par'ancor ragioneuole che la grandezza, & la piccolezza, che s'han da prouar nelle cose amplificando, ò diminuendo, habbian li proprij luoghi applicati all'efler grade, ò all'esser piccolo: refponderei ef fer questo uerissimo, & che ueramente la grandezza, & la piccolezza confiderate come tali hanno ilor luoghi appropriati. ma per che all'Oraror non occorre mai di prouar la grandezza, ò piccolezza in se stefle come tali confidcrate, ma sol com'applicate ai fini dei tre generi di cause, cioè al giusto, all'ingiusto, all'honesto, al brutto, all'utile, & al danno, per mostrar'esler le cose grandemente giuste, ingiuste, ò simili; di qui è che Ariftotele nel fare scelta dei luoghi per la grandezza, & p la piccolezza, elesse solamente quelli che à tai fini applicar fi poteslero. Et così fatti luoghi furon da lui, & con seguentemente da noi assegnati nel Capo settimo del primo libro ap plicando la grandezza, & la piccolezza al fin del gener deliberatiuo, cioè all'utile, col quale fu da noi congiunto ancor'il bene affolutamente preso. Et della grandezza, & piccolezza dei beni, & confeguentemente dei mali furon quiui assegnati appropriati luoghi, & nó Yolo intorno all'esser'ò piccoli,ò grandi i beni assolutamente, ma ancor'in comparation l'un dell'altro, qual maggior bene, & qual minor stimar fi debbia. Quiui adunque furon posti i luoghi appartenenti alla grandezza, & piccolezza di cui ha bisogno l'Oratore, che è quella, che s'applica ai fini dei tre generi di cause; i quali tutti fon compresi sotto'l bene preso in conimune, nel modo che gli hauiamo per la sua grandezza, òpiccolezza assegnati i luoghi. Ma di questa materia hauiam pienamente trattato nel Capo decimonono di questo secondo libro; con render'insieme la caula, per che cilendo l'amplificare e'l diminuire cominuni à tutti tre i generi delle cause, st son'assegnati i luoghi della grandezza, & della piccolezza nel trattato del gener deliberatiuo, applicandogli all'utile, ò uer'al bene; & per qual cagion'ancora non effendo cosi appropriato, & cosi lonta no dal commune il mostrar'esser le cose grandi è piccole,com'il mostrarle esser giuste, ò ingiuste o fimili; hauiam nondimeno con la fomiglanza di queste, prouato che quelle ancor non sien cose communi, & luoghi communi. Di questo adunque & di molte altre cose appartenenti all'amplificare, & al diminuire hauendo à pieno ragio nato in quel Capo, lasciarò al presente di replicarle, & concluderò che l'amplificatione, & la diminutione essendo più tosto enthimemi, che luoghi communi d'enthimemi, nó s'ha da marauigliar'alcuno se trai communi luoghi non gli hauiam posti. Medesimamente non ha da porger marauigla ch'hauendo noi trattato abondantamente de : gli refutati ua. que quod gli Enthimemi prouatiui, o yer mostratiui, o ostensiui che gli uogliam chiamare; & hauendo loro assegnato i luoghi communi,on. de han da prender'i lor principij, noi al presente non trattiamo ancora de gli enthimemi discioglitiui,ò cófutatius che gli uogliam dire. conciofiache questo hauiam fatto, perche cosi fatti enthime- ἐδὲ τὰ λυmi discioglitiui, nó fon di spetie, ò di forma diuersi dai prouatiui: τικά. ne altra forte d'enthimemi ha da usar l'Oratore per confutare, che ueru nec egli s'usi per confirmare, seruendo li medefimi all'una cofa, & all'altra. Non è necessario adunque, che per disciogliere, & confutare si uada cercando qualche appropriata forte, ò spetie d'enthimemi, non fi trouando altra forte di quelli con cui si pruoua, & fi conferma. Percioche essendo già fatto manifesto per quel che sie δήλον γέρ detto nel precedente Capo, ch'altri modi per difcioglier' & confu-1. tar le pruoue dell'auuerfario, non si truouan che due; l'un de quali patet na consiste in prouar con opposti enthimemi il contrario di quello, che sia stato prouato da lun; & l'altro in addurre instantia contra ò della sua conclufione, ò d'alcuna delle sue premesse; in