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tra virtù, non può esser magnanimo. Di queste è poi guida la prudenza, la qual consiste in un certo giudicio d' elegger bene. Ed in tal felice catena ancora sono colligate la liberalità, la magnificenza, la cupidità di onore, la mansuetudine, la piacevolezza, la affabilità, e molte altre che or non è tempo di dire. Ma se 'l nostro Cortegiano farà quello che avemo detto, tutte le ritroverà nell' animo del suo principe, ed ogni di ne vedrà nascer tanti vaghi fiori e frutti, quanti non hanno tutti i deliziosi giardini del mondo; e tra sè stesso sentirà grandissimo contento, ricordandosi avergli donato non quello che donano i sciocchi, che è oro o argento, vasi, veste e tai cose, delle quali chi le dona n' ha grandissima carestia e chi le riceve grandissima abondanza, ma quella virtù che forse tra tutte le cose umane è la maggiore e la più rara, cioè la maniera e 'l modo di governar e di regnare come si dee; il che solo bastaria per far gli uomini felici, e ridur un'altra volta al mondo quella età d'oro che si scrive esser stata quando già Saturno regnava.

XIX. Quivi avendo fatto il signor Ottaviano un poco di pausa come per riposarsi, disse il signor GASPARE: Qual estimate voi, signor Ottaviano, più felice dominio, e più bastante a ridur al mondo quella età d'oro di che avete fatto menzione, o 'l regno d'un cosi buon principe, o 'l governo d' una buona republica? Rispose il signor OTTAVIANO: Io preporrei sempre il regno del buon principe, perchè è dominio più secondo la natura, e, se è licito comparar le cose piccole alle infinite, più simile a quello di Dio, il qual uno e solo governa l'universo. Ma lasciando questo, vedete che in ciò che si fa con arte umana, come gli eserciti, i gran navigii, gli edificii ed altre cose simili, il tutto si riferisce ad un solo, che a modo suo governa; medesimamente nel corpo nostro tutte le membra s'affaticano e adopransi ad arbitrio del core. Oltra di questo, par conveniente, che i popoli siano cosi governati da un principe, come ancora molti animali, ai quali la natura insegna questa obedienza come cosa saluberrima. Eccovi che i cervi, le grue e molti altri uccelli quando fanno passaggio, sempre si prepongono un principe, il qual segueno ed obediscono; e le api quasi con discorso di ragione e con tanta ri

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verenza osservano il loro re, con quanta i più osservanti popoli del mondo; e però tutto questo è grandissimo argomento, che'l dominio dei principi sia più secondo la natura che quello delle republiche.

XX. Allora messer PIETRO BEMBO, Ed a me par, disse, che, essendoci la libertà data da Dio per supremo dono, non sia ragionevole che ella ci sia levata, nè che un uomo più dell'altro ne sia partecipe: il che interviene sotto il dominio de' principi, li quali tengono per il più li sudditi in strettissima servitù; ma nelle republiche bene instituite si serva pur questa libertà: oltra che e nei giudicii e nelle deliberazioni più spesso interviene che 'l parer d' un solo sia falso che quel di molti; perchè la perturbazione, o per ira o per sdegno o per cupidità, più facilmente entra nell'animo d'un solo che della moltitudine, la quale, quasi come una gran quantità d'acqua, meno è subjetta alla corruzione che la piccola. Dico ancora, che lo esempio degli animali non mi par che si confaccia; perchè e li cervi e le grue e gli altri non sempre si prepongono a seguitare ed obedir un medesimo, anzi mutano e variano, dando questo dominio or ad uno or ad un altro, ed in tal modo viene ad esser più presto forma di republica che di regno; e questa si può chiamare vera ed equale libertà, quando quelli che talor comandano, obediscono poi ancora. L'esempio medesimamente delle api non mi par simile, perchè quel loro re non è della loro medesima specie; e però chi volesse dar agli uomini un veramente degno signore, bisognaria trovarlo d' un' altra specie, e di più eccellente natura che umana, se gli uomini ragionevolmente l'avessero da obedire, come gli armenti che obediscono non ad uno animale suo simile, ma ad un pastore, il quale è uomo, e d'una specie più degna che la loro. Per queste cose estimo io, signor Ottaviano, che 'l governo della republica sia più desidarabile che quello del re.

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XXI. Allor il signor OTTAVIANO, Contra la opinione vostra, messer Pietro, disse, voglio solamente addurre una ragione; la quale è, che dei modi di governar bene i popoli tre sorti solamente si ritrovano: l'una è il regno; l'altra il governo dei buoni, che chiamavano gli antichi ottimati; l'altra l'am

ministrazione popolare: e la transgressione e vizio contrario, per dir cosi, dove ciascuno di questi governi incorre guastandosi e corrompendosi, è quando il regno diventa tirannide, e quando il governo dei buoni si muta in quello di pochi potenti e non buoni, e quando l'amministrazion popolare è occupata dalla plebe, che, confondendo gli ordini, permette il governo del tutto ad arbitrio della moltitudine. Di questi tre governi mali certo è che la tirannide è il pessimo di tutti, come per molte ragioni si poria provare; resta adunque che dei tre buoni il regno sia l'ottimo, perchè è contrario al pessimo: chè, come sapete, gli effetti delle cause contrarie sono essi ancora tra sè contrarii. Ora, circa quello che avete detto della libertà, rispondo, che la vera libertà non si deve dire che sia il vivere come l'uomo vuole, ma il vivere secondo le buone leggi: nè meno naturale ed utile e necessario è l'obedire, che si sia il comandare; ed alcune cose sono nate, e cosi distinte ed ordinate da natura al comandare, come alcune altre all'obedire. Vero è che sono due modi di signoreggiare: l'uno imperioso e violento, come quello dei patroni ai schiavi, e di questo comanda l'anima al corpo; l'altro più mite e placido, come quello dei buoni principi, per via delle leggi ai cittadini, e di questo comanda la ragione allo appetito: e l'uno e l'altro di questi due modi è utile, perchè il corpo è nato da natura atto ad obedire all'anima, e cosi l'appetito alla ragione. Sono ancora molti uomini, l'operazion de' quali versano solamente circa l'uso del corpo; e questi tali tanto son differenti dai virtuosi, quanto l'anima dal corpo, e pur per essere animali razionali tanto partecipano della ragione, quanto che solamente la conoscono, ma non la posseggono nè fruiscono. Questi adunque sono naturalmente servi, e meglio è ad essi e più utile l' obedire che 'l comandare.

