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CANTO IV.

Argomento.

Si trova nel primo cerchio, portalovi da forza suprema. Ivi è la pena de' non battezzati: bambini e adulti. Entro a un ricinto di lume dimorano i savii che non credettero in Cristo. L'Inferno dantesco è un cono rovesciato, diviso in nove ripiani circolari, come i gradi negli antichi anfiteatri. Nel primo, che è il Limbo, non è la pena del senso, ma sola del danno. San Tommaso divide appunto l'Inferno in tre parti: dei fanciulli, de' patriarchi, e de' dannati; e Dante ai patriarchi, già beatí, sostituisce i savii e gli eroi. Taluni bruttali di vizii; ma Dante (bene avverte il Boccaccio) li considera come simboli. Belle le terzine 2, 4, 40, 18, 20, 22, 25, 28, 35 alla 45, 50.

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7. Ed egli a me:- L'angoscia delle genti

Che son quaggiù, nel viso mi dipigne · Quella pietà che tu per tema senti.

8. Andiam, chè la via lunga ne sospigue.-
Così si mise; e così mi fe 'ntrare
Nel primo cerchio che l'abisso cigne.
9. Quivi, secondo che per ascoltare,

Non avea pianto, ma' che di sospiri,
Che l'aura eterna facevan tremare.
10. E ciò avvenia di duol senza martiri,
Ch'avean le turbe, ch' eran molte e grandi,
E d'infanti, e di femmine, e di viri.

7. (L) PER TEMA SENTI: giudichi esser tema. (SL) PIETÀ. Era anch'egli in quest' angoscia; cosi nel III del Purgatorio, pensandovi, rimane turbato, — SENTI. I Latini ita sentio (cosi giudico). Conv., HI, 4: Aristotile pare ciò sentire.

8. (L) NE SOSPIGNE: ci sospinge a far presto. 9. (L) SECONDO CHE PER ASCOLTARE: secondo che si po teva intendere ascoltando. AVEA: era. MA' CHE: fuorche.

(SL) SECONDO. Scorcio simile nella Somma: Secundum quod homo. - MA' CHE. Magis quam. L'usa nel XXVIII dell' Inferno. - Modo e provenzale e italiano. Il mais francese, il ma nostro, sono accorciamento del magis. Sallustio e altri usano magis in senso di ma.

(F) MA' CHE, Ott.: Non v'è pianti, però che'l pianto procede da pena e da tormento; ma sospiri che seguono al disio.

10. (L) DuoL dello spirito. grande. VIRI: uomini.

E GRANDI: e ciascuna

(SL) INFANTI. En., VI: Matres atque viri... pueri innuptæque puellæ. Continuo auditæ voces, vagitus et ingens, Infantumque animæ flentes in limine primo; Quos dulcis vitæ exsortes, et ab ubere raptos Abstulit atra dies, et funere mersit acerbo.

11. Lo buon maestro a me:- -Tu non domandi Che spiriti son questi che tu vedi. Or vo' che sappi, innanzi che più andi, 12. Ch'ei non peccaro: e s'egli hanno mercedi, Non basta; perchè e' non ebber battesmo, Ch'è porta della Fede che tu credi.

13. E se furon dinanzi al Cristianesmo, Non adorar debitamente Dio.

E di questi cotai son io medesmo. 14. Per tai difetti, e non per altro rio,

Semo perduti; e sol di tanto offesi, Che, senza speme, vivemo in desio. — 15. Gran duol mi prese al cor quando lo intesi; Perocchè gente di molto valore

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(F) DESIO, Som. : La gioia e il diletto sono del bene presente ed avuto; il desiderio e la speranza, di bene non ancora acquistato.

15. (F) Valore. Monar.: Nessuno, quantunque perfetto di virtù morali e intellettuali, senza fede salvare si può. Questo la ragione umana per sè non può veder che sia giusto, ma aiutata dalla fede può. In Virgilio, Enea compiange la sorte de' sospesi insepolti. Multa putans, sorlemque animo miseratus iniquam (Æn., VI.).

16. (L) VINCE OGNI ERRORÉ: Vince rispondendo a ogni dubbio.

(SL) SIGNORE. La compassione dello stato di Virsilio sentita da Dante, rende ragione di questo doppio titolo, ch'è una lode delicata e pietosa.

sto.

