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CANTO XXXIV.

Argomento.

In fondo al pozzo que' che tradirono la divina o l'imperial polestà: la regione, da Giuda, è chiamata Giudecca. Il Poeta slimava la potestà imperiale imagine della divina; perciò col traditore di Cristo accoppia i traditori di Cesare, trovando forse alcuna corrispondenza tra l'Et tu, Brute....! e l'Amice, ad quid venisti? I due Poeti si fanno scala dei peli di Lucifero, ed escono all'opposto emisfero.

Nota le terzine 1 alla 5; 7; 9 alla 22; 24 alla 27; 29, 30, 39; 41 alla 44, con l' ultima.

1.

V

exilla Regis prodeunt Inferni Verso di noi. Però dinanzi mira

(Disse 'l maestro mio), se tu 'l discerni. 2. Come, quando una grossa nebbia spira, O quando l'emisperio nostro annotta, Par da lungi un mulin che 'l vento gira; 3. Veder mi parve un tal dificio allotta.

Poi, per lo vento, mi ristrinsi retro

Al duca mio; chè non v'era altra grotta. 4. Già era (e con paura il metto in metro) Là dove l'ombre tutte eran coverte, E trasparean come festuca in vetro.

1. (L) VEXILLA. Ecco l'ali di Lucifero.

(F) VEXILLA. Abbiamo una canzone di Dante della quale un verso è italiano, uno provenzale, uno latino. Questo è il primo verso d'un inno della Chiesa alla Croce, cantato nella settimana santa. Il Poeta, che appunto di que' giorni si trova in Inferno, l'applica quasi ironicamente alle ali di Lucifero, il nemico del figlio di Dio. Dice prodeunt, come altrove, s'appressa la città. Paragoninsi questi stendardi con que' della Chiesa (Purgatorio, XXIX).

2. (L) GROSSA NEBBIA: vento nebbioso.

(SL) [MULIN. L'autore del (Calife) Vathek nelle note al suo romanzo osserva che questa similitudine probabilmente suggeri a Cervantes l'idea di fare scambiare a Don Chisciotte de' mulini a vento con giganti].

(F) ANNOTTA. Nella Somma la cognizione de' demoni è detta visione notturna. Altrove, de' dannati: E la luce e le tenebre ordinate insieme a maggiore tormento, che reggano gli oggetti i quali li possano affliggere, ma li vegguno sotto non so che ombrosità, ed in un fuoco feccioso e misto di fumo.

3. (L) DIFICIO: edifizio, macchina.- ALLOTTA: allora. GROTTA Scogli come lassù.

(SL) DIFICIO. Dificio per macchina bellica. Dino, 91; Vill., IX, 142. GROTTA. Inf., XXI, terz. 37.

4. (L) METRO: verso. L'OMBRE TUTTE: il corpo tut

to.

5. Altre stanno a giacere, altre stanno erte: Quella col capo, e quella con le piante; Altra, com' arco, il volto a' piedi inverte. 6. Quando noi fummo fatti tanto avante,

Ch' al mio maestro piacque di mostrarmi La creatura ch'ebbe il bel sembiante; 7. D'innanzi mi si tolse, e fe' restarmi; Ecco Dite (dicendo), ed ecco il loco Ove convien che di fortezza t'armi. 8. Com' i' divenni allor gelato-e floco, Nol dimandar, lettor: ch' i' non lo scrivo, Però ch'ogni parlar sarebbe poco.

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COVERTE dal gelo. · COME FESTUCA IN VETRO: come pagliucola che rimane entro a vetro soffiato. (SL) PAURA. Æn., II: Horresco referens.

(F) TUTTE. Più grave è il delitto, più grave la pena. Nel Convivio (I) numera parte delle reità del suo Inferno punite così: Ingiustizia; siccome tradimento, ingratitudine, falsità, furto, rapina, inganno.

5. (L) ERTE: ritte.