nessun dei detti modi è neceffaria nuoua, & appropriata spetie d'enthimemi differente da quella dei prouatiui. conciofiache quanto al primo αὐταποδί modo non accade di multiplicare spetie d'enthimemi per opporsi xo!. con essi all'auuerfario à prouar'il contrario di quello, che sia stato probat au da lui prouato; potendo la medesima sorte, & forma d'enthimemi feruir à noi, ch'habbia feruito à lui, peroche non harédo à far'altro coi lor'enthimemi ambidue gli auuersarij, se non l'un prouar'il con trario di quello che proua l'altro; cioè l'un prouar negando quel che l'altro pruoua affirmando: com'à dir sel'un pruoua la tal cosa effer fatta, l'altro proui che non sia fatta, & fe quel pruouache fatta non sia, questo proui che fatta fia; & se l'un pruoua la tal cosa esser vtile, l'altro proui che la sia dannosa, & fimili; certa cosa è che per far questo non è necessario di moltiplicar forme, & spetie effentiali di enthimèmi; nè di moltiplicar parimente luoghi communispotendo le medesime spetie d'enthimemi, e i medefimi luoghi loro ๕๕๑ มีท feruir'all'uno & all'altro degli auuerfarij: poscia che argomentan. qua ob re do essi per il più con uerisimili, & fegni, & rare uolte con cose neceffarie; rare conclusioni accadon lor di prouare, che dai luoghi communi assegnati non possin riceuer'aiuto à far'enthimemi nell'una & nell'altra parte, cioè in pro, e in contra. di maniera che ciaschedun degli auuersarij potrà ai medefimi luoghi andar cercando per principij, & semi dei suoi enthimemi; nè men l'un che l'altro ui trouerà quel che cerca, & trouandolo la medefima forma, & effen tial tem quod ut fi factu non obiectio etiam. tial figura d'enthimema potrà feruir'a tutti, non uariandosi, sennd per accidente; com' a dir, che l'un concluderà negando, & l'altro affermando, l'un con aiuto d'un luogo, & l'altro con l'aiuto d'un altro. Ecco dunque che quanto al primo modo di discioglier le-ragioni dell'auuerfario, che consiste in opporsi con enthinemi alle conclusioni prouate da lui, & prouar' il contrario di quelle, non è necessaria altra spetie essential d'enthimema, nè altri luoghi, che quella, & che quelli, che seruono al prouare, & al confirmare, di cui fie trattato fin qui lungamente. Quanto all'altro modo d'opporsi all'auuerfario, & di difcioglier le pruoue sue, il qual confifte in addurre instantie contra le conclufioni, ò premeste sue; già puo per se stesso ciaschedun conoscere, che tal modo di discioglier non è enthimema; hauendo noi dichiarato nel precedente capo non efser'altro l'obbiettione, & l'instantia, che vna propositione d'apparentcuerità, come che la sia nota per il senso, ò giudicata credi bile: la qual'adducendosi faccia conoscere ò che l'anuerfario non habbia con buon argomento concluso la sua conclusione, ò che qualche propositione habbia egli presa nel suo argomento più to. sto falsa che uera. Non si puo dunque l'instantia domandar'enthimema: & per cõseguentia non essendo altro modo di discioglier che ò questo dell'instantia, ò quello dell'opporsi con enthimemi, & l'instantia non eflendo spetie d'enthimema; & all'opporsi có en thimemi feruendo la medesima spetie di quelli, com'hauiam uedu to; ne fegue che non fa di mestieri d'inueftigar'appropriate spetie ip d'enthimemi discioglitiui, diftinte da i confirmatiui. Laonde powapaday- tiam hormai dar fine à quáto apparteneua di difcorrere & di tratta re intorno alle pruoue oratorie: peroche già hauiam detto à bastáza delle proue, che si fan con l'essempio, & delle spetie, & conditioni di quello : & intorno alle sententie ancora hauiam dichiarato quanti modi fi truouin di quelle, & che affinità le habbian con l'en.. thimema. Degli enthimemi parimente hauiam detto quanto occorreua p notitia della foftantia, & delle circostantie loro. Neha mam lasciato indietro l'assegnation dei luoghi donde habbia à uenir modo, & commodità d'hauer sempre abbondantia d'enthimemi, non