17. (L) USCINNE del Limbo. ALTRUI di Gesù Cri- COVERTO: accennante alla scesa di Gesù Cristo. (SL) COVERTO. Albert. parole coperte. 18. (L) Ncovo IN QUESTO STATO: morto di poco. UN POSSENTE: Gesù Cristo.

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(F) PARENTE. Som.: Primi parentis (Adam). 1 Padri nel luogo superiore e men tenebroso. - La superiore parte dell' Inferno dicesi Limbo. - LEGISTA. Aug.: Cum reverentia segnior esset, per Moysem legem literis dedit. Som.: L'obbedienza, in quanto procede da riverenza di Dio, cade sotto la religione, e appartiene a devozioUBBIDIENTE. Da quando Iddio mandò lui scilinguato al re d'Egitto; e sempre poi. Perch' altamente ubbidiva, comandava altamente. Jos., XXII, 2, 4, 5: Moyses famulus Domini. Som. : L'obbedien za ponsi da taluni parte di giustizia. - Carità non può essere senza obbedienza. Greg.: L' obbedienza tutte le virtù nella mente inserisce e le serba.

ne.

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(SL) SOMмo. Non lontani dal fiume da cui ci partimmo, ch' era più in alto se la valle era fonda. E però disse: Or discendiam. VIDI. Non lo vedeva quando ficcò il viso al fondo. (terz. 4). Foco. Virgilio, degli Elisi (Æn., VI): Largior hic campos æther et lumine vestit Purpureo. VINCIA. Come solia nel Petrarca per solca, o forse da vincire; e nel XIV del Paradiso ha vinci e più sopra cerchio che l'abisso cigne. Le tenebre circondavano il foco; o il foco vincea le tenebre.

(F) TENEBRE. In altro senso, Sap., XVII, 20 a XVIII, 1: Essi erano a sè più gravi delle tenebre. Ma a' santi tuoi era grandissima luce. 24. (L) ORREVOLE: onorevole.

(SL) DISCERNESSI. A taluno che ne vedeva, o alla forma del nobil castello. POSSEDEA. Stat.: Possessaque manibus arva.

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26. (L) ONRATA: onorata. NELLA TUA VITA: nel AVANZA: distingue.

mondo.

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27. (L) PER: da. L'OMBRA SUA: Virgilio.

(SL) UDITA. Matth., II, 18: Vox in Rama audita est. En., III: Gemitus.... auditur.

28. (L) LA VOCE... RESTATA E QUETA cessata la voce, queto il suono di lei.

(SL) OMBRE. Son questi i poeti che a Dante parevano sommi. Omero al suo tempo era noto (Vita Nuova), e anche Armannino lo cita (Pelli, pag. 85 e seg.) Notissimi gli altri, e Dante li studiava con cura : i quali (dice di loro) l'amica solitudine invita a visitare.

(L) NE TRISTA, perchè non infelice affatto; non LIETA, poiché senza speranza. Inoltre è propria della sapienza questa temperie d'affetti. Dante è più cortese a' poeti non cristiani che a' santi non ghibellini. Aug., de Civ. Dei, XIV, 26: Nell'uomo giusto nihil triste, nihil immuniter lætum.

29. (L) Sire: signore. 30. (L) SATIRO: satirico.

(SL) SATIRO. LO nomina nella Volgare Eloquenza. Nel Convivio cita Orazio, e chiama satiro nobile Giovenale; e anco i Latini satyrus, scrittore di satire. - OviDIO. V. Volg. Eloq.; Mon., p. 44 e 45; Inf., XXV; Lett. 42. ULTIMO. Più ampolloso e però più fiacco. Nella Volgare Eloquenza, nelle Lettere, nella Monarchia (pag. 37, 44, 46, 47, 50, 72, 96), nel XXV dell'Inferno, ed altrove accenna a' suoi versi.

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32. Cosi vidi adunar la bella scuola Di quel signor dell'altissimo canto, Che sovra gli altri, com'aquila, vola. 33. Da ch'ebber ragionato 'nsieme alquanto, Volsersi a me con salutevol cenno; E'l mio maestro sorrise di tanto. 34. E più d'onore ancora assai mi fenno; Ch'ei si mi fecer della loro schiera, Si ch'io fui sesto tra cotanto senno. 35. Cosi n'andammo infino alla lumiera, Parlando cose che 'l tacere è bello, Si com'era 'l parlar colà dov'era. 36. Venimmo al piè d'un nobile castello Sette volte cerchiato d'alte mura, Difeso intorno d'un bel flumicello. 37. Questo passammo come terra dura.

