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vuta l'esecuzione dalla lor mano. Posto ciò, se l'ottimo, che era il compimento, si scorgesse impossibile, a fin di schifare il pessimo, che sarebbe la dilazione, doversi accettare il minor male, il quale sarebbe la sospensione, pur che gli stessi principi la domandassero, e 'l pontefice nè fosse nè apparisse motore di questo consiglio, anzi si rendesse manifesto che egli in verso di se non avea tralasciato di procurar con ogni opera il finimento. Ma poco andò che in loro e ammorzossi il pensiero della sospensione, e scemossi il conforto per le parole del conte.

Intorno alla sospensione, ricevettero nuove lettere (1) di Roma, ove il pontefice la ricusava totalmente, ordinando che procedessero innanzi come riputassero servigio di Dio. Raffermava che egli nè pur volea tener consigl o sopra i capi delle riformazioni mandatigli, ma il tutto rimetteva al giudicio loro e del sinodo: provvedessero secondo il voler di questo come sentisse la maggior parte, non rat

(1) Appare da lettere del cardinal Borromeo ai Legati nel dì 11 d'agosto, e de'Legati al Borromeo nel dì 19 d'agosto 1563.

tenendosi per la minore. Ciò il papa: ma quanto era al conte, egli fe poscia loro significare, che se tenessero nel futuro quelle private adunanze, anche esso le avrebbe convocate in sua casa di tutti i prelati sudditi al re, sì spagnuoli come italiani, con proibir loro l'andare a quelle de'presidenti. Nondimeno questa dinunzia quanto parea più terribile, tanto, come spesso avviene con gli uomini accorti, per la poca verisimilitudine dell'esecuzione, riuscì a men di terrore: poichè il far ciò sarebbe stato un dar cagione di rompimento al sinodo contra la volontà espressa del re cattolico. Senza che, erano cose ripugnanti il dolersi che in tali congreghe entrasse picciol numero di Spagnuoli, e a un'ora il vietarvi l'intervenimento a tutti i sudditi di Spagna. Onde i Legati, rispondendo con dolce modo, seguitarono nella sustanza il loro costume. Solo perciò che sapevano (1) che i grandi, quando le loro minacce appaiono disprezzate e vote di qualunque effetto, benchè le abbiano pronunziate per impeto d'ira,

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo dei 23 d'aprile 1563.

le promuovono per cura di riputazione, mutarono tali private raunanze dalle case loro a quelle di particolari prelati senza assistervi essi personalmente, ma con farsi poi riferire la somma de' pareri e delle ragioni.

Ben fu a' Legati d'altrettanta letizia la significazione (1) degli oratori veneti, i quali per parte del senato gli confortarono ardentemente alla conclusione, ed offersero loro ogni aiuto, in particolarità coi prelati di quel dominio: esprimendo che a ciò la republica si moveva così per zelo del ben comune, come per affezione speciale verso il presente pontefice. Ed avevano i prenominati oratori su que' giorni ricevuta in concilio una segnalata soddisfazione. Erasi commessa (2) a venticinque deputati, come fu detto, la causa del patriarca Grimano, della cui vita, e della cui fama avea loro (3) parlato con molta

(1) Lettera de' Legati e del Visconti al cardinal Borromeo de'19 d'agosto 1563.

(2) Lettere de' Legati al cardinal Borromeo dei 14 d'agosto, e del Visconti de' 14, e 16 d'agosto 1563.

(3) Lettera dell' arcivescovo di Zara de' 2 di agosto 1563.

T. XI.

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laude, e benivolenza il cardinal Morone. Uno de' venticinque era fra Martino dí Cordova, Domenicano, vescovo di Tortosa: ora stando egli in appresto d'andare a Milano per veder il duca di Sessa suo nipote, gli ambasciadori vineziani fecero instanza che si dicessero le sentenze avanti alla sua dipartita. Gli compiacquero i Legati, lasciando il giorno de'tredici d'agosto la congregazion generale ordinaria per dare agio a quella speciale, che durò ben sei ore, e v'intervennero tutti i giudici, fuor che il vescovo di Premisilia ch'era malato. Unanimamente sentiro, che in certa lettera scritta molti anni prima dal patriarca al suo vicario d' Udine intorno alle proposizioni dette da un predicatore nella materia della predestinazione, la qual lettera era il fondamento dell'accusa, non fosse parola meritevole di condannarsi, anzi nè pur tale che non si trovasse o in sant' Agostino, o in san Prospero, o in san Bernardo, o in san Tommaso, e in simiglianti dottori: e così ancora esser paruto a tutti i teologi con cui essi ne avevano conferito. Solamente il Guerrero e l'Aiala andarono con qualche riserva, di

cendo, convenir sè in tal opinione per quanto aveano veduto, ma non essere ancora appagati dello studio da loro applicatovi, e chiesero i pareri che sopra la medesima causa eransi scritti da'teologi in Roma. Ad alcuni ancora fu avviso, che quella lettera non dimostrasse possesso di teologia scolastica, ma che una apologia poi composta in difesa dal patriarca ponesse in chiaro ogni dubbio. I presidenti ricercarono i deputati di dare i giudicii loro in carta con brevità per formarne la sentenza: e gli oratori veneti mosser tosto un corriere al senato per mandargli la contezza del successo: ed anche i Legati il significarono al papa (1): il quale di poi rispose (2) loro, che si facesse quel che era giusto. Onde il seguente mese fu sentenziato, come dimostreremo. Ma con riuscita simile a quella di chi lungamente infermo per dolori di pietra, e fatta poi gran festa per vedersene tratta dopo varii argomenti dal corpo una grossa, ne riman tuttavia, nol sapendo, con altre involte ne

(1) Lettera del cardinal Borromeo a' Legati dei 25 d'agosto 1563.

(2) A' 17 di settembre.

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