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(SL) L'occio della mente. Som.: L'occhio della mente. - TRANI. Trano, passare a nuoto. Più ardito che il curro dello sguardo (Inf., XVII, t. 24). Attivo in Virgilio: Ethera tranant (En., X).

42. (L) Di lei BEN ODE: ode quel ch'ella dice.

(SL) ANIMA. Boczio scrisse De consolatione philosophiæ; e Dante nel Convivio lo chiama suo consolatore e dottore, e anco nella Monarchia lo rammenta; e rese in versi i concetti di lui più volte. Fu senatore romano; mori per ingiustizia di Teodorico, in carcere. BEN. Udire non basta, ma bene udire. 43. (L) IN CIELDAURO: in S. Pietro in Pavia.

(F) PACE. Aug.: La beatitudine sta nella pace. 44. (L) OLTRE: più là. VIRO: Uomo. (SL) ISIDORO, vescovo di Siviglia: scrisse le Etimologie ed altre cose: mori nel 656. BEDA il Venerabile, inglese: scrisse omelie, e una storia ecclesiastica, un martirologio, e commenti alla Bibbia: mori nel 735.- RICCARDO da s. Vittore: scrisse della Trinità, e un libro De contemplatione, citato da Dante nella Lettera a Cane. Perciò forse lo chiamò più che viro. Nat. Alessandro dice di lui: Uomo illustre per pietà e religione, peritissimo della teologia mistica. VIRO. Inf., IV, t. 10. Ma qui uomo sarebbe più proprio come contrapposto ad Angelo o simile: viro è a donna o a bambino.

45. (L) QUESTI ONDE A ME RITORNA IL TUO RIGUARDO: questi dal quale il tuo sguardo torna a me, che m'è presso dall'altro lato.

(SL) RIGUARDO. Guido Giudice: Con gli riguardi degli occhi ridenti. GLI. Invece di a cui parve, dice spirto che gli parve; modo particolare vivente, snello e bello. - TARDO. Purg., XVI, t. 41: Par lor tardo Che Dio a miglior vita li ripogna.

46. (L) LEGGENDO insegnando. VIDIOSI: odiosi agl'invidi.

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VICO: via. IN

(SL) SIGIERI. Insegnò logica a Parigi. Nacque

47. Indi, come orologio che ne chiami Nell'ora che la sposa di Dio surge A mattinar lo sposo perchè l'ami, 48. Che l'una parte l'altra tira ed urge, Tin tin sonando con si dolce nota Che 'I ben disposto spirto d'amor turge; 49. Cosi vid' io la gloriosa ruota

Muoversi, e render voce a voce, in tempra Ed in dolcezza ch'esser non può nota 50. Se non colà dove 'I gioir s' insempra.

povero nel Brabante: fu nel 1180 abate di san Dionigi: leggeva in rue Fouarre della Paglia, presso alla piazza Maubert a destra dell' Hôtel-de-ville. Quivi era l' università; e gli scolari sedevano sulla paglia (Saint-Foix, Essai hist. sur Paris). Fu uom di scienza e uom di legge. Molte delle riforme operate da Luigi il Grosso son debite a' suoi consigli, come liberare i servi, francare i Comuni, far pubblica l'amministrazione della giustizia. SILLOGIZZÓ. Som.: Intellectus humanus potest syllogizare. INVIDIOSI. Latinismo. Ovid. Met., IV: Spes invidiosa procorum. Come odioso che eccita, non che sente, odio. Petr, Invidiosi patti.

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(F) VERI. ÆD., III: Animum si veris implet Apollo. Som.: Scientia verorum,

47. (L) LA SPOSA DI DIO: la Chiesa. a dar come il buon mattino.

A MATTINAR:

(SL) OROLOGIO. Scoperta rinnovata nel secolo XIV, nel qual troviamo descritti varii cronometri. Già dal IX secolo abbiam l'orologio di Pacifico arcidiacono di Verona. Qui parla dello svegliarino, dove l'una molla tira l'anteriore e spinge la posteriore contro la campana per dare il suono.

48. (L) TIRA: una molla che spinge l'altra. GE: abbonda.

