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ART. 493 Quindi il gior no dieci agosto del l'anno 1759 morendo Ferdinando sesto re di Spagua, fu a quel trono chiamato Carlo terzo che lasciando il regno delle due Sicilie al suo terzogenito Ferdinando di età di circa otto anni, si condusse seco lui Filippo il primogenito che era debole, il secondo figlio Carlo per dovere in quei stati in sua vece subentrare, e tutto il resto della famiglia. Sicchè questo atto solenne fu da re Carlo firmato nel giorno sei ottobre del detto anno; e per cagion della fanciullezza del nuovo principe, una reggenza formossi di più ministri, fra' quali il siciliano Stefano Reggio principe di Aci primeggiava volendosi l'educazione del giovane re al duca di Santo Nicandro affidata (1). In tal guisa questa esaltazione di Ferdinando in tutto il regno festeggiossi; e per conseguenza anche a Catania, come era stato dal vicerè ordinato.

ART. 494-Questo medesimo anno 1759 correndo, essendosi dichiarate esenti dalle dogane le sole città di Palermo e Messina, i Catanesi le loro franchige mostrarono reclamandone i dritti. Talche il tribunale del real patrimonio eccheggiando alle loro ragioni, con sua sentenza del nove settembre decise, che francati da qualunque pagamento di dogana restassero.

ART. 495

- In appresso l'anno 1763 avvegna

quest' epoca altre otto eruzioni, ma non di grande impor

tanza.

(1) BOTTA Storia d'Italia tom. 5, lib. 1, ann. 1789, pag. 158.

Tom. IV.

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chè una cattiva ricolta fosse avvenuta ed una orribile carestia si patisse, i proprietari dei grani delle circostanze profittando, vendere i loro generi a prezzi esorbitanti volevano; ma il governo në fissò il calmiere: il che addoppiandone la diffalta, la tumultuazione in sessantaquattro comuni produsse (1). Laoude furono spediti tre vicarî generali nei tre valli à disotterrare i già seppelliti cereali, a curarne la vendita al prezzo stabilito, e la quantità calcolarne alla meglio per lo pubblico sostentamento bisognevole. Allora il marchese Cannata andò nel valle di Mazzara, Ignazio Rizzari catanese in quello di Demone, ed il barone Rosabìa in quello di Noto; e fu parere che in Sicilia mancassero per la generale provvista 128000 salme di grano (2). Ed imperocchè in Napoli ed in parecchi paesi italiani sentivasi la fame, laddove in Francia ed in Ispagna non vi era abbondanza, ed in Inghilterra la estrazione de' frumenti era proibita, l'aiuto che la Sicilia ricevette, da' soli contorni del levante lẻ venne. Perlocchè il grano tocco le once dieci là salma, durando tale angustia sino a maggio 1764, dopochè le città bastantemente se ne provvedettero. Morirono in queste penurie più di trentamila infelici, la maggior parte nel valle di Noto e nella città di Modica, benchè fossero delle contrade feraci dell' isola e lo disagio de' viveri sì e a tal termine ogni cantone disertò, che la memoria delle passate ubertose raccolte si spense, e la sterilità vin

(1) VILLAB. Stor. ricer. tom. 1, pag. 336. (2) DI BLASI Stor. eron. tom. 3, part. 2, pag. 14.

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se del tutto la trapassata dovizia. E mentrechè nell'universale la fame sì oltre montasse che in ogni angolo di miseria si periva e di stento, Catania non fu con tanta ferocia da tal mostro danneggiata nè si grave guasto ne risentì; mercecchè il vescovo Ventimiglia i principi di Biscari e Cerami ed altri nobili le loro case aprirono ad ospiziare i miserabili, e le loro borse a profonder loro sovvenzioni e soccorsi. Or siccome la miseria renduti frequenti avea i piccoli ladronecci, il re pubblicò il dì undici agosto 1764 un indulto per tutti i furti al di sotto di once tre e tarì dieci, commessi in questi luttuosi tempi, per tal convenente che i rei ritirarsi nelle loro rispettive patrie fra lo spazio di due mesi dovessero. Nè questi soli infortunî bastarono; diversi gittamenti etnei accaduti nel 1759, 1763, 1764 e 1766 incenerire minacciarono Catania e le proprietà de' suoi cittadini (1).