6. (L) LA CREATura ch'ebbe il bel sembiante: Lucifero. (F) BEL. Ezech., XXVIII, 15: In deliciis paradisi Dei fuisti: omnis lapis pretiosus operimentum tuum. Pier Lombardo (lib. II, c. 6) dice che in cielo non era maggior di Lucifero. Greg. Hom. cent. : Il primo angelo che peccò trascendeva la chiarezza di tutte le schiere degli angeli.

7. (L) FE' RESTARMI: mi fece fermare.

(SL) DITE. Nome di Plutone da Virgilio usato più volte. Æn., VI: Ditis magni. Un Gentile non ha, secondo Dante, a chiamarlo Lucifero. - CONVIEN. Æn., VI: Nune animis opus, Enea, nunc pectore firmo.

(F) ARMI. Isai., LI, 9: Induere fortitudinem. Ov. Met., XIII: Seque armat et instruit ira. Profonda paura nel centro infernale; come gioia suprema nell'altissimo cielo.

9. I' non mori', e non rimasi vivo. Pensa oramai per te, s' hai flor d'ingegno, Qual io divenni, d'uno e d'altro privo. 10. Lo 'mperador del doloroso regno

Da mezzo 'l petto uscia fuor della ghiaccia: più con un gigante i' mi convegno, 11. Che i giganti non fan con le sue braccia. Vedi oggimai quant'esser dee quel tutto Ch'a così fatta parte si confaccia. 12. S'ei fu si bel com' egli è ora brutto, E contra 'l suo Fattore alzò le ciglia; Ben dee da lui procedere ogni lutto. 13. Oh quanto parve a me gran maraviglia, Quando vidi tre facce alla sua testa! L'una dinanzi, e quella era vermiglia;

9. (L) D'UNO E D'ALTRO PRIVO: nè vivo nè morto.

(F) PENSA. Provava lo spasimo della dissoluzione e tutta la forza della vitalità. Si noti la gradazione della paura ne' Canti 1, II, III, VIII, IX, XIII, XVII, XXI, XXIII, XXXI. I forti non temono di confessare paura; i paurosi si gridano sempre forti.

10. (L) CONVEGNO di grandezza.

(SL) 'MPERADOR. En.,VI: Stygio regi. Georg., IV: Regem... tremendum. Lucan., VI: Mæstum Regem noctis. Stat. Jam tecta tranni. IV: Formidabile regnum Martis inexpletæ imi famulatur regia mundi. - VIII: Forte sedens media regni infelicis in arce Dux Erebi, populos poscebat crimina vitæ.

(F) REGNO. Job, XLI, 25: Egli è il re sopra tutti i figli della superbia, Som.: Tutti i demoni a lui son sudděli. GUIACCIA. Leviathan nelle Sacre Carte è collocato nell'acque.

11. (F) TUTTO. Visione del diavolo gigante ne' Bollandisti (1,755); del diavolo drago (1, 756, 781, 1405, 866, 404, 146). Behemoth è detto il diavolo in Giobbe (XL, 10), che vale animale sterminato. Se un braccio è più grande d'un gigante, più che un gigante d'un uomo, futto il corpo viene ad essere mille e più braccia (Inf., XXXI, t. 20, 22, 38). CONFACCIA. Aug.: Pars suo toti non conveniens. Le idee della parte e del tutto ritornano frequenti nella filosofia delle scuole o come esempio o come argomento.

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12. (F) BEL. Ezech.,XXVIII, 17: Elevatum est cor tuum in decore tuo. Isai., XIV, 11 e 15: Detracta est ad inferos superbia tua..... Ad infernum detraheris in profundum laci.Greg., in Evang., XXXIV: L'angelo che peccò fu il supremo in dignità, Glossa in Ps. CIII: Quegli che degli altri era più eccellente nell' essere, in malizia si fece maggiore. BRUTTO. SOM.: La deformità del peccato. ALZO. Vite de' ss. Padri: Ardisce contra ai molti benefzii alzare gli occhi. Lucrezio, d'Epicuro negante Dio: Mortales tollere contra Est oculos ausus primusque obsistere contra. Prov.,VI,17: Oculos sublimes. — PROCEDERE. Som.: Utrum omnia peccata procedant ex tentatione diaboli. Altrove: Il peecato dell' angelo non procedette da naturale pendenza al male, ma du solo il suo libero arbitrio.OGNI. Diabolus caput omnium malorum. — LUTTO. Creatura si ingrata ben dev' essere rea d' ogni umano vizio e dolore. Apoc., XVIII, 7: Quantum glorificavit se... tantum date illi tormentum, et luctum. Som. Il diavolo che più si gloriò è più punito con lutto di dolore.

