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cacciavansi nelle case di chi fuggiva, e ancor nella reggia, intatti però lasciando gli averi d' Ircano, i quali non erano più di trecento talenti. Capitarono loro alle mani anche quelli degli altri (39), ma non quanti speravan che fossero. Perciocchè Erode antivedendo da lungi la poca fede de' Barbari, avea provveduto, che il meglio delle sue masserizie fosse recato nell' Idumea ; e feciono similmente ciascuno de' suoi congiunti. Ora i Parti dopo il saccheggio a tanto innoltraronsi di baldanza, che d'una implacabile guerra riempirono tutto il paese, e abbatterono da' fondamenti la città di Marissa, e non pure misero in trono Antigono, ma gli diedero Fasaelo ed Ircano prigioni, perchè straziasseli a suo talento; ed egli ad Ircano, che gli era caduto supplichevole a piede, schiantò coi denti gli orecchi; onde in avvenire, se mai le cose mutassero faccia, racquistar non potesse il pontificato; perciocchè questa carica non può darsi, che a' sani della persona.

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X. Antigono però rimase al di sotto con Fasaelo, il quale animosamente il prevenne con battere il capo in perchè non aveva nè ferro nè mani in balia. Egli adunque mostrando se stesso vero fratel d'Erode ed Ircano un uomo dappoco, muore coraggiosissimamente facendo una fine conforme alla scorsa sua vita. Ma intorno a questo corre altra voce, ed è, ch'egli si riebbe dal colpo, e che il medico a lui mandato da. Antigono col pretesto, che lo curasse, gli empi la ferita d'empiastri attoscati, e l' uccise. Comunque ciò sia, il prin➡ cipio fu per lui (40) onorevole. Dicesi finalmente, che egli prima ancor di spirare, udito da certa donnicciuo◄

la, ch' era fuggito Erode di mano al nimico « or, » disse, muojo contento, perchè lascio al mondo, chi » saprà vendicarmi de' miei nimici ».

XI. Così egli muore, e i Parti, tuttochè andasse fallita lor la speranza d'aver le donne, che più volevano a favore però d' Antigono mettono in sesto le cose di Gerusalemme, e ne menano in patria Ircano prigione.

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CAPITOLO XIV.

Erode escluso d Arabia si volge a Roma; ove, mercè di Cesare e Antonio vien fatto re.

I. Intanto Erode con maggior fretta viaggiava verso l'Arabia, come se fosse ancor vivo il fratello, sollecitandosi 'd' ottenere dal re denajo, col qual solo sperava di muovere a bene di Fasaelo l'avarizia de' Barbari. Perciocchè ripensava seco medesimo, che se l'arabo fosse stato dimentico dell' amicizia paterna e non avesse avuto il coraggio di fargliene un dono, ne avrebbe almeno in prestanza la somma per lo riscatto col dargliene in pegno il figliuolo del riscattato: e a questo effetto menava seco il nipote in età di sett' anni; ed era pronto a sborsare trecento talenti, premessavi la mediazione de' Tirj. Ma il destino (41) prevenne le sue premure, e morto Fasaelo tornò in vano il fratellevole amor d'Erode. Anzi neppur presso gli Arabi trovò amicizia costante. Perciocchè Malco re loro mandatogli sollecitamente un messo gl' ingiunse, che votasse il paese,

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adducendo in iscusa, che i Parti gli aveano intimato di cacciar dall' Arabia Erode; benchè la vera cagione di tal procedere fosse la voglia di non pagare que' debiti, ch'esso avea con Antipatro, e il gravargli di rendere in ricompensa de' suoi regali alcun guiderdone a' figliuoli di lui bisognosi. Di questa indegna spilorceria aveva per consiglieri persone, che amavano al par di lui, si smarrissero i depositi fatti appo loro da Antipatro; erano questi i più possenti baroni del regno.

