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mendarono (1), se non in quanto al merito dell' eletto parea troppo inferiore tal guiderdone.

In quei giorni altresì, di due vite più riguardevoli seccate in fiore portò novella in Trento uno stesso corriere. L'una era mancata (2) in Roma ai venti di novembre nella persona di Federico Borromeo fratello del cardinale, genero del duca di Urbino, e nel quale il papa suo zio aveva piantate le più gioconde, e le più sublimi speranze secondo il sangue; onde se ne afflisse profondamente: e il male dell'animo passò al corpo con qualche infermità, quantunque breve é leggiera. Ma nel cardinale fratello del conte questo disastro operò a maggior salute; imperò che mostrogli quella vanità delle fabriche, e delle grandezze mondane, la quale non si conosce mai bene o per udito, o per vista, se non si tocca in casa propria. Riti

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo ai 26 di novembre 1562.

(2) Una del cardinal Borromeo al Mantovano de' 20, ed un'altra a’Legati in comune de' 21 di novembre, e una di Lansac alla reina de' 28 di novembre 1562.

rossi però a meditare tra gli esercizii spirituali di sant'Ignazio nel noviziato della compagnia di Gesù: e vi raffinò quei lumi, e quegli affetti di santità, i quali fin dalla puerizia Iddio gli aveva sparsi nel cuore, e che il rendettero poi uno de'più gloriosi santi che adori il mondo cristiano.

L'altra vita di pari splendente ed acerba erasi estinta a Pisa il di ventesimo quinto di novembre (1) nel cardinal Giovanni de' Medici figliuolo del duca Cosimo, principe assai benemerito del concilio. Cadde in età d'anni diciotto: e fu bisbiglio che ciò avvenisse per violenza (2). Ma l'ambasciadore Lansac, al quale è verisimile che non mancasse notizia di un fatto per sua natura non occultissimo, scrisse (3) alla regina, che il cardinale era morto dopo quattro giorni di febre pestilenziale: onde può essere, che la dianzi accennata fosse una di quelle tragedie

(1) Il Diario a' 29 di novembre 1562.

(2) Il Diario di Francesco Fermano, maestro delle cerimonie in Roma, a’23 di novembre 1562, il quale reca una relazione del Fedele residente vineziano in Fiorenza.

(3) Nella già nominata lettera de' 28 di novembre.

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lo re cattolico, e non insieme di Cesare, secondo che innanzi erasi detto: o ciò fosse per la significazione del dispiacere che ne aveano prenunziato i Francesi, co'quali voleva l'imperadore proceder di concordia in concilio, prevalendo in ciò l'identità dei bisogni a quella dei sangui: o perchè la contrarietà de' bisogni appunto fra gli Spagnuoli e i Tedeschi non permettesse ad uno stesso l'essere oratore per le opposte petizioni d' amendue i principi. Ora domandava il re Filippo, che si trovasse compenso onde il suo ambasciadore potesse quivi assistere con dignità insieme e con pace. Ed in sequela di ciò il conte prima di muoversi ricercava di sapere le future sue accoglienze, per non esporre e se, e la maestà cattolica a rischio di rotture col re cristianissimo, col pontefice, é col concilio. Il papa dunque ingiunse ai Legati con la maggior caldezza che avesse già mai usata verso di loro in altro affare, il porre ogni sollecitudine per darvi concio: non ignorando che 'l concorso e l'aiuto d' amendue questi re richiedevasi al buon andamento del sinodo, come quello di due piedi o di due ruote al camminar

dell'uomo e del carro. Bene alla stess' ora ammoniva, che essendo imminente, secondo ch' egli avvisavasi, il giorno della sessione, tacessero col signor di Lansac fin dopo quell' atto, per non alterare gli animi e impedire il tranquillo avvenimento di essa. Imperò che, quantunque nè ancor di poi volesse che si stabilisse nulla senza piegarvi i Francesi, ai quali intendeva, che qualunque temperamento niun pregiudicio dovesse apportare nè intorno alla possessione, nè intorno al diritto; nondimeno sapeva, ch'essi erano sì teneri in questa materia, che ricevevano le stesse proposte di concordia per offese. Oltre ad una tal significazione fatta dal pontefice ai Legati in comune, un' altra ne fece al Mantovano (1) in ristretta crédenza, e da non comunicarsi ad altri che al Simonetta. Ciò era, l'ambasciador Vargas avergli esposto in profondissimo segreto a nome del re, che, ove non sortisse effetto veruno dei partiti, sua maestà, prima che recar disturbo a quella santissima

(1) Lettera del cardinal Borromeo al Mantovano de 21 di novembre 1562.

opera, voleva, che 'l suo ambasciadore cedesse ad ogni minimo del concilio ; ma con protestare, che nulla ciò le nocesse nè sopra la quistione principale, nè sopra la possessione. Di che il Vargas aveva obligato il papa al silenzio verso i Legati eziandio, affinchè la notizia non gli rendesse meno industriosi nel procurare altro spediente al re più onorevole. Con tutto questo il pontefice riputò conveniente di farne partecipi quei due che governavano il trattato: però che dall' un canto era certo, ch' essi e per lor propria inclinazione verso il re di Spagna, e per le sue commessioni caldissime avrebbono mossa ogni pietra a fine di tirare a qualche accordo i Francesi: dall' altro non voleva, che, ove scorgessero impossibile la riuscita, cadessero in disperazione sopra il pacifico processo del concilio; sì che o lasciassero nel resto le diligenze sì come inutili, o tentassero in questo affare i precipizii si come necessarii.

Venuti i già detti ordini, veggendo i Legati che il giorno della sessione non era sì prossimo come il papa aveva creduto; riputarono che non fosse luogo al

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