13. (F) TRE. Chi ci vede le tre parti del mondo; la nera l' Africa, la bianca e gialia l'Asia, la vermiglia l'Europa. Pietro ci vede la nera ignoranza, l'impotenza livida, l'odio ardente opposto alla potenza, alla sapiena. all' amore divino, L'Anonimo aggiunge che d'igno

44. L'altre eran due, che s'aggiungéno a questa Sovr'esso 'l mezzo di ciascuna spalla,

E si giungéno al luogo della cresta. 15. E la destra parea tra bianca e gialla; La sinistra a vedere era tal, quali Vengon di la ove 'l Nilo s'avvalla. 46. Sotto ciascuna uscivan duo grand' ali Quanto si conveniva a tant' uccello: Vele di mar non vid'io mai cotali. 17. Non avén penne, ma di vispistrello Era lor modo; e quelle svolazzava, Si che tre venti si movén da ello. 18. Quindi Cocito tutto s'aggelava. Con sei occhi piangeva, e per tre menti Gocciava il pianto e sanguinosa bava.

ranza, d'ira e d'impotenza fece prova nella sua ribellione Lucifero; e che que' tre mali a lui fanno più prossimo l'uomo; come i tre beni contrarii lo fanno più prossimo a Dio. Il Rossetti vede nelle tre facce il simbolo delle tre fiere e delle tre furie: Roma, capo de' Guelfi, dall' insegna vermiglia; Firenze, sede de' Neri; Francia, dallo stemma de' gigli bianchi e de' gialli. Interpretazione ingegnosa e conciliabile coll' antica. Ma che in Lucifero sia adombrato Clemente papa, io non credo, ancorché i protestanti del secolo XVI in Satana figurassero il papa, e lo dipingessero coi colori di Dante. Toglievan essi queste imagini dal Poeta; non egli da setta veruna. Nell' Iliade (XI, 39), sullo scudo d'Agamennone è un drago ceruleo con tre capi insieme avvolti, da un collo solo.

14. (L) Esso. Riempitivo. -SI GIUNGÉNO: si univano in cima a fare un sol capo.

15. (L) LÀ OVE 'L NILO S' AVVALLA : l' Etiopia.

(SL) VEDERE. Æn., VI: Terribiles visu formæ. Più volte rammentato in Virgilio (Georg., IV, Æn., VIII). NILO.-AVVALLA. Cic., Somn. Scip.: Ubi Nilus ad illa quæ Catadupa nominantur, præcipitat ex altissimis montibus. 16. (L) CIASCUNA testa.

(F) GRAND'. Ezech., XXVIII, 44: Tu Cherub extentus, el protegens. · ALI. Sei ne dà il Poeta ai Serafini; e Lucifero era de' Serafini.

17. (L) AVEN: avevano. — VISPISTRELLO: pipistrello. (SL) [PENNE. La descrizione di un ente imaginario chiamato Tiphurgo nel Zodiacus Vitæ ha qualche somiglianza a questa di Lucifero:

Ingentem vidi regem, ingentique sedentem
In solio, erines flammanti stemmate vinctum.
utrinque patentes
Alæ humeris magnæ, quales vespertilionum
Membrance contextæ amplis
Nudus erat, longis sed opertus corpora villis.

(Marcelli Palingenii Zodiacus Vitæ, s. IX.)] VISPISTRELLO. Anco in prosa nel Convivio. -SVOLAZZAVA. In Toscana dicono attivamente tremar le ali. VENTI. Æn., XII: Ventosasque addidit alas.