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TOR

(SL) TIN TIN. Georg., IV: Tinnitusque cie et Matris quale cymbala circum; dov'hai doppio suono d'imitazione ti e ci con l'aggiunta dell'u che ritrae i toni più cupi; e i tre dattili, si ben collocati, danno al verso che danzi. In cielo tin tin; in Inferno cricch e Tabernicch e cose simili (Inf., XXXII, t. 10). TURGE. Un po' materiale di spirito; nè so se i suoni disposto spirto, amor turge esprimano convenientemente l'amore di Dio a mattutino. Ma in una voce sono i tre versi : Per tanti rivi s'empie d' allegrezza La mente mia, che di sè fa letizia, Perchè può sostener che non si spezza. (Par., XVI, t. 7.)

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L'unità dello spirito.

Incomincia più ispirato che gl'inni di Callimaco, e pure narrando semplicemente, perchè la lirica vera è più spesso narrativa, che esclamativa! Incomincia dalla Trinità per venire allo zodíaco, e quindi al sole; e il punto più alto della poesia pagana è quasi il primo grado d'ascesa alla poesia cristiana. Della Trinità in varie forme ragiona in più luoghi, e più d'una splendida; nè questa è delle meno notabili, imitata dal Tasso: Te Genilor, te Figlio uguale al Padre, E te che d'ambo uscito, amando, spiri. Dove è aggiunta l'idea di eguaglianza; ma il doppio Genitor e Padre non valgono lo primo ed ineffabile Valore (1), nella quale parola è compresa e l'onnipotenza, e il pregio sovrano che è misura de' beni, e la volontà per cui le creature che amano sono valenti. Nel verso di Dante il guardare del sommo Valore è creazione, che, in certo rispetto, è più sublime di quello: disse e fu. Ma il guardo è d'amore, e nell'amore è la potenza dell' ordine; e questo amore non procede già solo dall' una persona, ma l'una all'altra eternamente lo spira (2). Anche Virgilio: Dictis divinum adspirat amorem (3); ma cantando di Venere e Vulcano, che è pure più verecondo e più alto di quel che è in Lucrezio di Venere e Marte: se non chè nella locuzione medesima quanta distanza d'idee!

Il Poeta solleva il lettore a quelle altezze per vagheggiare nell'arte del grande Maestro che dentro a sé ama l'arte sua, e con isguardo continuo la regge: perchè Dio ama tutte le cose che sono, perciò che sue sono (4), e ama le creature migliori (5). - E l'amarle dentro a sè e il non partire mai l'occhio da loro è illustrato da quel della Somma: Dio tutte le cose insieme nel suo intelletto comprende (6).

Aristotele spiega continuità con generazione, e fa la diversità causa dell' alternare fra generazione e corruzione. L'idea di continuità rischiara l'idea della vita; e soluzione di continuità è non solo l'effetto della morte, ma avviamento a quella. Cosi nel morale la perseveranza è la vita: alternare tra due movimenti, è principio e causa di morte, o inizio d'agonia. Quella unità che in Dio è perfettissima, nell' anima umana, somiglianza di Dio, è pure quanto può essere, e in essa

ogni

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consiste la perfezione che le è data; e quanto più nelle sue facoltà e ne' suoi atti tale unità si conserva per le tre doti e di prontezza e di costanza e d'armonia, tanto più l'anima é simile a Dio, cioè forte e sapiente e buona. Onde Dante, & Beatrice, qui stesso: Quella che si scorge Di bene in meglio, si subitamente Che l'alto suo per tempo non si sporge (1). Nė scorgersi ci sta per la rima ma secondo il suo valore comune e secondo il valore dell' origine sua che è corrigere e regere, importa e la dirittura da cui la rattezza del moto, e la rettitudine, ed il consiglio e la prudenza e la libertà del volere.

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Quanto l'operazione dell'anima in questa cila può essere più continua e una; tanto più liene ragione della beatitudine eterna (2). - All'incontro l'intenzione dell'anima negli oggetti esteriori si viene disgregando (3). Ciascheduno a ciascuna cosa si trova dispari, quando con mente confusa si sparte a molte (4). Queste sentenze misurano il valore del verso: Mia mente, unila, in più cose divise (5); che rammenta, ma avanza, i virgiliani: Atque animum nunc huc celerem, nunc dividit illuc, In partesque rapit varias perque omnia versat (6).