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XXII. Disse allor il signor GASPAR: Ai discreti e virtuosi, e che non sono da natura servi, di che modo si ha adunque a comandare? Rispose il signor OTTAVIANO: Di quel placido comandamento regio e civile; ed a tali è ben fatto dar talor l'amministrazione di quei magistrati di che sono capaci, acciò che possano essi ancora comandare, e gover

nare i men savii di sè, di modo però che 'l principal governo dependa tutto dal supremo principe. E perchè avete detto, che più facil cosa è che la mente d'un solo si corrompa che quella di molti, dico che è ancora più facil cosa trovar un buono e savio che molti; e buono e savio si deve estimare che possa esser un re di nobil stirpe, inclinato alle virtù dal suo natural instinto e dalla famosa memoria dei suoi antecessori, ed instituito di buoni costumi; e se non sarà d' un' altra specie più che umana, come voi avete detto di quello delle api, essendo ajutato dagli ammaestramenti e dalla educazione ed arte del Cortegiano, formato da questi signori tanto prudente e buono, sarà giustissimo, continentissimo, temperatissimo, fortissimo e sapientissimo, pien di liberalità, magnificenza, religione e clemenza; in somma sarà gloriosissimo, e carissimo agli uomini ed a Dio, per la cui grazia acquisterà quella virtù eroica, che lo farà eccedere i termini della umanità, e dir si potrà più presto semideo che uomo mortale: perchè Dio si diletta, ed è protettor non di que' principi che vogliono imitarlo col mostrare gran potenza e farsi adorare dagli uomini, ma di quelli che oltre alla potenza per la quale possono, si sforzano di farsegli simili ancor con la bontà e sapienza, per la quale vogliano e sappiano far bene ed esser suoi ministri, distribuendo a salute dei mortali i beni e i doni che essi da lui ricevono. Però, cosi come nel cielo il sole e la luna e le altre stelle mostrano al mondo, quasi come in specchio, una certa similitudine di Dio, così in terra molto più simile imagine di Dio son que' buon principi che l'amano e reveriscono, e mostrano ai popoli la splendida luce della sua giustizia, accompagnata da una ombra di quella ragione ed intelletto divino; e Dio con questi tali partecipa della onestà, equità, giustizia e bontà sua, e di quegli altri felici beni ch'io nominar non so, li quali rapresentano al mondo molto più chiaro testimonio di divinità che la luce del sole, o il continuo volger del cielo col vario corso delle stelle.

XXIII. Son adunque li popoli da Dio commessi sotto la custodia de' principi, li quali per questo debbono averne diligente cura, per rendergline ragione, come buoni vicarii al

suo signore, ed amargli ed estimar lor proprio ogni bene e male che gli intervenga, e procurar sopra ogni altra cosa la felicità loro. Però deve il principe non solamente esser buono, ma ancora far buoni gli altri; come quel squadro che adoprano gli architetti, che non solamente in sè è dritto e giusto, ma ancor indrizza e fa giuste tutte le cose a che viene accostato. E grandissimo argomento è che 'l principe sia buono quando i popoli son buoni, perchè la vita del principe è legge e maestra dei cittadini, e forza è che dai costami di quello dipendan tutti gli altri; nè si conviene a chi è ignorante insegnare, nè a chi è inordinato ordinare, nė a chi cade rilevare altrui. Però se'l principe ha da far ben questi officii, bisogna ch'egli ponga ogni studio e diligenza per sapere; poi formi dentro a sè stesso ed osservi immutabilmente in ogni cosa la legge della ragione, non scritta in carte o in metallo, ma scolpita nell'animo suo proprio, acciò che gli sia sempre non che familiare ma intrinseca, e con esso viva come parte di lui; perchè giorno e notte in ogni loco e tempo lo ammonisca e gli parli dentro al core, levandogli quelle perturbazioni che sentono gli animi intemperati, li quali per esser oppressi da un canto quasi da profondissimo sonno della ignoranza, dall'altro da travaglio che riceveno dai loro perversi e ciechi desiderii, sono agitati da furore inquieto, come talor chi dorme da strane ed orribili visioni.

XXIV. Aggiungendosi poi maggior potenza al mal volere, si v'aggiunge ancora maggior molestia; e quando il principe può ciò che vuole, allor è gran pericolo che non voglia quello che non deve. Però ben disse Biante, che i magistrati dimostrano quali sian gli uomini: chè come i vasi mentre son vôti, benchè abbiano qualche fissura, mal si possono conoscere, ma se liquore dentro vi si mette, subito mostrano da qual banda sia il vizio; cosi gli animi corrotti e guasti rare volte scoprono i loro difetti, se non quando s'empiono d'autorità; perchè allor non bastano per sopportare il grave peso della potenza, e perciò s'abbandonano, e versano da ogni canto le cupidità, la superbia, la iracondia, la insolenza, e quei costumi tirannici che hanno dentro; onde senza

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