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spose il FRIGIO: Ben potete oramai lasciarlo, e contentarvi ch'egli sia tale come l'avete formato; chè senza dubio più facil cosa sarebbe trovare una donna con le condizioni dette dal signor Magnifico, che un principe con le condizioni dette da voi; però dubito che sia come la republica di Platone, e che non siamo per vederne mai un tale, se non forse in cielo. Rispose il signor OTTAVIANO: Le cose possibili, benché siano difficili, pur si può sperare che abbiano da essere; perciò forse vedremolo ancor aʼnostri tempi in terra: chè benchè i cieli siano tanto avari in produr principi eccellenti, che a pena in molti secoli se ne vede uno, potrebbe questa buona fortuna toccare a noi. Disse allor il conte LUDOVIco: Io ne sto con assai buona speranza; perchè, oltra quelli tre grandi che avemo nominati, dei quali sperar si può ciò che s'è detto convenirsi al supremo grado di perfetto principe, ancora in Italia si ritrovano oggidi alcuni figlioli di signori, li quali, benchè non siano per aver tanta potenza, forse suppliranno con la virtů; e quello che tra tutti si mostra di meglior indole, e di sè promette maggior speranza che alcun degli altri, parmi che sia il signor Federico Gonzaga, primogenito del marchese di Mantua, nepote della signora Duchessa nostra qui; chè, oltra la gentilezza de'costumi, e la discrezione che in cosi tenera età dimostra, coloro che lo governano di lui dicono cose di maraviglia circa l'essere ingenioso, cupido d'onore, magnanimo, cortese, liberale, amico della giustizia; di modo che di così buon principio non si può se non aspettare ottimo fine. Allor il FRIGIO, Or non più, disse; pregheremo Dio di vedere adempita questa vostra speranza.—

XLIII. Quivi il signor OTTAVIANO, rivolto alla signora Duchessa con maniera d'aver dato fine al suo ragionamento, Eccovi, Signora, disse, quello che a dir m' occorre del fin del Cortegiano; nella qual cosa s'io non arò satisfatto in tutto, bastarammi almen aver dimostrato che qualche perfezion ancora dar se gli potea oltra le cose dette da questi signori; li quali io estimo che abbiano pretermesso e questo, e tutto quello ch'io potrei dire, non perchè non lo sapessero meglio di me, ma per fuggir fatica; però lasciarò che essi

vadano continuando, se a dir gli avanza cosa alcuna. - Allora disse la signora DUCHESSA: Oltra che l'ora è tanto tarda, che tosto sarà tempo di dar fine per questa sera, a me non par che noi debbiam mescolare altro ragionamento con questo; nel quale voi avete raccolto tante varie e belle cose, che circa il fine della Cortegianía si può dir che non solamente siate quel perfetto Cortegiano che noi cerchiamo, e bastante per instituir bene il vostro principe; ma, se la fortuna vi sarà propizia, che debbiate ancor essere ottimo principe: il che saria con molta utilità della patria vostra. Rise il signor OTTAVIANO, e disse: Forse, Signora, s'io fossi in tal grado, a me ancor interverria quello che suole intervenire a molti altri, li quali san meglio dire che fare.