Per sette porte intrai con questi Savi: Giugnemmo in prato di fresca verdura. 38. Genti v'eran con occhi tardi e gravi, Di grande autorità ne' lor sembianti; Parlavan rado con voci soavi. 39. Traemmoci così dall' un de' canti In luogo aperto, luminoso, e alto, Si che veder si potén tutti quanti.

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(F) SIGNOR. Omero, maestro di Virgilio, d'Orazio, di Lucano, e lodato da Orazio (De Arte poet.) ne' versi: Res gestæ regumque ducumque, et tristia bella, Quo scribi possent numero, monstravit Homerus, citati da Pietro di Dante. Altrove (Epist., I, 2): Quid sit pulcrum, quid turpe, quid utile, quid non, Plenius ac melius Chrysippo et Crantore dicit, che illustra come la poesia possa onorare ogni arte e scienza. Altri potrebbe per quel Signor intendere Virgilio l'altissimo poeta: ma nel XXII del Purgatorio dice d' Omero: Quel Greco che le muse lattár più ch'altro mai.

33. (L) SALUTEVOL CENNO: cenno di saluto.

(SL) SALUTEVOL. Come convenevole per conveniente, avvenevole per avvenente, e simili. 34. (L) Si. Riempitivo.

35. (L) LUMIERA: Lume diffuso nell'aria.

(SL) LUMIERA. Dante, Rime: Dagli occhi suoi gittava una lumiera. — TACERE. Hor. Ep., 4, 7: Dicenda, tacenda locutus. Cose troppo onorevoli a Dante. Parlando co grandi, la coscienza della grandezza non è orgoglio; co' piccoli, che frantendono, è vanità.

36. (SL) NOBILE. L'usa anche Dino. 37. (L) DURA: asciutta.

(SL) Verdura. Æn., VI: Devenere locos lætos, et amæna vireta Fortunatorum nemorum.

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41. (L) GrifagNI: quasi rapaci.

(SL) ELETTRA. En., VIII: Dardanus, Iliacæ primus pater urbis et auctor, Electra, ut Graii perhibent, Allantide crelys. — COMPAGNI. Troiani discendenti di ki, tra quali Ettore ed Enea, l'uno difensore di Troia, l'altro portator dell' impero in Italia. Però da Enea salta a Cesare. Elettra, moglie di Corito re d'Italia e madre di Dardano re di Troia, qui posta forse per indicare ch'Enea sul Lazio aveva quasi diritto d'eredità, come dice nel libro De Monarchia; con ciò dava un diritto d'eredità fino a Cesare, discendente di Julo. Elettra ebbe tal diritto da Giove; e il Poeta la nomina nel detto libro con Ettore. Nell' Eliso di Virgilio (En., VI): Hic genus antiquum Teucri, pulcherrima proles, Magnanimi keroës, nati melioribus annis, Ilusque, Assaracusque, et Troje Dardanus auctor. ETTORE. Æn., VI: Hectoris magni. Fiori d' Italia: Ettore ed Enca aveano li maggiori animi, ed erano più forti in arme. — CESARE. Æn., 1: Nascetur pulchra Trojanus origine Cesar, Imperium Oreano, famam qui terminet astris. Da Troe discendono in una linea Erittonio, Laomedonte, Priamo, Ettore; nell'altra, Assaraco, Capi, Enea, Anchise, Julo, ultimo Cesare, non d'altro reo, dice Dante, che di non aver avuto il battesimo. GRIFAGNI. Come di sparviero, e come d'uno grifone, dice l'Ottimo. Svetonio dipinge Cesare easis oculis. Bocc.: Con due occhi in testa che parecano d' un falcon pellegrino, Negli occhi di Enrico VII, lodato da Dante, notano gli storici una particolarità Ba dissimile.

42. (SL) LATINO. Dice un inedito trecentista: Quinto rellalia, dal quale noi Italiani siamo chiamati LaImi.

