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ALCUNI PASSI DEL CORTEGIANO

DIVERSI DALLO STAMPATO,

TRATTI DAI MANOSCRITTI ORIGINALI DALL' ABBATE PIERANTONIO SERASSI.

PROEMIO DEL CORTEGIANO

A MESSER ALFONSO ARIOSTO

Fra me stesso lungamente ho dubitato, messer Alfonso carissimo, qual di due cose più difficil mi fosse; o il negarvi quello che con tanta instanza e per parte di un tanto Re più volte mi avete richiesto, o il farlo. Perchè da un canto parevami durissimo negare alcuna cosa, e massimamente laudevole, a persona che io amo sommamente, e da chi sommamente mi conosco essere amato; aggiungendosi il desiderio e comandamento di cosi alto e virtuoso principe: dall' altro ancor pigliare impresa, la quale io conoscessi non poter perfettamente condurre a fine, non mi pareva convenirsi a chi estimasse le giuste riprensioni quanto estimar si devono. Al fine dopo molti pensieri ho eletto più presto esser tenuto poco prudente ed amorevole per compiacervi, che savio e poco amorevole per non compiacervi.

Voi adunque mi ricercate che io scriva, qual sia al parer mio quella forma perfetta e carattere di Cortegiania, che più si convenga a gentiluomo che viva in corte di principi, e che possa e sappia perfettamente servirli con dignità in ogni cosa laudevole, acquistandone grazia da essi e da tutti gli altri; in somma, di che sorte debba essere quello che meriti chiamarsi perfetto Cortegiano, tanto che cosa alcuna non vi manchi. Il che veramente difficilissima cosa è tra tante varietà di costumi, che si usano nelle corti di Cristianità, eleggere la più perfetta forma e quasi il fior di questa Cortegiania; perchè la consuetudine fa a noi spesso le medesime

cose piacere e dispiacere; onde talor procede che li costumi, gli abiti, riti e modi che un tempo sono stati in prezzo, divengono vili; per contrario li vili divengono pregiati. Però si vede chiaramente, che l'uso più che la ragione ha forza d'introdurre cose nuove tra noi, e cancellare l'antiche, delle quali chi cerca giudicare la perfezione, spesso s'inganna. Conoscendo io adunque questa e molt' altre difficultati nella materia propostami a scrivere, sono sforzato a fare un poco di escusazione, e render testimonio, ch'io a tal impresa posto mi sono per non poter disdire, e più presto con volontà di esperimentare, che con speranza di condurla a fine: il che se non mi verrà fatto, voglio che ognuno intenda, questo errore essermi commune con voi, acciò che 'l biasimo che avvenire me n' ha sia anco diviso con voi; perchè non minor colpa si dee estimare la vostra, l'avermi imposto carico alle mie forze disuguale, che a me lo averlo accettato. Ma penso che l'errore del giudicio mio debba esser compensato con la laude d'avere obedito alle vertuose voglie del Re Cristianissimo, al quale non obedire saria grave fallo; attesochè felici chiamar si possono tutti quelli, a'quali esso comanda. E se a Sua Maestà è parso ch' io a tal' opra sia sofficiente, troppo prosonzione sarebbe la mia, volere col negarlo correggere e quasi condennare il giudicio suo, il quale potria, quando io mai non fossi, farmi bastante ad ogni difficile impresa; tanto sarebbe lo stimolo di ben fare e tanta la confidenzia di me stesso che io pigliarei, sapendo tale opinione di me essere nell' alto core del maggior Re, che già gran tempo sia stato tra Cristiani. Però siccome molta laude mi serà il verificare questa credenza, molto maggior biasimo mi saria lo ingannarla, per la ingiuria ch'io al mondo farei, essendo causa che errasse colui il quale pare che errar non possa, per essere dotato di quelle divine condizioni, che cosi rade volte in terra tra' mortali si ritrovano. Io adunque assai felice mi chiamo, essendo nato a tempo che lecito mi sia vedere un così chiaro Principe, che d'ogni virtute e di famosa grandezza possi non solamente agguagliare gli più celebrati che mai siano vissi al mondo, ma ancor superarli.