XLIV. Quivi essendosi replicato un poco di ragionamento tra tutta la compagnia confusamente, con alcune contradizioni, pur a laude di quello che s' era parlato, e dettosi che ancor non era l'ora d'andar a dormire, disse ridendo il Magnifico JULIANO: Signora, io son tanto nemico degl'inganni, che m' è forza contradir al signor Ottaviano, il qual per esser, come io dubito, congiurato secretamente col signor Gaspar contra le donne, è incorso in dui errori, secondo me, grandissimi: dei quali l'uno è, che per preporre questo Cortegiano alla Donna di Palazzo, e farlo eccedere quei termini a che essa può giungere, l'ha preposto ancor al Principe, il che è inconvenientissimo; l'altro, che gli ha dato un tal fine, che sempre è difficile e talor impossibile che lo conseguisca, e quando pur lo consegue, non si deve nominar per Cortegiano. Io non intendo, disse la signora EMILIA, come sia così difficile o impossibile che 'l Cortegiano conseguisca questo suo fine, nè meno come il signor Ottaviano l'abbia preposto al principe. Non gli consentite queste cose, rispose il signor OTTAVIANO, perch' io non ho preposto il Cortegiano al principe; e circa il fine della Cortegianía non mi presumo esser incorso in errore alcuno. Rispose allor il Magnifico JULIANO: Dir non potete, signor Ottaviano, che sempre la causa per la quale lo effetto è tale come egli è, non sia più tale che non è quello effetto; però bisogna che 'l Cortegiano, per la instituzion del quale il principe ha da esser di tanta

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eccellenza, sia più eccellente che quel principe; ed in questo modo sarà ancora di più dignità che 'l principe istesso: il che è inconvenientissimo. Circa il fine poi della Cortegianía, quello che voi avete detto può seguitare quando l'età del principe è poco differente da quella del Cortegiano, ma non però senza difficoltà, perchè dove è poca differenza d'età, ragionevol è che ancor poca ve ne sia di sapere; ma se'l principe è vecchio e 'l Cortegian giovane, conveniente è che 'l principe vecchio sappia più che 'l Cortegian giovane, e se questo non intervien sempre, intervien qualche volta; ed allor il fine che voi avete attribuito al Cortegiano è impossibile. Se ancora il principe è giovane e 'l Cortegian vecchio, difficilmente il Cortegian può guadagnarsi la mente del principe con quelle condizioni che voi gli avete attribuite; chè, per dir il vero, l'armeggiare e gli altri esercizii della persona s'appartengono a' giovani, e non riescono ne' vecchi, e la musica e le danze e feste e giochi e gli amori in quella età son cose ridicole; e parmi che ad uno institutor della vita e costumi del principe, il qual deve esser persona tanto grave e d'autorità, maturo negli anni e nella esperienza, e, se possibil fosse, buon filosofo, buon capitano, e quasi saper ogni cosa, siano disconvenientissime. Però chi instituisce il principe estimo io che non s' abbia da chiamar Cortegiano, ma meriti molto maggiore e più onorato nome. Si che, signor Ottaviano, perdonatemi s' io ho scoperto questa vostra fallacia, chè mi par esser tenuto a far cosi per l'onor della mia Donna; la qual voi pur vorreste che fosse di minor dignità che questo vostro Cortegiano, ed io nol voglio comportare.

XLV. Rise il signor OTTAVIANO, e disse: Signor Magnifico, più laude della Donna di Palazzo sarebbe lo esaltarla tanto ch'ella fosse pari al Cortegiano, che abassar il Cortegian tanto che 'l sia pari alla Donna di Palazzo; chè già non saria proibito alla Donna ancora instituir la sua Signora, e tender con essa a quel fine della Cortegianía ch'io ho detto convenirsi al Cortegian col suo principe; ma voi cercate più di biasimare il Cortegiano, che di laudar la Donna di Palazzo: però a me ancor sarà lecito tener la ragione del Cortegia

10. Per rispondere adunque alle vostre objezioni, dico, ch'io non ho detto che la instituzione del Cortegiano debba esser a sola causa per la quale il principe sia tale; perchè se esso non fosse inclinato da natura ed atto a poter essere, ogni Eura e ricordo del Cortegiano sarebbe indarno: come ancor indarno s' affaticaria ogni buono agricoltore che si mettesse a coltivare e seminare d'ottimi grani l'arena sterile del mare, perchè quella tal sterilità in quel loco è naturale; ma quando al buon seme in terren fertile, con la temperie dell'aria e piogge convenienti alle stagioni s'aggiunge ancora la diligenza della coltura umana, si vedon sempre largamente nascere abondantissimi frutti; nè però è che lo agricoltor solo sia la causa di quelli, benchè senza esso poco o niente giovassero tutte le altre cose. Sono adunque molti principi che sarian buoni, se gli animi loro fossero ben coltivati; e di questi parlo io, non di quelli che sono come il paese sterile, e tanto da natura alieni dai buoni costumi, che non basta disciplina alcuna per indur l'animo loro al diritto cammino.

