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posto di galli, e di genovesi, e di polacchi si divise in tre corpi; di cui uno inoltrossi insino al ponte di Nava; ma fu ivi trattenuto dal valore di quattrocento cinquanta terrazzani che avevano un cannone, ed una spingarda, ed erano capitanati dal chirurgo Matteo Demichelis, prode Ulmetese. Già da più d'un mese pochi intrepidi miliziotti impedivano che si avanzasse la poderosa oste nemica, quando abbandonati in sul mattino i siti ove stavano trincerati, si scagliarono precipitosamente contro di essa, e la risospinsero fino all'oratorio di s. Raffaello: avrebberla più oltre incalzata, se loro non fossero venute meno le provvisioni da guerra.

Alla testa dei tre corpi repubblicani trovavansi il generale Ronchetti, il prete Casanova, ed un abitante di Pieve soprannominato Bacù il diavolo. Nel dì 29 di giugno, sdegnatissimi dell'essere stati respinti da un picciol numero di terrazzani, discesero impetuosi per il Lorino, e pel colle di Nava, mandarono in fiamme i quartieri del ponte di Nava, di Quarzina, Cantarana, Prale, Albusella, Calcagnea; s'innoltrarono lungo le Viozene; vi saccheggiarono tutte le case, ed a tutte appiccarono il fuoco. Rientrati nell'ultimo giorno di quel mese in Ormea, vi commisero gli atti più nefandi.

Addì 13 dicembre ivi arrivò dal Piemonte un corpo di truppe francesi capitanato dal generale Cardon, che temendo di essere inseguito nella sua ritirata verso la Liguria, fece arrestare varii ormeaschi, per condurli con se come statici, e volle ad un tempo che si mandasse in fiamme la grandiosa fabbrica del lanifizio, che diffatto fu intieramente arsa e distrutta.

Nel principio dell'anno 1800 entrò in questo borgo un buon nerbo di austriaci sotto gli ordini del generale Brentani, che vi si era celeremente condotto per inseguire nella sua ritirata il generale Cardon: ma una squadra di repubblicani di Francia scendendo dal monte di s. Bartolomeo nel comune di Alto, ed un'altra venendo frettolosamente dalla Pieve, costrinsero il generale Brentani a dietreggiare: i francesi entrarono sibbene in Ormea; ma tosto se ne dipartirono, perchè una grande carestia desolava il paese; e le pochissime vittovaglie che vi rimanevano, vendevansi ad un

prezzo sommamente eccessivo. Affinchè si abbia un'idea della carezza dei viveri in quel tempo, noteremo che il formento vendevasi allora lire 50 per ogni emina, il barbariato lire 25, la segale 1. 22, il gran-turco l. 20, il riso l. 55, i legumi 1. 20, l'avena l. 10; il pane vendevasi soldi 15 ciascuna libbra, l'olio soldi 30, i caci bianchi, detti volgarmente tome s. 18; ed il peggio era che a prezzi così esorbitanti era ben difficile il procacciarsi i necessarii alimenti; onde molti soffrivano della fame, e ne perivano alcuni.

Il borgo di Ormea trovavasi in così deplorabile condizione, quando varie squadre francesi comparvero di bel nuovo ne' suoi dintorni, e vi rimasero sino a che nel principio di maggio di quello stesso anno entrovvi l'esercito austriaco, il quale attraversando i vicini monti di Garessio e di Caprauna, sbaragliò quelle repubblicane squadre, inseguendole insino al Varo; ma prima di arrivarvi dovette sostenere un fiero combattimento sul colle di Cartari nel distretto di Pieve, ove i galli fuggenti si appostarono, e gli fecero fronte: nel terribile conflitto caddero morti non meno di quattrocento soldati alemanni, e fu ferito in un occhio lo stesso generale Brentani, che fecesi riportare in questo borgo. Il restante dell'esercito imperiale seguitò poi la sua marcia verso Nizza Marittima insino al Varo; ma poco tempo potè rimanervi, perchè ne venne respinto dai francesi, che nel sesto giorno di giugno entrarono senza contrasti in Ormea, ed indi scorsero di bel nuovo la subalpina contrada.