CAMMILLA. Cantata da Virgilio (Æn., VII,'XI). ---PENTESILEA. Alleata a' Trojani: la nomina nell'Eneide (1, 1). Trecentista inedito: Vidde la Pentesilea, con le sue care donzelle, tutta affocata in battaglia. RE. Epiteto che gli dà sovente Virgilio. - LAVINA. Æn., VII, e altrove. Per Lavinia, anco in prosa. Cosi Tarquino per Tarquinio.

43. (L) CORNIGLIA: Cornelia, IN PARTE: in disparte.

(SL) BRUTO. En., VI: Vis et Tarquinios reges, animamque superbam Ultoris Bruti. En., VIII: Tarquinium ejectum. Luc., VI: Solum te, consul, depulsis prime tyrannis, Brute, pias inter gaudentem vidimus umbras. Qui solo Bruto; in Dante, nella terzina medesima, solo il Saladino. LUCREZIA. Di lei Ovidio e Livio, letti da Dante.-JULIA. Figlia di Cesare, moglie a Pompeo. La rammenta Lucano (Phars., VII). E così Marzia, moglie di Catone, della quale nel primo del Purgatorio. — CORNIGLIA. Moglie di Pompeo, rammentata da Lucano (Phars., VIII); non la madre de' Gracchi. Cor

44. Poi che innalzai un poco più le ciglia, Vidi'l maestro di color che sanno Seder tra filosofica famiglia. 45. Tutti l'ammiran, tutti onor gli fanno: Quivi vidio e Socrate e Platone,

Che'nnanzi agli altri più presso gli stanno. 46. Democrito, che 'l mondo a caso pone; Diogenés, Anassagora, e Tale, Empedoclés, Eraclito, e Zenone. 47. E vidi 'l buono accoglitor del Quale, Dioscoride dico. E vidi Orfeo; Tullio, e Lino, e Seneca morale.

niglia, nel trecento, anche in prosa. SALADINO. NOvellino, XXV: Saladino fu soldano, nobilissimo signore, prode e largo. Ottimo: Dicesi che seppe tutte le lingue, Petr., Tr. della Fama: Poi venía solo il buon duce Goffrido. [V. D'Herbelot, Bibliothèque Orientale, e Knolles's History of the Turks, pag. 57, ec.}

44. (L) 'L MAestro di color CHE SANNO: Aristotile.

(F) SANNO. Conv.: Coloro che sanno, Ad Aristotile, dice nel Convivio (III, 5), che la natura più aperse li suoi segreti. - 1, 9: Mio maestro. FAMIGLIA. Hor. Carm., I, 29: Socraticam... domum,

45. (SL) AMMIRAN. Virgilio, di Museo nell' Eliso (En., VI): Medium nam plurima turba Hune habet, atque humeris extantem suspicit altis. In tutte le opere sue accenna sempre ad Aristotile.

(F) PLATONE. Conv., II, 5: Uomo eccellentissimo. Monar., pag. 33, 40, 41, 42, 45, 52, 55, 60, 66, 73, 74, 75, 76, 79, 81. Volg. Eloq., pag. 294, 304. 46. (L) 'L MONDO A CASO PONE: il mondo sorgesse dal fortuito accozzarsi degli atomi. TALE Talete.

(F) DIOGENES. Lodato da Seneca. ANASSAGORA. Maestro di Pericle, facondo, dotto in fisica, credente allo spirito. Aristotile lo nomina con Empedocle. (Fis. I, 4.)

TALE. Fondatore della Scuola Jonia. Tale per Talete si diceva anco in prosa: e cosi Empedocles. Ott.: Dopo la politica fu speculatore di naturale filosofia, e trovatore di naturale astronomia e dell'Orsa maggiore; e antidisse le oscurazioni del sole... puose che le anime crano immortali, ... e attribui anime alle cose inanimate. Puose che 'l principio di tutte le cose era l'acqua; e disse che 'l mondo avea anima e era pieno di demoni: di lui favella S. Agostino nell' VIII de Civit. Dei. Di lui Aristotile (Topica, e nel Libro della Generazione). Eraclito citasi nella Somma (2, 2, 156). Di Zenone, Cicerone e Seneca ed Aristotile (Fis., IV); d'Euclide, Boezio; d'Eraclito, Aristotile; di Democrito, il medesimo nella Fisica e nel Libro dell' Anima.

