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ciò che si tenesse consiglio della risposta. Le sue parole ebbero tanta efficacia, che trasser le lagrime a' più vecchi e più ze lanti senatori. E 'l re, veggendo la disposizion favorevole ne'sembianti, vietò al Commendone il partirsi, dicendo, ch'essi avrebbono dette loro sentenze in pollacco, e però segretamente quantunque da lui uditi. L'Ucangio, che otteneva la prima voce, confortò che si rispondesse generalmente, volersi considerare la contenenza del libro, e poscia determinare. Ma questo parere fu ascoltato con fremito dal più degli altri, i quali riputavano indegno, che il senato volesse farsi giudice sopra il concilio. El re, sentendo il comun volere in un piano ma universale bisbiglio, disse, non far mestieri sopra ciò di maggior conferenza, però che egli poteva testificare che 'l nunzio non era venuto quel giorno con apparecchio d'orare nel senato: onde quell'affluenza e quella gagliardia del suo copioso ragionamento dovea riconoscersi come posta in sua bocca dal cielo. Così, senza addimandarne ad uno ad uno i giudicii, affermò, parergli conveniente che 'l volume di que'santi de

creti fosse accettato ed osservato. Ed applaudendo a ciò quasi tutti i senatori ad una voce, questa risposta fu renduta secondo il rito dal vicecancelliere al nunzio, con aggiunta di molte parole gravi in sua laude.

Giovami di terminar qui la mia narrazione con un protesto a salvezza dell' altrui fama: ed è tale. In ciò che appartiene al suggetto principal di quest'opera, io so d'aver fatte le maggiori diligenze che permetta la condizion umana: onde mi confido di non aver presi errori, o almeno, nè molti nè gravi. Ma negli altri raccontamenti accidentali e quasi episodici, ancor ch'io non abbia scritta parola senza attenermi alla fede di probabili autori, con tutto ciò, perchè nella vita mortale la scarsezza si del tempo, sì delle forze è cagione che non s'usi il sommo della cura in tutte le parti d'un gran lavoro, può men difficilmente essere avvenuto che in alcun luogo io mi sia scostato dal vero, benchè nè per volontà, nè con temerità. Onde se in queste frangie, per così dirle, della mia tela patissero offesa i nomi di chi che sia, non intendo che a danno loro

il mio detto aggiunga nuovo peso a quel che hanno per se stessi gli scrittori da me prodotti, come soglio, in testimonianza. E mi recherei a ventura di trovar con processo di tempo, che le persone aggravate ivi di qualche colpa o difetto, ne fossero per verità state esenti, onde a me convenisse disdirmi: parendomi assai più appetibile nell'esercizio della giurisdizion competente o alla potenza, o alla penna, l'ufficio di rimunerare che quel di punire: e avvisandomi che ogni giudice non inumano s'allegrerebbe, se gli accadesse di dover per novelle prove rivocare alcuna condannazione da se in virtù de'primi atti legittimamente pronunziata.

FINE

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Fr. D. Buttaoni O. P. S. P. A. M.

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Ioseph Canali Patr. Constant. Vicesg.

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