XLVI. E perchè, come già avemo detto, tali si fanno gli abiti in noi quali sono le nostre operazioni, e nell'operar consiste la virtù, non è impossibil nè maraviglia che 'l Cortegiano indrizzi il principe a molte virtù, come la giustizia, la liberalità, la magnanimità, le operazion delle quali esso per la grandezza sua facilmente può mettere in uso e farne abito; il che non può il Cortegiano, per non aver modo d'operarle; e cosi il principe, indotto alla virtù dal Cortegiano, può divenir più virtuoso che 'l Cortegiano. Oltra che dovete saper che la cote che non taglia punto, pur fa acuto il ferro; però parmi che ancora che 'l Cortegiano instituisca il principe, non per questo s' abbia a dir che egli sia di più dignità che 'l principe. Che 'l fin di questa Cortegianía sia difficile e talor impossibile, e che quando pur il Cortegian lo consegue non si debba nominar per Cortegiano, ma meriti maggior nome: dico, ch' io non nego questa difficoltà, perchè non meno è difficile trovar un cosi eccellente Cortegiano, che conseguir un tal fine; parmi ben che la impossibilità non sia nè anco in quel caso che voi avete allegato: perchè

se 'l Cortegian è tanto giovane, che non sappia quello che s'è detto ch'egli ha da sapere, non accade parlarne, perché non è quel Cortegiano che noi presupponemo, nè possibil è che chi ha da sapere tante cose, sia molto giovane. E se pur occorrerà che 'l principe sia cosi savio e buono da sè stesso, che non abbia bisogno di ricordi nè consigli d'altri (benché questo è tanto difficile quanto ognun sa), al Cortegian basterà esser tale, che se 'l principe n'avesse bisogno, potesse farlo virtuoso; e con lo effetto poi potrà satisfare a quell'altra parte, di non lasciarlo ingannare, e di far che sempre sappia la verità d'ogni cosa, e d'opporsi agli adulatori, ai maledici, ed a tutti coloro che machinassero di corromper l'animo di quello con disonesti piaceri; ed in tal modo conseguirà pur il suo fine in gran parte, ancora che non lo metta totalmente in opera: il che non sarà ragion d'imputargli per difetto, restando di farlo per cosi buona causa; chè se uno eccellente medico si ritrovasse in loco dove tutti gli uomini fossero sani, non per questo si devria dir che quel medico, sebben non sanasse gl'infermi, mancasse del suo fine: però, siccome del medico deve essere intenzione la sanità degli uomini, cosi del Cortegiano la virtù del suo principe; ed all'uno e l'altro basta aver questo fine intrinseco in potenza, quando il non produrlo estrinsecamente in atto procede dal subjetto al quale è indrizzato questo fine. Ma se 'l Cortegian fosse tanto vecchio, che non se gli convenisse esercitar la musica, le feste, i giochi, l'arme, e l'altre prodezze della persona, non si può però ancor dire che impossibile gli sia per quella via entrare in grazia al suo principe; perchè se la età leva l'operar quelle cose, non leva l'intenderle, ed, avendole operate in gioventù, lo fa averne tanto più perfetto giudicio, e più perfettamente saperle insegnar al suo principe, quanto più notizia d' ogni cosa portan seco gli anni e la esperienza: ed in questo modo il Cortegian vecchio, ancora che non eserciti le condizioni attribuitegli, conseguirà pur il suo fine d'instituir bene il principe.

XLVII. E se non vorrete chiamarlo Cortegiano, non mi da noja; perchè la natura non ha posto tal termine alle dignità umane, che non si possa ascendere dall' una all' altra: però

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