II. Erode adunque, scoperti gli Arabi suoi nimici per quel medesimo, onde sperava che fossergli amici più stretti, e data a' messi quella risposta, che suggerigli il dolore, si volse all' Egitto; e alla prima sera si ferma in un tempio villereccio per adunare i lasciati qua e là. Il dì appresso appena fu giunto a Rinocolura (42), gli è data la nuova, che è morto il fratello. Quivi sfogata, quanto poté, la sua doglia, come prima calmòssi l'affanno, andò oltre. Allor, benchè tardi, l'arabo riconosciutosi spedì prestamente persone, richiamasser l'offeso. Ma Erode avanzandoli nell' andare pervenne a Pelusio: dove da que' nocchieri ottener non potendo il passaggio ricorse a governatori, i quali avendo risguardo al famoso e grand' uomo, ch' egli era, lo accompagnano in Alessandria. Erode entrato in città fu accolto magnificamente da Cleopatra, perchè sperava di affidare alla sua condotta le imprese, che avea divisate. Ma egli rigettate le suppliche della regina, senza timore del mar tempestoso, nè de'tumulti d'Italia navigò verso Roma.

III. Sorpreso da gran fortuna presso a Pamfila e fatto getto di pressochè tutta la roba sua a gran pena afferrò

salvo a Rodi assai malmenata dalla guerra cassiana. Quivi accolto da' due suoi amici Tolommeo e Sappinio, benche fosse povero di denajo, pur mette in concio un gran (4*) galeone nel quale co' suoi amici approdato a Brindisi, e di là trasferitosi a Roma, la prima visita destinòlla ad Antonio mercè l'amicizia, ch' era passata tra lui e suo padre, e gli narra le disavventure sue proprie e della famiglia; e come lasciati in una fortezza i suoi più cari esposti a un assedio per mezzo le tempeste venuto era supplichevole a lui.

IV. Antonio a tal cangiamento fu tocco da compassione, e per la memoria, che conservava delle ospitali accoglienze a lui fatte da Antipatro, e soprattutto pe' meriti di chi gli era presente determinò allora allora di costituir re de' Giudei quel che prima egli stesso aveva creato tetrarca. A ciò fare lo spinse non meno la sua inclinazion per Erode, che la sua avversion per Antigono; conciossiachè lo tenesse per un cervel turbolento e nimico de' Romani. Anzi trovò in Cesare maggior prontezza, che non aveva egli stesso, perchè tornavan gli alla memoria le militari fatiche da Antipatro sostenute in Egitto col padre suo (43), e l'ospitalità e le cortesie che gli usò, e vedeva nel tempo medesimo il valent' uomo, ch'era Erode. Raccolse pertanto il Senato, dove (44) Messala e dopo lui Atratino, condotto Erode alla presenza de' senatori, fecero ricordanza dei meriti di suo padre, e della benivoglienza di lui medesimo verso i Romani, mostrando insieme, che Antigono n'era nimico, non solo perchè più presto, che non conveniva, aveva eccitati tumulti, ma perchè anche allora

avea ricevuto da' Parti (45) il regno senza curar de' Romani. Commosso a tali cose il Senato, dappoichè Antonio venuto in mezzo disse, che fora spediente ancor per la guerra contro de' Parti, ch' Erode regnasse, tutti d'accordo gli danno il voto. Sciolto il Senato, Antonio e Cesare con in mezzo Erode uscirono. Accompagnaronlo i consoli e gli altri magistrati al sagrifizio, e al registrar che farebbesi in Campidoglio il decreto. Al primo giorno del regno d' Erode Antonio gli diè banchetto.

CAPITOLO XV.

Antigono assedia i rinchiusi in Massada. Erode tornato da Roma li libera, e tosto incamminatosi a Gerusalemme vi trova corrotto dal denajo Silone.

I. In questo intervallo di tempo Antigono stette assediando i rinchiusi in Massada, i quali quanto abbondavano del rimanente per vivere, tanto erano stremi d'acqua. Il perchè Giuseppe fratello d' Erode con dugento de' suoi meditava fuggirsi appo gli Arabi avendo udito, che Malico era dolente del fallo commesso contro d' Erode; e avrebbe certo abbandonato il castello, se non avveniva, che la notte medesima della sua par tenza cadde una pioggia dirotta; il perchè riempiutesi le cisterne d'acqua, non ebbe mestieri più della fuga, ma tosto fecero una sortita sopra gli Antigoniani; e parte azzuffatisi scopertamente, e postisi parte ad aguato ne uccisono in quantità. Non però ogni impresa andò loro bene, ma qualche fiata ancor essi tornavano colle peggiori.

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