L'idea d'unità domina tutto il Canto e gh comunica tutt' una vita. Gli spiriti de' sapienti del Vero collocati nel sole, e ciascun d'essi un sole, fanno intorno a Dante corona e beato serto e ghirlanda (7), di cui la luce del sole stessa s'infiora, e muovono in danza; e tuttochè si lucent. pur la voce loro è ancora piu dolce di quel che il lume sia vivo, e que' canti da ultimo sono paragonati all'armonia d'oriuolo che sveglia ia sposa di Dio ai cantici dell'amore: accenno che attesta come al suono degli oriuoli accompagnassersi fin d'allora melodie musiche, forse meno

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(1) Terz. 13. (2) Som., 1, 2, 3. - (3) Som, 2, 1. 38. (4) Gregorio. (5) Terz. 21. — (6) Æn., IV. V: Tum vero in curas animum diducitur omnes. Via Nuova: Li miei pensieri erano divisi in due. L'una parte chiamo cuore, cioè l'appetito; l'altra chiamo aRÍBUS, CHR la ragione: e dico come l' uno dice all' altro. Ma netta che se mente unita accenna al pregio essenziale dell a nima, ristretta in Dante accenna al difetto: - La senke mia, che prima era ristretta, Lo 'ntento vallargo, n come vaga (Purg., III, t. 5). - E qui fu la mia mente si ristretta Dentro da sè, che di fuor non venia Cosa che fosse ancor da lei recetta (Purg., XVII, t. 8). - Ms io veggi' or la tua mente ristretta, Di pensier in pensier, dentro a un nodo Del qual con gran disio solversi aspetta (Par., VII, t. 48). — (7) Terz. 2, 31 e 34.

triviali di quelle d'adesso. E le imagini di concenti e di lumi e di fiori sono più degne del cielo che le gioie care e belle che si trovano in quella corte, e che non si possono trarre del regno (1). E se non fosse ormai noto vezzo del Poeta, potrebbe quasi dispiacere quel nominare ch'egli fa il lettore due volte (2), e il lasciarlo pensare sorra il suo banco (3), e il dire del sole come si farebbe d'un testo del codice preallegato con quella parte che su si rammenta (4). L'altro verso esprimente le solite disperazioni del non poter dire abbastanza, Perch' io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami (5), rammenta l'esordio per Archiá: Si quid est in me ingenii, judices, quod sentio quam sit exiguum, aut si qua exercitatio dicendi, in qua me non inficior haud mediocriter esse versatum (6). Ma era detto che Dante nella sua Commedia doveva famigliarmente conversare e con frate Alberigo diavolo e con s. Bernardo e col

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benigno lettore, e che ci avessero a por mano e cielo e terra e anche la grammatica e l'erudizione. Ma per ritornare alle espressioni più spirituali e che meglio significano unità, vedete come in questo Canto che incomincia dal guardo di Dio creatore, nove volte rincontrisi la parola vedere, siccome quella che ne' libri sacri ha sensi si varii nell'unità e nell'altezza; e vagheggiare due volte, e i modi: Da lei l'occhio non parte; Sovra 'l Sol non fu occhio ch' andasse ; - Per mente e per occhio si gira; - Leva... all'alle ruote meco la vista; Rimira; - Ten' vien' col viso girando; L'occhio della mente trani, e altri non tutti ugualmente belli, ma che paiono tutti muovere dal medesimo spirito. E paragonate il bel verso, ma stancamente coraggioso e mortificatamente audace, del Canzoniere: Sforzali al cielo, o mio stanco coraggio, con questo: La bella Donna ch'al ciel t'avvalora (1), si semplice e snello, spirante la freschezza e la ascendente virtù della vita.

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(1) Terz. 51,

CANTO XI.

Argomento.

San Tommaso qui lesse le lodi di s. Francesco: poi s. Bonaventura, francescano, dirà le lodi di 8. Domenico. In questi due fondatori vedeva il Poeta due riformatori della Chiesa, l'uno per sapienza, l'altro per carità. Non lodava egli la guerra da que' di s. Domenico mossa agli eretici col ferro e col fuoco, ma si la guerra agli errori mossa con la parola. Più calde però e più poetiche son le lodi date a Francesco. L'amore della povertà ci è dipinto con tenerezza, come amore di donna: e veramente se l'avarizia è lupa, la povertà dev'essere legittima sposa.

1.

Dall' affetto della povertà dignitosa deduce questo Canto le più alte bellezze.

Nota le terzine 2, 3, 4, 6, 10, 15; 18 alla 24; 26, 28, 30, 31, 32, 35, 36, 38, 42, 43.