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sioni, tuttochè provenga da ardore soverchio, gela da ultimo le anime. Siccome, dice Pietro, dal ventilare delPali dello spirito di Dio che si aggira sull' acque, spiran ordine e amore, cosi fredda invidia dall'ali del nemico di Dio. Apoc., XX, 9: Diabolus, qui seducebat cos, missus est in stagnum ignis, et sulphuris. (V. anche Apoc., XIX, 20; XXI, 8.) Forse lo cacciò in istagno gelato, perchè nell'idea del calore è troppa vita.

19. (SL) TRE. L'Orcagna dipinge Lucifero mangiante un dannato. A Volterra, a Tolentino, a Padova e altrove vedevasi figurato dall'arte l'Inferno di Dante.

(F) TRE. Apoc., XVI, 13: Vidi de ore draconis, et de ore bestiæ, et de ore pseudoprophetæ, spiritus tres immundos. 20. (L) A QUEL DINANZI: a Giuda nella bocca di mezzo. VERSO 'L: a paragone del.

- BRULLA: nulla.

(SL) DINANZI. Nella bocca vermiglia: Giuda il qual riceve altri baci da quelli che diede a Cristo. 21. (SL) LASS. Tant'alto è Lucifero che quantunque esca solo con mezzo il petto a guardargli la bocca, Virgilio dice: lassù. GAMBE. Rammenta i simoniaci che dimenano fuor della buca le gambe.

(F) DENTRO. Greg. Dial., IV, 38: Caput meum suo ore absorbuit.

22. (L) DI SOTTO: fuor della bocca spenzolone.

(F) MOTTO. Come uom fermo. I due ingrati a Cesare benefattore (secondo il Poeta) del mondo stanno con Giuda ingrato a Gesù.

23. (L) L'ALTRO, nella bocca a destra.

(SL) MEMBRUTO. Cicerone rammenta L. Cassii adipem. Dante l'avrà forse confuso con C. Cassio, uccisore di Cesare. NOTTE. Æn., VI: Nox ruit, Enea; nos flendo ducimus horas.

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26. Quando noi fummo là dove la coscia

Si volge appunto in sul grosso dell' anche, Lo duca con fatica e con angoscia 27. Volse la testa ov'egli avea le zanche;

28.

E aggrappossi al pel come uom che sale, Si che 'n Inferno i' credea tornar anche. Attienti ben: che per cotali scale (Disse 'l maestro ansando com'uom lasso) Conviensi dipartir da tanto male. 29. Poi usci fuor per lo foro d'un sasso, E pose me in su l'orlo a sedere: Appresso, porse a me l'accorto passo. 30. I'levai gli occhi; e credetti vedere Lucifero com' i' l'avea lasciato; E vidigli le gambe in su tenere. 31. E s'io divenni allora travagliato,

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ra. Le setole di tanto animale dovevano esser sode, quasi scala a Virgilio.

(F) APPIGLIO. Ezech., XXIX, 3, 4: Draco magne... pisces tui squamis tuis adhærebunt.

26. (SL) ANGOSCIA. Æn., VI: Superasque evadere ad auras. Hoc opus, hic labor est. Si capovolge con fatica, perchè nel punto ove la forza centripeta è massima. 27. (L) ZANCHE: gambe. ANCHE: di nuovo.

(SL) ANCHE. Leg. Tob.: Quegli ce ne darà anche. (F) ZANCHE. Nota Pietro che questo significa doversi porre sotto i piedi gli abiti rei per escire del male. Aug., de V. Relig., XXIV: Nel luogo ove l'uomo cade, ivi deve appoggiarsi per potersi rilevare. E questo illustra anche il verso: Si che'l piè fermo sempre era 'l più basso (Inf., I).

28. (SL) SCALE. Inf., XVII: Omai si scende per si fatte scale. - MALE. Inf., XII. Virgilio, più d' una volta:

mali tanti. 29. (L) APPRESSO: poi.-PASSO, da Lucifero all'orlo. (SL) SASSO. Ne' Salmi, più d' una volta, super petram dinota luogo di scampo. ORLO. Lucifero dal bellico in su è nell'uno emisfero; giù, nell'altro. La metà di sopra, mezza fuori del ghiaccio, mezza nel ghiaccio; la metà di sotto, mezza circondata dallo scoglio, mezza (le gambe cioè) guizza in aria. Virgilio esce dello scoglio attiguo alle cosce di Lucifero, e mette Dante a sedere sull'orlo. Poi fa un picciol salto, dai velli del mostro al luogo ov'è Dante.