47. (L) Buono ACCOGLITOR DEL QUALE: valente raccoglitore delle qualità naturali dei corpi.

(SL) BUONO. Æn., V: Bonus Eurythion: d'un arlista. QUALE, per qualità, l'usa nel Paradiso. ORFEO. Virgilio (En., VI) colloca negli Elisi Museo ed Orfeo: Orazio pure (De Art. Poet.): Sacer interpresque Deorum.... Orpheus. TULLIO. LO nomina nel Convivio (pag. 35, 58, 59, 45, 48), nella Monarchia (pag. 34, 37, 38, 46, 50), e nella Volgare Eloquenza (pag. 196). LINO. Il poeta sacro nominato da Virgilio come figliuolo di Apollo (Buc., IV, VI). Altri legge Livio, più volte citato da Dante (Mon., pag. 54, 37, 38, 46, e Inf., XXVII).

(F) MORALE. Boce. Seneca morale, maestro di Nerone. Di lui nella Volgare Eloquenza (pag. 227). Nel Convivio è citato dopo Davide e Salomone. Nella Somma citati come autorità Seneca e Tullio.

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In una regione che risplende in mezzo alle tenebre stanno le anime di coloro ch'ebbero virtù naturali, ma senza la fede vera; le quali virtù raggiarono appunto come una luce che rompeva le tenebre de' luoghi e tempi in cui vissero; così nell'Eliso di Virgilio: secretosque pios (1). Nelle sette mura che cingono il castello altri vede le sette arti liberali, di cui nel Convivio, grammatica, rettorica, dialettica, aritmetica, musica, geometria, astronomia: altri le tre teologali e le quattro virtù cardinali. Meglio forse intendere il numero sette, come nel Canto VIII ed altrove, e come nella Bibbia, per un numero compiuto, a indicare la fortezza del luogo e delle virtù che ricoveravano in esso. Così prima ancora della scoperta del Newton gli antichi indovinarono settemplice il raggio; cosi nell'Eliso di Virgilio, Orfeo obloquitur numeris seplem discrimina vocum (2). Il castello è simbolo dell' umana scienza e bontà, anco a' pagani accessibile. Passano franco il fiumicello, perchè quella difesa è per gl'ignoranti e pe' vili; e i buoni ingegni e i forti animi v'han l'adito aperto. Pietro interpreta il fiume per l'affetto: chè, l'affetto de' saggi essendo solido e fermo, e' giungono sicuri al lor fine, e se ne fanno non impedimento, ma via. 1 Boccaccio vede nel fiumicello i beni terreni che il saggio deve spregiare e calcare pas

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sando; belli, ma fugaci com'acqua. Meglio ima ginare che il passo de' due poeti, non aggravato dal peso del male, non affondi: e rammentarsi l'andata di Pietro sulle acque. Già il modo maraviglioso come il Poeta nel sopore è portato all'altra riva d'Acheronte, dichiara questo secondo passaggio, il quale si raffronta con quel dell'Angelo che poi passa Stige con le piante asciutte (1), e con quel della bella donna che traendosi dietro Dante tuffato in Lete, se ne va sovra l'acque leggiera come spola (2).

Nel Limbo de' giusti egli aveva rammentati Adamo, Abele, Noè, poi Mosè (non a caso forse preponendolo), poi Abramo, Davide, Isacco, Giacobbe e i suoi figliuoli; e di donne sola Rachele, come un de' simboli del poema. Nel Limbo de' non credenti, di persone storiche o tali volute da lui, e' non nomina che i progenitori di Roma e romani; e degli altri, unico il Saladino. Dall'una parte Elettra co' discendenti di lei fino a Cesare, dall'altra Latino, e Lavinia e Camilla già avversi a' Troiani, e Pentesilea quasi anello tra loro, e forse perchè alle Amazzoni è nell'Eneide paragonata Camilla (3). Saladino, Soldano di Babilonia, lodato anche da' Cristiani per la sua probità, rimane solo, perchè d'altra fede, e perchè solo celebre tra' Soldani. Ordinò una tregua tra sè e i Cristia

(1) Inf., IX. — (2) Purg., XXXI. — (3) .En., XI.

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