On

insensata cura de' mortali, Quanto son difettivi sillogismi

Quei che ti fanno in basso batter l'ali! 2. Chi dietro a' jura, e chi ad aforismi Sen giva, e chi seguendo sacerdozio, E chi regnar per forza e per sofismi, 3. E chi rubare, e chi civil negozio;

Chi nel diletto della carne involto
S'affaticava, e chi si dava all' ozio;

1. (L) DifettiVI SILLOGISMI QUEI...: ragionamenti imperfetti que' che ti volgono a cose terrene.

(SL) ALI. Par., II, t. 49: Dietro a' sensi Vedi che la ragione ha corte l'ali,

(F) On. Lucret., II, 44: O miseras hominum menles! o pectora cæca! Qualibus in tenebris vitæ, quantisque periclis... Pers. I: 0 curas hominum! o quantum est in rebus inane! E più profondo e più ampio il noto detto di Salomone sulle vanità della terra, che ha però in altre sentenze di lui il suo conforto, e massime in quelle di Cristo. -SILLOGISMI. Som.: Sillogismi o argomentazioni. - L'opinione che si serve del sillogismo dialettico dispone alla scienza che si serve del sillogismo dimostrativo.

2. (L) JURA: legge. AFORISMI: medicina. DOZIO lucroso.

SACER

(SL) JURA. Giure è nello Scisma del Davanzati. (F) AFORISMI, Hier.: Non vi paiono eglino camminare nella vanità del senso coloro che i giorni e le notti con la dialettica si tormentano, il fisico che scruta con l'occhio di là da' cieli, che le cose divine in modi leciti e illeciti ricerca, chi adula a' re, chi ereditaggi e ricchezze raccella?- SOFISMI. Passav.: Sottili sofismi, cioè argomenti di saper vincere altri disputando.

3. (L) RUBARE violento.

(SL) NEGOZIO. Pall. Prono alle ricreazioni, ma di pari anche al negozio.

(F) RUBARE: Ott.: Molti sono li modi del rubare: quelli sono maggiori rubatori, che con più forte braccio rubano... Tutti li tiranni sono in questo numero. -- NEcozio. Ad Timoth., II, II, 4: Implicat se negotiis sœcu

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laribus. Conv., 1, 1: La cura famigliare e civile... a tiene degli uomini il maggior numero, si che in ozio de speculazione essere non possono, DILETTO. Som.: Driectatio significa voluttà. Ed è bello che il diletto afatici

4. (SL) SCIOLTO Æn., IV: Meque his exsolvite curis. Hor. Sat., I, 6: Hæc est Vita soiutorum misera arbi tione gravique. His me consolor victurum suarius ..

(F) lo. Boet.: Noi dall' alto ei ridiamo di culro che si buttano a rapire le più vilissime cose, noi sicuri da tutti que' furiosi tumulti, e da tale vallo muniti dove non possa la stoltizia imperversante raggiungerci. 5. (L) A CANDELLIER CANDELO: candela in candelliere (SL) CANDELO. In Fra Giordano e nel Sacchetti Nel X del Paradiso (t. 39), di Dionigi: cero: ivi men bene, non essendo similitudine, ma gli è il cero che chiuso in carne vide l'angelica natura. 6. (L) ED. Riempitivo.

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QUELLA LUMIERA: TommaMERA di luce più pura.

(SL) ED. Riempitiva come nel XXV dell' Infern (t. 12) e come più su: M' era suso in cielo (1.4) Avanti s'era (t. 5). -MERA. Par. IX, t. 38: Acq

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8. Tu dubbii. Ed hai voler che si ricerna In si aperta e si distesa lingua

Lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna, 9. Ove dinanzi dissi: U' hen s'impingua; E là 've dissi: Non surse il secondo. E qui è uopo che ben si distingua. 10. La Providenza, che governa il mondo Con quel consiglio nel qual ogni aspetto Creato è vinto pria che vada al fondo; 11. Perocch' andasse vêr lo suo Diletto

La sposa di Colui ch'ad alte grida Disposó lei col sangue benedetto, 12. In sè sicura, e anche a lui più fida; Duo principi ordinò in suo favore, Che quinci e quindi le fosser per guida. 13. L'un fu tutto serafico in ardore,

L'altro per sapienza in terra fue Di cherubica luce uno splendore. 44. Dell' un dirò, perocchè d'amendue

Si dice l'un pregiando, qual ch' uom prende,
Perch' ad un fine fûr l'opere sue.

