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gnone. Le spoglie di Monza abbandonata per tre di all'avara ferocia e lascivia loro, pagarono largamente quel servigio (1). Così stette lo Stato in balia ai soldati stranieri ed a' patrizii ribelli. Ma in capo a un mese Lodrisio si accorse, che era assai meglio obbedire a un solo che a mille; e tosto instigò con maggiori lusinghe i mercenarii a disfare il malfatto. Nè questi irritrosirono al secondo tradimento; sicchè come aveano tolto la signoria a Galeazzo Visconti, con non minore facilità gliela ridiedero.

Ciò non per tanto non cessò ne'mercenarii viscontei il prurito delle defezioni. L'anno dopo, approssimandosi l'esercito della Chiesa ad assediare Milano, s'in- A. 4323 dussero per certa somma di denaro a promettere al Legato di tradire e far prigione il proprio signore; e già occupata la corte e gli aditi del palagio, erano sul punto d'invaderlo, quando sopraggiunse a disperderli Marco Visconti colle milizie delle città amiche. Pure fu uopo concedere assoluto perdono a tutti i colpevoli (2); posciacchè a tale erano già pervenuti questi venturieri, che vincendo tutto ottenevano, vinti non potevano venir castigati. Galeazzo, affine di mettere un buon riparo alla loro arroganza, chiese ed impetrò a soldo 600 cavalli da Lodovico il Bavaro eletto re di Germania.

Nè miglior disciplina o fede di que' dentro mostravano i venturieri del campo assediatore: anzi ora tu

(1) Boninc. Morig. Chr. Modat. II. 22. III. 7. 11. 12.-Manip. flor. c. 361.-G. Vill. IX. 179.

(2) Boninc. Morig. Chr. Modet. III. c. 14. 21. (R. I. S. t. XII.)

li avresti veduti inclinare segretamente alla fazione. ghibellina de' Visconti, ora dividersi per nazioni, e Tedeschi, Guaschi, Provenzali e Borgognoni insorgere tra loro a sangue e a zuffa; e questi, impazienti dell'inopia e delle infermità, fuggire a schiera fatta dentro Monza, e quelli entrare in Milano a bandiere spiegate, e consegnare per sopraggiunta al nemico le terre commesse loro in custodia (1). Marco Visconti medesimo, ancorchè in grandissima stima e affetto presso tutti, dovè mirare nel proprio campo una terribile dissensione tra i suoi soldati dall'alta e quei della bassa Germania, a motivo delle maggiori paghe godute da'primi: per conclusione della quale ben 500 uomini si partirono di un fiato chi per ritornare in patria, chi per seguitare le insegne nemiche della Chiesa. Quando poi Marco ebbe vinto a Vaprio in febbraio giusta battaglia gli Ecclesiastici, e fattovi prigione 1324 Enrico di Fiandra loro capitano, costui non solo trovava modo di fuggirsene; ma ancora trascinava seco a diserzione gran parte delle soldatesche vincitrici (2).

-1323

VII.

Ma a che andiamo noi ricordando questi progressi A. 1322 della insolenza degli stipendiarii, quando già nel bel mezzo d'Italia era apparsa una compagnia di ventura? Volgeva al suo termine l'anno 1522, quando i Tolomei fuorusciti di Siena mediante l'appoggio del vescovo d'Arezzo e di certi loro amici fiorentini, corrompevano per via di denari a seguitarli cinque co

(1) Boninc. Morig. III. 18. 19. 20. — G. Vill. IX. 211.
(2) Boninc. Morig. III. 22-32. - G. Vill. IX. 230.

nestabili, che militavano al soldo di Firenze. A questa gente unironsi parecchie masnade d'Arezzo e di Orvieto. Allora si fecero chiamare la Compagnia, e in numero di 500 a cavallo, e molto più fanti, occuparono Asinalunga e Turrita, e discorsero a preda ed a ruba il contado Senese. La città per questo accidente fieramente atterrita domandò in fretta soccorso a' suoi alleati, assoldò gente e creò capitano di guerra Ruggiero de' conti Guidi; del resto risolse di non opporre alla Compagnia altra cosa che la fame e alcune brevi scaramuccie. Il savio consiglio consegui appieno l'effetto desiderato: dopo aver consumato il verno nelle ruberie, quella turba accogliticcia, non potendo più reggere alla miseria, si parti e disperse nella Marca e in altri siti (2).

Così cominciò, così fini la Compagnia di Siena : ma altre ben più durevoli e più tremende dovevano sorgere in breve. Che se la mancanza di esempi, un non so qual rispetto dell'antica milizia e disciplina italiana, la continuazione incessante della guerra, la diversità di patria e di costumi avevano finora trattenuto i venturieri dall'accozzarsi in un gran corpo, e sotto un sol capo procedere a guerra di preda e di sterminio, era molto prossimo il tempo, in cui tutte queste difficoltà si sarebbero dileguate. Bastava che una pace li rimuovesse dagli stipendii soliti, bastava che un forte guerriero col mettersene alla testa soffocasse le private loro gelosie, bastava che la calata di qualche

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principe tedesco accrescesse un tantino il numero e l'audacia loro, e mettesse in viva luce le occulte magagne degli Stati d'Italia; e tosto le Compagnie di Ventura si sarebbero stese, come turbini infausti, sulle nostre contrade. Noi siamo adunque per contemplarne le prime fazioni.

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I. Calata di Lodovico il Bavaro. Compagnia del Ceruglio. Marco Visconti presso di essa. Presa e vendita di Lucca.-Calata di Giovanni re di Boemia. Compagnia della Colomba.

II. Origine della compagnia di s. Giorgio. Lodrisio Visconti la guida contro Milano. Suoi disegni,

III. Battaglia di Parabiago. Il Malerba nel Canavese. IV. Origine della gran compagnia. - Il duca Guarnieri. Ettore da Panigo. Mazarello da Cusano.- La gran compagnia parte da Lucca.

V. La gran compagnia a fronte della Lega sul Lamone. Tentativo del Panigo. Presa di lui e del Malerba.

La gran compagnia in Lombardia. Per denari si risolve. Ultimi fatti d'Ettore e di Mazarello.

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