folueri, ma apparenti ancora. Et per il difcioglimento loro hauiam detto tutto quello, che faceua di bisogno alla notitia di confutare & con enthimemi, & con instantie le pruoue dell'auuer sario. Et per concluder il tutto in una parola, hauiam trattato tutto quello che alla parte inuentiua di quest'arte della Retorica apac oino de parteneua; la qual parte consiste in concepire, & trouar nella méte quelle quelle cose, che esplicate poi fuora con le parole, & con la pronuntia, han da feruir'in prouare, & far fede nella causa noftra. & cotal parte è domandata da Ariftotele nella Poetica Dianea, che da i Latini è stata interpretata Sententia, che appresso i Latini è nome equiuoco, significando più cote di natura tra di lor diuerse, com'a dir la fententia ch'è parte d'enthimema; le sententie che danno i Giudici; le sententie, e i pareri che danno nelle consulte i Conseglieri coilor consigli; la sententia che è parte, & miniftra della prudentia; & la sententia finalmente, che è parte della Retorica, & contien l'inuentione, e'l concetto delle cose, com'ho già detto. Questa equiuocatione non si truoua cosi potente in tutti i detti significati nella lingua greca, esprimendo ella buona parte μάτων ο fed de exé plo. καὶ ὅλος τῶν. : di quelli con appropriate parole. ma pur che intendiamo la cosa, poco ci hauiam da curar delle parole. Hauendo noi dunque à ba stanza fin qui trattato di tutte le dette cose, come appartenential-A δὲ linuention Retorica, cioè alla parte inuentiua di questa arte, da- δεξιλθείν. rem fine al presente Libro; riserbando al terzo libro, che segue, tutto quello primieramente, ch'appartiene all'elocutione, o uer parte elocutiua di questa medesima arte; & à tutto poi quello, che appartiene alle parti integrali dell'oratione, & all'ordine, che tai parti han d'hauer tra di loro. Nè intendo io per questo ordine quella parte della Retorica, che i Latini domandan Dispositione: poscia che non hauendo tal parte appresso d'Ariftotele diftinto, & appartato luogo in questa arte, si sta congiunta, & incorporata con la parte inuentiua. ma per ordin'intendo io quello che han d'hauer le parti integrali dell'oratione, come esordio, narratione, & fimili; si come al luogo fuo pienamente dichiararemo. いい હું છે ?' Il fine della Parafrase di M. Alessandro Piccolomini, 1 d'Ariftotele. C Apo Primo. Del bisogno, ch'bà l'Oratore della notitia de gli 1 affetti,& paffioni humane. facciata I Digreffione nel capo primo, intorno a gli affetti humani. fa.10 Capo secondo. Dell'affetto dell'Ira. fac.39 Capo Terzo. Della Placabilità fac.63 Capo Quarto. Dell'Amore, & dell'Odio. fac.76 Capo Quinto. Del Timore, & della Confidentia. fac.95 Capo Sesto. Della Verecundia,& dell'Inuerecundia. fac.110 Capo Settimo. Della Gratia. fac.127 Capo Ottano. Della compaßione. fac.134 Capo Nono. Dell'Indegnatione. fac.145 Capo Decimo. Dell'Inuidia. fac.159 Capo Vndecimo. Dell' Emulatione. fac.169 Digreffione nel fine del detto Capo Vndecimo. ! fac.178 Capo Duodecimo. Della Giouinezza,et delle coditioni di quella.f.180 Capo Terzodecimo. Della Vecchiezza, et delle proprietà di alla. f. 188 Capo Quartodecimo. Della Virilita, ouer'età Virile, duer'età di mezo; delle conditioni di quella. fac.198 Capo Quintodecimo. Della Nobiltà,& delle conditioni, & proprie tà di quella. fac. 200 Capo Sestodecimo. Dei costumi,& ni,& proprieta dei Ricchi. fac.209 Capo Decimofettimo. Dei costumi di coloro, che ban grande autorita, potentia sopra degli altri fac.215 La Prima Digreffione nel detto Capo Decimosettimo. fac.221 La Seconda Digreßione nel medesimo Capo Decimosettimo. fac.226 Capo Decimottauo. Continuatione delle cose dette con quelle che s'han da dire nelrestante di questo Secondo Libro. fac.234 Capo Decimonono. Della natura del Poßibile, della natura dell'effere Stato,& dell'hauer ad essere:& della grandezza,& piccolezza confiderate in natura loro. fac.244 La |