demandandogli esso, che far dovesse per addolcirli, che muoja

risposero; perciocchè con persona, che fe' tanto male, appena farà che racconcinsi dopo la sua morte. Al medesimo tempo invitarono Demetrio chiamato Eucero; il quale rendutosi facilmente per isperanza di cose maggiori alle loro proposte venne colle sue truppe, e i Giudei si congiunsero cogli alleati vicino a Sichem.

V. Agli uni e agli altri va incontro Alessandro con mille cavalli e seimila (16) soldanieri. Eranvi ancora i Giudei suoi benevoli in numero quasi di ventimila. Dalla banda nimica i cavalli eran tremila, e quarantamila i pedoni. Ora, anzichè si venisse alle mani, i re dambe le parti tentarono per araldi di trarre ognun dalla sua i soldati dell' inimico; Demetrio quelli, che aveva a suo soldo Alessandro, e Alessandro i Giudei, che stavano con Demetrio, sperando che cangerebbono sentimento: ma dappoichè nè deposero il loro sdegno i Giudei, nè i Greci fallirono della loro fede vennero finalmente a deciderne colla battaglia. Vinse Demetrio, benchè i soldanieri d'Alessandro facessero prove di gran gagliardia e valore. Pur la giornata riuscì a un fine non aspettato da entrambi ; perciocchè nè a Demetrio si tenner costanti tutti coloro, che lo avevano chiamato ; e tocchi di compassione per la traversia d'Alessandro si unirono a lui, che già erasi ricoverato tra le montagne, sei mila Giudei. A questa rivolta non resse Demetrio, ma avvisando, che oggimai Alessandro avea tante forze da novamente provarsi con lui, e che la nazione tutta correrebbe sotto le sue bandiere, si ritirò.

VI. La gente però, che rimase dopo la partenza degli alleati, non per questo depóse i rancori; ma fu in con

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