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30. (SL) LEVAI. S' imagini sempre Lucifero tanto grande, che da ogni lato sovrasta al riguardante come montagna.

31. (L) TRAVAGLIATO di dubbi. — GROSSA : ignorante. IL PUNTO: centro della terra.

(SL) GROSSA. Vita Nuova: Persona grossa. Conv.: Grossezza degli astrologi. Simile nel Crescenzio e in Semintendi.

32. (L) MALVAGIO: disagiato.

(SL) LEVATI. Æn., VI: Sed jam age, carpe viam, et susceptum perfice munus: Acceleremus, ait. - MALVAGIO. Cresc.: Acque malvage.

(F) LUNGA. Devon trascorrere tutto il semidiametro della terra. Il centro distà dalla superficie, dice Pietro, tremila dugento quindici miglia; e quello è il

33. Non era camminata di palagio

Là 'v'eravam; ma natural burella, Ch'avea mal suolo, e di lume disagio. 34. Prima ch'i' dell'Abisso mi divella, Maestro mio (diss' io quando fui dritto), A trarmi d'erro un poco mi favella. 35. Ov'è la ghiaccia? e questi com'è fitto Si sottosopra? e come 'n si poc' ora Da sera a mane ha fatto il sol tragitto? 36. Ed egli a me: Tu immagini ancora D'esser di là dal centro, ov'i' mi presi Al pel del vermo reo che 'l mondo fora. 37. Di là fosti cotanto quant' io scesi:

Quando mi volsi, tu passasti il punto Al qual si traggon d'ogni parte i pesi. 38. E se' or sotto l'emisperio giunto

Ched è opposto a quel che la gran secca Coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto

punto più lontano del cielo; e però più conveniente a Lucifero. Non si creda che tanto cammino sia misurato dal Poeta se non in modo simbolico. TERZA. Il tempo del viaggio è l'equinozio, quando il giorno ha ore dodici. Essendo esso giorno diviso in terza, sesta, nona, vespro; mezza terza è un ottavo di giorno. Nell' altro emisfero sorgeva la notte; in questo dunque doveva es

sere mezza terza.

33. (L) BURELLA: prigione.

(SL) BURELLA. Da buro, buio; come da furo, fuio. Una via di Firenze non molto serena ha questo nome. Buri per prigioni è nell'Ottimo.

34. (L) DRITTO da sedere. ERRO errore.

(SL) DIVELLA. Per dipartirsi è più volte in Virgilio. Amos, IX, 15: Non evellam eos ultra de terra sua, 35. (L) QUESTI... SOTTOSOPRA: Lucifero... capovolto.

(SL) GHIACCIA? Salendo su su, e' doveva non più veder che lo scoglio il quale fasciava le cosce a Lucifero.

(F) FITTO. Sta capovolto nel mezzo, perchè la forza centripeta vel sostiene. Dice Brunetto, il maestro di Dante: che se si potesse cavare un pozzo che forasse il centro della terra, ed un grave vi si gettasse, questo non cadrebbe dall' altro foro del pozzo, ma rimarrebbe nel centro. Tale idea è pure nell'Anonimo, tolta dall'Almag. di Tolomeo.

36. (L) DEL VERMO REO: del diavolo.

(F) VERMO. Apoc., XII, 3, 9: Draco magnus... habens capita septem, et cornua decem... Draco ille magaus serpens antiquus, qui vocatur diabolus, et satanas. Ezech., XXIX, 3: Draco magne, qui cubas in medio fluminum tuorum. Guittone, del diavolo: Il fero vermo. Il Sommo superbo è nell'imo dell'universo. FORA. Simboleggia il vizio indotto nell'umana natura dalla prima instigazione diabolica. Così le lagrime dell' umanità forano la grotta e fanno i fiumi infernali (Inf., XIV). 37. (L) COTANTO tempo. IL PUNTO AL QUAL SI TRAGGON D'OGNI PARTE I PESI: il centro della terra. (F) [PESI. Anche in Dante trovo accennata l' attrazione. Forse l'idea di Newton non fu che un felice ardimento di aggiungere ed ampliare ciò che si era detto.]

