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delle istruzioni a ragione si esprime « Il ne faut pas qu'il existe un seul monument, un seul fragment de ruine sons qu'il en soit fait mention, ne fût-ce que pour constater qu'il ne mérite pas d'être étudié.

Il comitato inoltre a miglior comodo degli studiosi, e di coloro che prendono parte ai suoi lavori ha redatto un manuale, o piuttosto una serie di manuali che comprenderanno tutta l'archeologia nazionale nelle sue divisioni.

Ancora; non è stata obliata una delle forme importanti dell'arte cristiana, cioè la musica, ed il sig. Bottée de Toulmon ha compilato memorie su questo soggetto, che mostrerà le forme degli strumenti di musica, e i diversi sistemi di note del medio evo.

Con queste varie istruzioni dettate dai signori Vitet, Mérimée, Leprévost, Lenormant, Albert Lenoir, Bottée de Toulmon, Didon, il comitato si è anche proposto di fissare una terminalogia, che essendo stata finora incerta, potrebbe dell' archeologia fare anche nella forma una scienza rigorosa. Non bastando poi al bisogno queste istruzioni pubbliche, il comitato ha chiesto che i nominati Lenoir e Didron dassero pubblicamente corsi di archeologia nazionale nella biblioteca del re, perchè il popolo concorrendovi imparasse meglio ad apprezzare i suoi monumenti e guardarli con rispetto; il ministero ha dato subito il suo assentimento, ed il numeroso uditorio giustifica la saviezza della determinazione. La quale certo sarà imitata nelle provincie, e già in fatti il seminario di Troyes istituì una catedra di archeologia cristiana accanto a quella della teologia.

Il sig. presidente de Gasparin nel suo rapporto aggiunge un lamento sulla poca cura che si ha in Francia delle opere pubbliche, sulla incessante loro rovina, sulla barbarie con cui si distruggono dalle mani di uomini che pure vogliono esser chiamati civili, sulla negligenza del riparare quelle che per la lunghezza dei secoli cedono sul loro

peso, sulle irreparabili e immense perdite fatte dalla nazione nei tempi passati, e su quelle a cui sta vicina. Ha addotto infiniti esempi di ciò, ha mostrato quante fatiche abbia speso il comitato per conservare quelli che fosse possibile, ha proposto infine alla pubblica autorità molti mezzi di conservazione per essi; uno dei quali si è che in quelli che hanno maggiore celebrità ed importanza si legga scritto col mezzo di una tavola in bronzo l'età in cui sorsero, e il loro valore estetico e storico perchè il pubblico possa apprezzarli e conservarli. Sono state inoltre dal ministero prese misure le più energiche, e date disposizioni pronte e precise perchè il paese non s'abbia, come tanti altri, a degradare con demolizioni che svergognano il secolo. Ancora il ministro dell'interno ha accordato ampio e conveniente locale al comitato per riunire frammenti ed opere di antichità cristiane, già tolte dalle chiese e da altri luoghi rovinati, o rinnovati. I ministri del culto e della guerra, aggiuntisi volentieri a quelli della istruzione pubblica e dell' interno hanno offerto al comitato il concorso del proprio potere per secondarlo, e le autorità ecclesiastiche e l'amministrazione municipale han fatto il medesimo.

Le vedute del comitato non si sono ristrette soltanto a quello che ho discorso, ma io per non essere troppo lungo accennerò nel finire altre due disposizioni sole. L'una si è che quando un monumento all'improvviso e prevenendo ogni riparazione rovini, un architetto ed altri artisti debbano essere spediti sul luogo a studiare le cause della caduta per farne norma alla salvazione degli altri, a prendere le piante e i disegni dell'edificio fin dove è possibile, per conservarne memoria alla scienza, e per salvare intere o non intere le opere d'arte e tutt'altro che possa importare. L'altra è la disposizione che gli edificii pubblici e specialmente le chiese non debbano accogliere nuovi monumenti, nè adoperare restauri senza approvazione espressa del comitato, il

quale saprà guardar bene l'onore del paese, della storia e dell'arte.

L'applauso della Francia, e l'eco della scienza in tutto il mondo rimerita giustamente le disinteressate fatiche del comitato delle arti e dei monumenti, e degli altri che compongono l'istituto storico destinato alla pubblicazione dei documenti della storia nazionale.

Ecco lo spirito che muove la pubblicazione francese, ecco le ragioni, i materiali ed i mezzi. Io trassi le importanti notizie che offro ai leggitori del Saggiatore da sette rapporti su quei lavori, presentati al ministro della istruzione pubblica, e resi di pubblico dritto a Parigi unitamente con altri due del sig. Francesco Michel, il quale in essi rende conto delle preziosità da lui trovate per la storia di Francia, specialmente negli archivi e nelle biblioteche dell'Inghilterra, nel viaggio che a questo fine imprese per commissione del governo. Egli aggiunge anche estratti lunghi e ragionati alle sue dotte relazioni, dalle quali si ha per conseguenza una idea bene esatta dei materiali raccolti e del loro valore storico. Essi però dovranno far parte di alcuna delle sezioni che compongono la società francese ; e quindi non volendo più trattenere i mieí leggítorí, mi riserbo a dar notizia delle fatiche del sig. Michel quando, parlando delle opere pubblicate, verrà la sua volta.