15. Intra Tupino, e l'acqua che discende
Del colle eletto dal beato Ubaldo,
Fertile costa d'alto monte pende,

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(SL) VINTO. Som., 1, 12, 7. — FONDO. Purg. VIII, t. 23: Si nasconde Lo suo primo perchè, che non gli è guado. Par. XIX, t. 21: Cela lui l'esser profondo.

(F) MONDO. Som.: Providentia gubernat mundum. 11. (L) PEROCCD'ANDASSE VÊR LO SUO DILETTO LA SPOSA. acciocchè la Chiesa andasse a Gesù.

(SL) PEROCCHÈ. Nel Convivio acciocchè in senso di perocchè. Il senso promiscuo dell'ad e del per spiega tale promiscuità.

(F) GRIDA. Matth., XXVII, 50: Chiamando a gran voce, rese lo spirito. Marc., XV, 57; Luc., XXIII, 46: -Act., XX, 28: S'acquistò la Chiesa col sangue suo. Osea, II, 19, 20: Sposerò le a me in sempiterno... in fede mi ti sposerò.

12. (SL) ANCHE. Val sempre. 13. (L) IN ARDORE in carità.

(F) CHERUBICA. Som.: Cherubino è interpretato pienezza di scienza; Serafino interpretasi ardente o accendente.

14. (L) D'AMENDUE SI DICE L'UN PREGIANDO: le lodi dell' uno son quelle dell'altro. - QUAL: qualunque de' SCE: loro.

due.

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16. Onde Perugia sente freddo e caldo Da Porta Sole; e dirietro le piange Per greve giogo Nocera con Gualdo. 47. Di quella costa là dov' ella frange

Più sua rattezza, nacque al mondo un Sole,
Come fa questo talvolta di Gange.

18. Però chi d'esso loco fa parole,

Non dica Ascesi, che direbbe corto,
Ma Oriente, se proprio dir vuole.
19. Non era ancor molto lontan dall'orto,
Ch'e' cominciò a far sentir la terra
Della sua gran virtute alcun conforto.
20. Chè per tal donna giovinetto in guerra
Del padre corse, a cui, com'alla morte,
La porta del piacer nessun disserra;
21. E dinanzi alla sua spirital corte

Et coram patre le si fece unito:
Poscia di di in di l'amò più forte.

22. Questa, privata del primo marito,
Mille e cent'anni e più dispetta e scura
Fino a costui si stette senza invito.

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18. (L) ASCESI : Assisi. CORTO: POCO.

(SL) ASCESI. Vill., IX, 103. CORTO. Par., XXXIII, t. 56: Sarà... corta mia favella Pure a quel ch' io ricordo. ORIENTE. Cristo. Zach., III, 8. - Luc., I, 78: Oriens ex alto. Cosi chiunque si fa simile a lui. S. Bonaventura applica a Francesco le parole dell'Apocalisse (VII, 2): Vidi un secondo angelo che scendeva dall' oriente del sole, ed aveva il segno dell' Iddio vivo. E in una vita antica di s. Francesco egli è comparato al sole oriente (C. Wadding., Ann. Min., 1244). 19. (L) LA: alla.

(SL) LA. Per alla; gioverebbe osarlo. 20. (L) TAL DONNA: la povertà,

(SL) DEL. Non egli col padre, ma in guerra del padre. Così va intesa la guerra portata da Cristo: patirla, non farla; respingerla, non la provocare; ma non la fuggire neanco. - PORTA. Inf., XIII, t. 20: Chiavi del cuor... le volsi, Serrando e disserrando, si soavi.

(F) DONNA. Cant. Cantic., VIII, 7: Le acque molte non potellero spegner la carità... Se l'uomo darà tutto l'avere di casa sua per l'amore reputerà il proprio dono quasi nulla. Questo amore di Francesco alla povertà ricorda i cantici amorosamente pii ch' abbiamo di lui. 21. (L) DINANZI ALLA SUA SPIRITAL CORTE... in faccia al vescovo d'Assisi rinunziò il retaggio paterno. (SL) CORAM. It latino ci sta come d'atto rogato. FECE. Piucchè uni, dice il volere e l'affetto. 22. (L) DEL PRIMO MARITO: di Gesù Cristo. E CENT'ANNI E Più: nel 1207.

MILLE

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