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38. (L) CHED: che, LA GRAN SECCA: la Terra. COLNO: Gerusalemme è, secondo il Poeta, il più alto punto del meridiano terrestre. - CONSUNTO: ucciso.

(SL) CHED. Nel Convivio (I, 12). CONSUNTO. Reg., II, XI, 25: Illum consumit gladius. Æn., IV: Absu

39. Fu l'uom che nacque e visse senza pecca. Tu hai i piedi in su picciola spera, Che l'altra faccia fa della Giudecca. 40. Qui è da man, quando di là è sera. E questi che ne fe' scala col pelo, Fitto è ancora, si come prim' era.

41. Da questa parte cadde giù dal cielo; E la terra, che pria di qua si sporse, Per paura di lui fe' del mar velo,

42. E venne all'emisperio nostro: e forse Per fuggir lui, lasciò qui 'l luogo vuoto Quella ch'appar di qua, e su ricorse.

mere ferro. Consumare per uccidere in Armannino e nel Machiavelli.

(F) SECCA. Gen., I. 10: Vocavit... aridam, Terram. 39. (L) L'UOм che nacque e VISSE SENZA PECCA: Gesù Cristo. ALTRA FACCIA: superficie opposta.

(SL) PECCA. Trecentista inedito della Laurenziana: In suo tradimento non ha pecca,

(F) UoM. Psal. L, 6: In peccatis concepit me mater mea. Joan., VIII, 46: Quis ex vobis arguet me de peccato? Petri Ep. I, II, 22: Qui peccatum non fecit? PICCIOLA. Il Poeta credeva gli antipodi inabitati, tranne il monte del Purgatorio coperto dall'acque. Questa piccola spera, contrapposta alla Giudecca, è la base del monte. Onde piccola è pur la Giudecca, perche con la gravità del delitto scema lo spazio della pena, cioè il numero de' dannati.

40. (SL) MAN. Par., I: Fatto avea di là mane e di qua sera.

(F) FITTO. Jon., II, 4, 6, 7: Projecisti me in profundum,... et flumen circumdedit me: omnes gurgites tui et fluctus tui super me transierunt.... abyssus vallavit me.. terræ vectes concluserunt me in æternum. 41. (L) SI SPORSE: si stese dov' ora è mare.

(SL) CADDE. Cadde col capo all'ingiù e vi rimase in eterno. Prima della sua caduta, l' emisfero opposto al nostro era terra; ma per orror di Lucifero, la terra si rovesciò tutta dall' altro lato, e le acque ne presero il luogo. E quella parte di terra che era più presso al centro, s' alzò e fece il monte del Purgatorio, e lasciò vuoto il luogo da cui passano i due Poeti.

(F) CADDE. Isai., XIV, 9, 12: Infernus subter conturbatus est in occursum adventus tui... Quomodo cecidisti de cælo, Lucifer? - LI, 9, 10: Percussisti superbum, vulnerasti draconem? Numquid non tu siccasti mare, aquam abyssi vehementis? Job, XXXVIII, 10: Circumdedi illud terminis meis. Ezech., XXIX, 3, 5: Draco magne... super faciem terræ cades. - XXXI, 15: In die quando descendit ad inferos... operui cum abysso: et prohibui flumina ejus, et coercui aquas multas. — MAR. Il polo antartico é più freddo e più ondoso dell' altro. Forse Dante da' viaggiatori sapeva che l' opposto emisfero è più ricoperto d'acque che il nostro, e da tradizioni antiche sapevasi l'altezza di quelle acque.

