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minato vescovo della Chiesa universale, titolo ad ognor contraddetto da essi oratori: e che v'erano altre cose assai dalle quali necessariamente si raccoglieva ch' egli soprastesse al concilio, contro all' opinione di Francia e della Sorbona, sempre difesa quivi da essi unitamente col cardinal di Loreno, e co' vescovi, e co' teologi francesi che non erasi tenuta in conto la protestazione fatta dal re Arrigo nell'adunamento di Giulio: che di quella la quale dicevasi interposta a preservar le ragioni della chiesa gallicana, gli ambasciadori non aveano potuto aver copia: e che, ducendo le molte in poche, s'erano aumentatii vantaggi di Roma; ed essi non avevano impetrate pur la minima delle lor petizioni. Tanto diverso intelletto mostrò il Ferier, quando stimò inaridite le sue speranze col papa, da quel che mostrava col Gualtieri quando elle fioriano.

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Per contrario il papa mise ogni industria affinchè 'I concilio fosse ricevuto da tutti i signori cattolici. Somma prontezza esercitarono gl' Italiani: e specialmente la republica di Vinezia il fe promulgare (1) (1) Morosini nel libro ottavo.

fra le solennità della messa nella ducal basilica di s. Marco; e ne impose a'rettori delle sue terre l'osservazione. Onde Pio, in argomento di grato affetto verso il zelo mostrato dalla signoria per tutto il processo di quella santa opera, assegnò agli ambasciadori vineziani in Roma il magnifico palazzo edificato già per uso degli stessi pontefici da Paolo II figliuolo di quella patria, presso la chiesa del santo lor protettore. E ciò fe con un Breve di proprio suo movimento, ornando quivi di chiare lodi la pietà di que' senatori, e l'egregia loro osservanza verso la sede apostolica.

Ma come ad impresa di maggior mole, volse tutto l'animo a conseguir lo stesso da' principi oltramontani, e massimamente dalle due principali corone. Era tornato in Francia alla sua nunziatura Prospero Santacroce, rapportando alla reina la pronta volontà e le diligenze del pontefice per esecuzione del colloquio da lei sommamente desiderato. Ed in questa buona disposizione le fe ogni più nervosa instanza per l'accettazion (1) del concilio,

(1) Tutto appare da moltissime lettere del San

convocato e celebrato dal papa a richiesta di sua maestà con tanto travaglio suo proprio e di tutto il mondo cristiano. Ma in principio la reina prese tempo con dire, che le convenia vederne i decreti, e udirne il cardinal di Loreno. Fatto l'uno e l'altro, andò ella prolungando gl'indugi sotto titolo che non compariva la confermazione del papa; onde s'egli volea spazio a deliberarvi, molto più dovea concederlo altrui. Venuta la confermazione, rispose, non sapersi ancora se'l re di Spagna l'accetterebbe e affermando il nunzio che s'avea certezza del si; nondimeno la reina diceva di ricever novelle contrarie, forse per non dispogliarsi di questo manto. Ma era il vero ciò che'l Santacroce le riferiva: imperò che subito dopo la conclusione il pontefice ne diè contezza al re Filippo col mezzo del nunzio Visconti; facendogli veder le necessità che avevano costretti i padri di non aspettare il consentimento espresso della maestà sua, ma giovarsi del presunto: tutto esser proceduto con somma concordia, senza mancarvi altro compi

tacroce al cardinal Borromeo e al segretario Gallio da' 7 di gennaio fin a' 23 di luglio 1564.

mento che la soscrizione del conte di Luna (1): ma sperarsi che questo difetto del ministro rappresentante sarebbe supplito con abbondanza dall'autorità del principe rappresentato. Nè l'instanze furon vane: però che Filippo, esaminato il negozio nel suo consiglio, fece ricevere il concilio in tutte le chiese di Spagna, e successivamente negli altri suoi principati, come tosto più ampiamente ci toccherà di ridire. La reina di Francia, sentendosi poi stretta da quest'esempio, cominciò a schermirsi prendendo a scusa, che più gagliardo cibo può digerire lo stomaco d'un corpo sano com'era il regno di Spagna, che d'un infermo com'era quello di Francia. In contrario il nunzio: che anzi ha maggior bisogno del medicamento l'infermo che'l sano. Venendosi alla specificazione, le difficultà potissime che poneva innanzi la reina, e'l grancancelliere, eran due.

La prima, il divieto di dare i beneficii de' regolari in commenda; poichè il re per tal via s'obligava moltissimi uomini principali del cui aiuto avea mestiero in

(1) Lettera del cardinal Borromeo a'due nunzii di Spagna, a'16 di febraio 1564.

que' frangenti. E il grancancelliere non si ritenne dal dire al nunzio, che 'l cardinal di Loreno, dopo aver egli pieno il ventre, voleva prescrivere agli altri il digiuno.

La seconda difficultà più generale era la tema di provocar gli ugonotti, percossi dal sinodo con tanti anatemi: la qual tema giunse a segno, che la reina, nulla più abborrente che ogni aura la qual potesse turbar quel mare, non volea permettere al nunzio il distribuire a' prelati le copie impresse del concilio: dicendo, che non meno essi le aveano altronde senza farne quella pomposa dimostrazione. Ma il nunzio non rimase per tutto ciò dall'effetto.

Mostravasi dalla reina in questi trattati un animo imbruschito in lei ed in tutta la Francia verso il pontefice, perch'egli teneva sospeso il litigio della preminenza in Roma tra gli ambasciadori delle due corone, quasi ciò fosse più tosto spogliamento di possessione, che tardamento di sentenza. Imperò che il papa s'era astenuto gran tempo (1) sotto mostra di con

(1) Tutto sta in una del nunzio al cardinal Borromeo, e in un'altra al segretario Gallio da Cialon a'24 d'aprile 1564.

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