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ART. 496 Con tutto ciò nel 1768 re Ferdinando con Maria Carolina di Austria il sette aprile in matrimonio congiungendosi, il sollazzo ed il festeggiare nuovamente moltiplicaronsi in Sicilia; ma i Čatanesi emulando gli antichi Romani che ergevano archi trionfali ne' fausti avvenimenti dei loro imperadori, una gran porta innalzarono a dover servire di prezioso monumento storico e di testimone perenne dell' amore e del rispetto della città di Catania verso i suoi sovrani. O quanto tali opere non arrecanó immortalità a chi sono dirette ed a coloro da cui sono state architettate! La direzione

(1) HOVEL. RECUPERO.

ai sulledati principi Ignazio Paternò Castello Biscari e Domenico Rosso Cerami venne affidata, formandone il disegno l'architetto Stefano Ittar (1). Fattamentesi tale porta al fine dell'allora nova strada che a ponente conduce e guarda il prospetto della cattedrale fu situata: chiamasi ferdinanda dal nome del re, anche tal denominazione alla strada tutta partecipando (2). Questo monumento ha due ordini l' inferiore toscano, il superiore attico; il il primo nell' interno viene addobbato da quattro colonne di marmo e di due nicchie destinate per due statue: nel secondo evvi un' aquila di marino bianco che ebbe nel decorso del tempo un'ala da un fulmine mozza. Nell' esterno la prospettiva è considerata come bellissima, trovandosi

(1) Costui fu padre dell'attuale ingegniere Sebastiano Ittar, di quel desso che rilevò le antiquità catanesi a questa opera annesse, ed ha eccellentemente delineata l'attuale Catania.

(2) Questa strada detta oggi ferdinanda terminando prima al monastero attuale di s. Chiara, prolungata venne sino a quel punto, ove la porta si costrusse. La sua lunghezza è di canne settecento cinquanta e la sua larghezza di canne sei, così bene lineata che non tiene seconda. Oggi è tutta fiancheggiata di palagi magnifici e di superbi edificî, e tuita per la sua estensione lastricata. Traversa la piazza san Filippo, la quale è di forma quadrangolare circuita da un portico adornato di colonne marmoree, che per lo avanti parte facevano della curia e delle carceri, tenendo ogni suo lato di canne venti. Nel di sopra evvi una grande balaustrata di pietra bianca, tutte le fabbriche di ordine dorico formandovi uniforme simmetria. Onde questa piazza è riguardata dagl' intendenti di architettura come uno de' buoni pezzi architettonici del regno ( Tavola ottava).

vi, un eccellente ordine di balaustri allogati insieme con alcuni piloni e posti in conveniente distanza; e sopra, varî trofei con questi motti Litteris armatur, Armis decoratur (1), e nel centro due mezzi busti del re e della regina coll' iscrizione Optimo Principi S. P. Q. C. aedilium cura fausto conjugü anno 1768. Devono fare spalla a questa magnifica porta per vie maggiore ornamen to due torrioni dell' istesso gusto che dalla parte esterna con tutte le fabbriche simmetriche renderanno leggiadra quella semicircolare piazza (Tav ola sesta) (2).

ART. 497 Oltracciò nel 1772 Catania conseguì altro vantaggio, dappoichè il monarca a misu

(1) In tale iscrizione si vede la situazione politica di Catania, e l'indole de' suoi cittadini. Questo paese aperto da per ogni dove, in nulla è buono per punto militare, perciò le armi vi servono di decoro ed ornamento: i Catanesi in questa lor patria quieta tranquilla lontana da' rumori e dalle divagazioni si danno ordinariamente alle lettere, e conseguentemente hanno in ogni epoca ricevuto distinzioni eð

encomî.

(2) In questa piazza hanno l'ingresso due strade frequentatissime di campagna l'una conducendo a Siracusa e in tutto il val di Noto, l'altra dirigendosi per Misterbianco Paternò Licodia Biancavilla Adernò, dove va ad unirsi con quella consolare di Palermo e Messina. La seconda ridotta carrozzabile fu allora Favara denominata; la prima nonostan techè carrozzabile tuttavia non fosse, pure mercè la filantropica solerzia del dottor Carmelo Recupero è di facile traghetto, tolti essendosi a spese comunali i sì detti mali passi di Villallegra per lo spazio di un miglio. Un raggio di questa seconda detto volgarmente della Bicocca a momenti deve formare la via provinciale per uso delle carrozze, la quale da questo capo luogo condurrà a Caltagirone.

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