Alla caduta dell'impero napoleonico gli ormeaschi furono sommamente lieti di ritornare sotto il paterno dominio dei loro legittimi sovrani, ai quali in ogni tempo si mostrarono. affezionati e devoti.

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Cenni biografici. Ormea si onora dei seguenti personaggi. Il padre Bernardino Rossignoli della compagnia di Gesù, ch'ebbe i natali in questo borgo, sostenne con molta sua riputazione la carica di provinciale nelle provincie veneta romana e milanese; si distinse nell'eloquenza, del pulpito; scrisse opere molto riputate, cioè: De disciplina christianae perfectionis pro triplici hominum statu, ex sanclis seripturis et patribus, lib. v: Ingolstadt 1600, Anversa 1605 ed altrove: De actionibus virtutis libri duo: Magonza 1604,

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Ingolstadt e Venezia: Epistola delle virtù di Alessandro Luzago. Della prima di queste opere si ha una buona traduzione in lingua francese. Il P. Rossignoli morì rettore del collegio di Torino nel 1613.

L'eminentissimo cardinale Francesco Adriano Ceva, figliuolo di Garcilasco dei signori di Monasterolo, de' marchesi di Ceva e de' conti di Ormea: sebbene sia egli nato in Mondovì, ha pur motivo di gloriarsene il luogo di Ormea, che lo ebbe a signore munifico, e funne sommamente beneficato: il cardinale Adriano Ceva fu versatissimo nella scienza del diritto e nella diplomazia; onde venne proclamato Vaticani firmamenti sidus: sostenne in malagevoli tempi con grande sua lode la carica di nunzio apostolico straordinario presso la corte di Francia.

Pietro Andrea Benzo, minor conventuale, trovavasi in Egitto nella gran città di Cairo in qualità di vicario apostolico, quando fu essa occupata dall'esercito francese: sapeva egli molte lingue e segnatamente l'araba; onde fu eletto a servire d'interprete ai generali Bonaparte e Murat, dei quali si procacciò talmente la stima, che quando il primo di essi fu poi elevato al grado di primo console, fecelo venire a sue spese dall'Egitto in Parigi, e di là il Murat seco lo condusse a Napoli. Ivi il P. Benzo venne eletto a confessore e grande elemosiniere della regina, e canonicamente fu investito dell'abazia di s. Bartolommeo in Galdo con titolo e grado di abate mitrato: morì in agosto del 1820.

Il teologo Paolo Peirani, personaggio fornito di rara dottrina e di singolare prudenza; a tal che il celebre marchese Vincenzo Ferrero di Ormea lo volle compagno nel suo viaggio a Roma nel 1760, quando vertevano le controversie tra la corte Pontificia e quella di Torino; e seco ivi lo trattenne sinchè fu conchiuso il concordato. Il Peirani ebbe quindi la prevostura della collegiata di sua patria, ove cessò di vivere in aprile del 1775.

Il padre Antonio di s. Giuseppe, della famiglia Colombo, fu per molti auni generale de' Passionisti, e nella sua grande umiltà rinunziò più volte all'offertagli mitra. Le sue luminose virtù furono riconosciute ed onorate dagli stessi, francesi, che occuparono il principato di Ponte Corvo, ove egli risiedeva.

Il teologo Lorenzo Ayme fu assistente e ripetitore di teologia nella R. Accademia dall'anno 1768 al 1776, e resse ad un tempo la conferenza morale nella R. Università di Torino, supplendo così al capo della medesima, che era il vicario Bellotti, curato della metropolitana: fu quindi nominato professore di teologia nel real collegio d'Alba con patenti dell'1 luglio 1776, prefetto degli studi, e direttore spirituale nel collegio di quella città con patenti dell'1 dicembre 1777: continuò in tali cariche sino all'anno 1802, in cui trovandosi vessato dai repubblicani, ritirossi nel luogo natio, e vi rimase sino al ritorno dei legittimi sovrani nei loro stati di terraferma; fu allora richiamato in Alba ad insegnarvi di bel nuovo la teologia, e a sostenervi le altre cariche già da lui ivi occupate. Mancò ai vivi nel dì 28 di marzo del 1823. I suoi trattati di teologia sono riputatissimi in diverse diocesi dello stato.