42. (L) PER FUGGIR LUI, LASCIÒ QUI 'L LUOGO VUOTO QUELLA CH'APPAR DI QUA, E SU RICORSE: la terra che fa il monte del Purgatorio forse per orror di Lucifero sali in alto e lasciò luogo al mare.

(SL) QUELLA. Armannino: Giunti sono a una grande grotta, onde si passa per volere andare a quello chiaro Eliso.

(F) VENNE. Amos, IX, 6: Vocal aquas maris, et effundit eas super faciem terræ. Ezech., XXVI, 19: Adduxero super te abyssum, et operuerint te aquæ multœ.

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(SL) TANTO. Æn., VI: Tartarus ipse Bis patet in præceps tantum, tenditque sub umbras, Quantus ad æthereum cœli suspectus Olympum.

(F) BELZEBU. Matth., XII, 24. Più giuste proporzioni che in Gregorio (Dial. IV, 42): Quod terra ad cœlum est, hoc esse infernus debet ad terram. Ma tutti allora lo ponevano nel sen della terra.

44. (L) AVVOLGE: fa Poco PENDE: ci si può salire. (SL) AVVOLGE. Avvolgere un corso in senso di

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Inferno d'Armannino.

Negli scritti del secolo decimoquarto quel che più importa studiare é non tanto l'eleganza del dire e la storia della lingua, quanto il progresso delle menti; quel singolare contrasto delle tradizioni pagane coi dommi e le consuetudini della religione novella; quel miscuglio or leggiadro or bizzarro del moderno con l'antico; quel bisogno profondamente sentito di far della vecchia civiltà quasi sgabello alla nuova; quell'istinto invincibile di sempre creare anche imitando: quei nuovi elementi di verità e di bellezza che l'esperienza de' secoli e il cristianesimo veniva svolgendo, confusi con traviamenti deplorabili, e nondimeno all'Italia fecondi di tanta gloria.

Una delle singolarità di questo secolo è l'amore che tanti de' suoi scrittori posero all'autor dell'Eneide, il cui delicato stile e le cortigiane lusinghe tanto par che ripugnino alla durezza di quelle tirannidi crudeli e di quelle ferree libertà. Ma Virgilio è il poeta che alla religione ne' suoi versi diè luogo ancor più che al furore guerriero; Virgilio, il cantore di quella monarchia ch'era il desiderio di tanti, accecati dal dolore o dall'ira tanto da porre in un lontano straniero ogni cara speranza; Virgilio è il primo de' poeti pagani che seppe trovare la vena profonda di quel malinconico affetto che sgorga nell' uomo non fatuo dal seno della gioia stessa; Virgilio ad uomini dal risorgimento della libertà richiamati a gustare la

vera bellezza, ma ruvidi ancora ed impotenti ad esprimere francamente quanto sentivano dentro, con quella beata uguaglianza, con quella sicurezza di gusto, di stile, di numero, con quella forza modesta e tanto più gradita ad anime forti, doveva, più che altro Latino (dacchè i Greci non erano ben noti nella fonte), destare di sè negli uomini del trecento maraviglia ed amore.

Di questo amore a Virgilio, di questo bisogno di creare a tutto costo e rifondere le tradizioni antiche in forma novella, ci è prova la Fiorità d'Armannino, giudice di Bologna, esule dalla patria, amico di Bosone da Gubbio, ammiratore di Dante, e che in quest'opera scritta nel MCCCXXV lo rammenta assai volte: nella quale incominciando dalla creazione del mondo, e compendiando la Tebaide di Stazio, l'Iliade, le storie di Ditti e Darete, l'Eneide, Tito Livio, Lucano, la favola confonde alla storia; e la favola e la storia da altri narrate, egli a suo modo rinarra, ed ora le altera senza infiorare, ora le veste di colori più vivi. Così nell'atto di descrivere la discesa d'Enea nell' Inferno, egli accoppia le pitture di Virgilio con quelle di Dante, senz' attenersi all' ordine de' supplizii imaginato da questo nè da quello; e nuovi a suo piacere ne inventa; e tanto fa insomma che crea un nuovo Inferno. Scendiamo con esso, se non vi dispiace.

• Cosi andando per questa entrata, trovarono

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