Auguriamoci che l'esempio della Francia sia imitato dalle altre nazioni; chè allora avremmo completa fin dove è possibile, la storia del mondo, e alla Francia resterebbe sempre l'onore di essere stata la prima a dare l'impulso.

ACHILLE GENNARELLI

LETTERATURA

DELLE PERMUTAZIONI DELLA POESIA

ART. IV.

Della dottrina favoleggiata in quanto è costitutivo comune della greca e romana poesia.

Passando ad esaminare il costitutivo e la forma in che si avvicina e come a dire s'incarna la poesia greca e la romana, dimorerò innanzi tratto in quello che mi pare qualità comune di ambedue, cioè l'uso della mitologia, e l'essere di materiale e invereconda che essa vestiva come ministra ed aiutatrice di un' abominanda superstizione. Perocchè i cantori di Atene e di Roma innestavano a' loro versi i raccontamenti e le fole della teogonia, il più delle finzioni poetiche attingevano al loro codice religioso, e alle loro deità attribuivano esteriore e visibile diriggimento delle umane cose in tantoche appena nella smisurata multitudine di loro composizioni una si troverà nella quale non abbia sua parte alcuno de' maggiori o de' minori numi che scaturivano da ogni polla e germogliavano in ogni arboscello. Fortunata la poesia, se coloro poichè sconoscevano, o per certo professavano di sconoscere l'infinito assurdo che egli è la pluralità della natura divina, avessero almeno spogliato i loro numi de' vulgari bisogni e delle basse cupidità che premono e padroneggiano la vita e il cuore degli uomini: e più fortunata, se avessero posto mente all'assoluta necessità di un Dio in finito negli attributi suoi e per conseguente unico nella sua natura: perocchè con quella pratica che mantenevano, di chiamare in ogni avvenimento la cooperazione della divinità, avrebbero configurata la poesia a maestà di sembianze, e impresso nella sua fronte il suggello della grandezza nativa.

Per contrario attribuendo all' essere beato degli dei il commuovimento e il delirio delle umane cupidigie, e commischiando nella loro teogonia elementi di grandezza celeste e di bassezza terrena, operarono che la poesia addivenisse una mischianza di strane fole e di sogni ridicoli, e che in un istesso tempo portasse diadema di regina e cercine di

schiava, e le oneste bende di matrona e la fiorita veste di cortigiana. Nel che la più parte de' poeti di Grecia segnatamente Omero ed Aristofane a gran pezza superarono i poeti di Roma. E già quanto si appartiene ad Aristofane, niuno lo scusa dello avere invilita nelle sue comedie e beffeggiata la divinità: e più cresce la sua fellonia chi consideri avere lui fatto quel tanto che rimproverava a Socrate, quantunque con diverso intendimento: perocchè questi voleva bandeggiate le divinità, se pure è vero che ciò volesse (1), per ricondurre i suoi concittadini alla conoscenza di un Dio, quegli le bergolinava per satisfare alla empiezza dell' animo e provocare le risa del volgo. Nel rimanente questo intendimento di Aristofane, comecchè il mostrasse uomo oltre ogni estimazione irreligioso e libertino, ciò non pertanto non recava tanta ferita a quella ragione di poesia che egli trattava, vò dire alla commedia satirica, quanta Omero alla gravità della epopea con lo immaginare discordie e nefandezze vituperevoli ne' mortali, ma ne' celesti incredibili e assurde. Nel fatto delle omeriche divinità ho letto e riletto varie scritture di sapienti filologi, e confesso che niuna di esse, nè la somma di tutte potè sbarbicarne dell' animo la opinione in che ero venuto, del non essere per verun modo escusabile la macchina de' poemi di Omero. Perocchè ragionavo in questa forma: ne' tempi di Omero o correvano presso il popolo dell' Asia minore e della Grecia quelle opinioni intorno alle divinità, o non correvano se correvano, Omero che le seguitò no' suoi poemi, ne sembra scusabile, laudabile non mai; se non correvano, egli attribuendo loro tante sconcezze e turpitudini si attirò lo spregio e la indegnazione degli avvenire. Ora egli è fuori dubbio che a' tempi di Omero, anzi nè prima nè dopo lui non mantenevano i Greci somiglianti credenze intorno alle divinità: estimavano si che elle fossero molteplici, che avessero svariati e distinti gli ufficii che quanto alle passioni e necessità naturali del dormire del pascersi del generare somigliassero l'umana natura, ma non già che avessero indole così animalesca e villana quale si finge di Omero. Perchè e le divinità e la più

(1) Socrate avanti morire compose un iuno in Appolline. V. Plat. nel Fedone.

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