E piaccia a Dio, che questo animo eccelso e glorioso ivolga gli alti suoi pensieri a danni degli perfidi avversarii li Cristo; chè in vero un tanto Principe ragionevolmente degnar si deve di vincere minor nemico che un re di Asia tutto l' Oriente, e far minor effetto che rimover dal mondo na cosi inveterata e potente setta, com'è la Maumettana. Nè ad altro più si conviene vendicare le ingiurie fatte alla ede di Cristo, che al Re Cristianissimo; e se questo nome meritamente si hanno acquistato i suoi maggiori con le gloiose opere, e con tante vittorie che sempre saranno celeoratissime, esso deve chiaramente mostrare a tutto il mondo i essere degno successore non solamente dello stato e del home, ma ancora delle vertuti. E certo niente di più hanno avuto di grandezza, di regno, di tesoro, di uomini, li altri regi di Francia, che s'abbia questo; forse molto meno di alor d'animo e di buona fortuna, sotto l'ale della quale sempre felicemente combatteranno tutti quelli che seguir lo vogliono e pur tante volte hanno portate le lor vittoriose insegne in Oriente, con gravissimo danno degl' Infideli. Chè, lasciando li maravigliosi fatti di Carlo Magno, molti altri principi della nazione franzese, come Gottifredo, Balduino, Ugo, passorno in Asia, e per forza d'arme soggiogorno dal Bosforo e Propontide fino allo Egitto, e nella santa città di Jerusalem posero la sede del suo regno. Ragione è adunque, che questo magnanimo principe s'indirizzi a tanta gloria non per esempii alieni, ma domestici, e segua gli onorati vestigi de' suoi maggiori: dalli quali se l'Asia è stata con l'arme acquistata, e molti anni posseduta, non so come esso essendo vero erede, possa restar di non recuperarla dalle mani di chi con tanta ignominia del nome cristiano la tiene occupata. E se lo acceso desiderio di gloria dentro nel magnanimo cuor del Cristianissimo così si nutrisce, come a tutto il mondo pare, debbesi sforzar di provedere, che una tal occasione di farsi immortale non gli sia di mano tolta: perchè niuna espedizione al mondo ha in sè tanto di laude e di onore, e così poco di fatica. Nè dirò quanto più vaglia la nostra milizia che la loro, e come in quella regione siano pochissimi lochi forti, e che tutta la Grecia e la maggior

parte dell'Asia sia piena di Cristiani, li quali non aspettano altro nè altro con tante lacrime giorno e notte pregano Dio, che levarsi dal collo il giogo gravissimo di cosi misera servitute. Potria adunque, per questi e per altri rispetti, una cosi onorata preda movere l'animo di qualch' altro potente Principe; come già videro i padri nostri Mattia Corvino di Ungaria, il quale con dodici mila Ungari ruppe e disfece sessantamila Turchi, ed entrato nel lor paese con foco e ferro in gran parte lo rovinò, e con essi sempre mantenne mortal guerra, e cosi spesso li vinse e con tanta uccisione, che non osavano pur accostarsi al Danubio. Ma oltre gli altri stimoli che punger devono il cor del Cristianissimo, non è ancor asciutto il sangue di quelli poveri Franzesi, che all'età nostra cosi crudelmente e con tanti inganni furono morti a Metelin da questi perfidi cani; nè conviene a Sua Maestà lasciar quelle anime senza vendetta, e massimamente contra tali e così universali inimici. E se 'l re d'Aragona, che ancor vive, cosi lungamente ha avuta guerra con Infideli, e per forza subjugato il reame di Granata, e ridottolo alla fede di Cristo; dipoi, mandato esercito di là dal mare, con tanto onor della nazion spagnuola e danno de' Mori, ha preso per forza porti e nobilissime città d'Africa: che pensiam noi che debba fare il Cristianissimo, giovane magnanimo, potentissimo, sull' arme, avendo inanzi agli occhi una molto più gloriosa impresa, cioè tutta l'Asia, e la recuperazione del Sepolcro di Cristo, della quale tante volte dagli suoi maggiori gli è stato mostrato il cammino? Seguasi dunque ormai dove chiama il cielo e la fortuna, e le meschine voci degli afflitti popoli cristiani di Grecia ed Asia, li quali tosto che il nome solo di Franza giunga tra loro, levarannosi in arme, ed apriranno il cammino a quella benavventurata vittoria, che agli vincitori darà fama immortale, ed agli vinti eterna salute di modo che al Cristianissimo più presto incontra si verrà con feste, pompe, doni ed infinite ricchezze, delle quali più ch'altra parte del mondo quella regione è piena, che

con armi.

E certamente già parmi vedere quel tanto desiderato giorno, che 'l Cristianissimo, dopo l'aver traversato tanti paesi,

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