Poi altre vanno via senza ritorno, Altre rivolgon sè, onde son mosse Ed altre roteando fan soggiorno; Tal modo parve a me che quivi fosse In quello sfavillar che insieme venne, Si come in certo grado si percosse; E quel che presso più ci si ritenne, Si fe sì chiaro, ch'io dicea pensando: lo veggio ben l'amor che tu m' accenne. 40 45 Ma quella, ond'io aspetto il come e il quando Del dire e del tacer, si sta; ond' io Contra il disio fo ben ch' io non dimando. Perch' ella, che vedeva il tacer mio 50 Nel veder di Colui che tutto vede, Mi disse: Solvi il tuo caldo disio. Ed io incominciai: La mia mercede Non mi fa degno della tua risposta, Tu hai l'udir mortal, sì come il viso, Discesi tanto, sol per farti festa 55 60 65 Col dire, e con la luce che mi ammanta; Nè più amor mi fece esser più presta, Ma l'alta carità, che ci fa serve Io veggio ben, diss' io, sacra lucerna, Ma quest' è quel, ch' a cerner mi par forte, Perchè predestinata fosti sola 70 75 A questo uficio tra le tue consorte. Che del suo mezzo fece il lume centro, 80 Poi rispose l'amor che v'era dentro: Luce divina sovra me s'appunta, Penetrando per questa ond' io m'inventro. La cui virtù, con mio veder congiunta, Mi leva sovra me tanto, ch' io veggio La somma Essenzia, della quale è munta. Quinci vien l'allegrezza ond' io fiammeggio, Perchè alla vista mia, quant' ella è chiara, La carità della fiamma pareggio. Ma quell' alma nel ciel che più si schiara, Quel serafin che in Dio più l'occhio ha fisso, Alla dimanda tua non soddisfara; Perocchè si s' inoltra nell' abisso Dell'eterno statuto quel che chiedi, Che da ogni creata vista è scisso. 85 90 95 E al mondo mortal, quando tu riedi, Questo rapporta, sì che non presumma A tanto segno più muover li piedi. La mente che qui luce, in terra fumma; 100 Onde riguarda come può laggiue Quel che non puote perchè 'l ciel l'assumma. Ch' io lasciai la quistione, e mi ritrassi 105 Tra' duo liti d'Italia surgon sassi, E non molto distanti alla tua patria, 110 Disotto al quale è consecrato un ermo, E Pietro Peccator fui nella casa Poca vita mortal m' era rimasa, 115 120 Quand'io fu' chiesto e tratto a quel cappello, 125 Che pur di male in peggio si travasa. Venne Cephas, e venne il gran vasello Or voglion quinci e quindi chi rincalzi A questa voce vid' io più fiammelle Dintorno a questa vennero, e fermarsi, 130 135 149 CANTO VENTESIMOSECONDO. ARGOMENTO. San Benedetto parla al Poeta, e gli dice, ch'egli avea portato il nome di Gesù Cristo sul monte Cassino: oltre di ciò gli dà contezza di alcuni altri Beati che ivi erano. Poi Dante colla sua guida sale all'ottava sfera nel segno de' Gemini, onde si rivolse a riguardare i sette Pianeti inferiori, ed il globo terrestre. Oppresso di stupore alla mia guida Mi volsi, come parvol che ricorre Sempre colà dove più si confida. E quella, come madre che soccorre Subito al figlio pallido ed anelo Con la sua voce che il suol ben disporre, 5 Mi disse: Non sa' tu che tu se' in cielo ? 10 E io ridendo, mo pensar lo puoi, La qual vedrai innanzi che tu muoi. La spada di quassù non taglia in fretta, 15 Nè tardo, ma che al parer di colui, |