D. Pietro Ayme, nipote del precedente fu chiamato a reggere la cattedra di filosofia nel regio collegio d'Alba l'anno 1792: ebbe poi l'impiego (1802) di ripetitore di teologia, e lo sostenne unitamente a quello di reggente di filosofia. Con diploma dell'università di Parigi, del 26 gennajo 1810, ebbe la nomina di professore di logica, e metafisica nella scuola secondaria di quella città. Quando tale scuola secondaria venne soppressa in Alba, e trasportata in Asti, gli furono dati gli impieghi di prefetto, di professore di logica, ed anche quello di direttore del pensionato in quella città. Fuvvi poi eletto a professore di fisica con patenti del 15 agosto 1816. Nel 1824 venne scelto a professore di fisica, e geometria e a prefetto degli studi nel regio collegio di Voghera. Passò quindi in Alessandria ove con patenti del 21 di ottobre del 1851 era chiamato a professore di fisica. Cessò di vivere il 28 d'ottobre del 1832 in Voghera, ov'erasi condotto per passare le vacanze autunnali: i vogheresi ne lamentarono la perdita: l'elogio funebre che ne fu fatto, e vide la luce, dichiara i suoi distinti talenti e le esimie doti dell'animo suo.

ORNAVASSO (Ornavasium), capoluogo di mandamento nella prov. di Pallanza, dioc. e div. di Novara. Dipende dal senato di Casale, intend. prefet. ipot. insin. di Pallanza. Ha un uffizio di posta.

Fu signoria dei baroni Visconti di Milano, e dei marchesi Visconti signori di Oleggio-Castello. Si vuole che i primi abitatori di questo luogo vi venissero da Nater nel Vallese.

Giace sulla destra sponda del fiume Toce a maestrale da Pallanza da cui è discosto sette miglia. Come capo di mandamento ha soggetti i comuni di Anzola, Carciago, Fomarco, Mergozzo, Miggiandone, Premosello, Rumianca e Vogogna. Vi passa la strada reale del Sempione dirigendosi da ostro a ponente.

Il Toce, che quivi abbonda di trote, si valica col mezzo di un navicello.

Lungo il territorio di Ornavasso evvi un'alta montagna ricca di piante cedue. Il principale prodotto del paese è quello del bovino bestiame. I cereali che si raccolgono non bastano al mantenimento dei terrazzani che per sei mesi dell'anno si coltivano le viti, ma la quantità del vino che si fa non ragguagliasi al consumo locale.

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Questo comune non iscarseggia di minerali produzioni: diffatto vi esistono:

Marmo bianco, lamellare, tendente al roseo macchiato di bigio: della cava posta nella regione Calmatta, di proprietà della fabbrica del duomo di Pavia, ed affittata a Pietro e Giuseppe Lavarini, coll'obbligo di fornire alla fabbrica suddetta tutto il marmo che le può abbisognare, mediante un convenuto prezzo.

Marmo bianco con piccole macchie pallide, bigie e giallognole. Della cava suddetta.

Marmo bianco lamellare: della cava di Ludovico Perona: di presente non è coltivata.

Marmo bianco macchiato di bigio: della cava posta nella regione delta Guardia spettante al santuario della B. V. della Guardia di questo borgo: è pochissimo coltivata.

Marmo bianco lamellare: della cava di proprietà dei signori Cristuib-Griz, Crosa-Goli e Ludovico Perona: essa non coltivasi.

Calce carbonata bianca, a lamelle piuttosto larghe: serve agli usi della vetraja Franzosini d'Intra per la fabbricazione del vetro in lastre.

Ferro solforato aurifero della miniera posta in valle

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