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magnano fu ingiustamente tolta la cattedra di eloquenza latina, ottenne di succedergli in questa carica. Oltre le orazioni che si sogliono fare sul principio dell'anno scolastico dai professori d'eloquenza, e le prefazioni inserite nell'edizione dei classici latini, pubblicata dal Pomba, il Boucheron dettò molte iscrizioni, parecchie delle quali furono, e non senza ragione, censurate dal messaggiere torinese, a cui fece eco un foglio periódico di Roma, il quale non dubitò di affermare che le iscrizioni del Boucheron erano sibbene buoni componimenti latini, ma lontane dall'avere i pregi cui richiede l'arte dell'epigrafia.

Apparteneva il Boucheron ad una consorteria, che si adoperava con ogni mezzo a procacciargli fama di valente latinistá ed insegnatore; e quando egli mancò ai vivi otteneva per mezzo di soscrizioni che gli fosse eretto un monumento d'onore; e questo monumento ora si vede nel camposanto. Ma se si volesse instituire un confronto tra il Boucheron ed i suoi predecessori nella cattedra di latina eloquenza, si vedrebbe ch'egli fu ben lontano dal pareggiare il merito di un Franzini, di un Vigo, di un Chionio, di un Regis sopraccennato, che scrisse pure eccellenti orazioni e carmi nella lingua del Lazio, e di un Garmagnano, a cui, come si è detto, ricorreva perchè i suoi scritti venissero alla luce šcevri di errori; e tanto meno li pareggiò, in quanto che egli era privo del senso poetico, di cui non mai seppe dare alcuna prova, e que' professori, che testè abbiam nominati, scrivevano dottamente nella lingua del Lazio non solamente la prosa, ma ben anche la poesia.

RABY LUIGI: questo illustre torinese si laureò in leggi, ebbe il titolo d'intendente, fu aggregato al collegio di belle arti nella R. università di Torino.

Egli era il decano della letteratura piemontese, quando mancava ai viventi; perocchè apparteneva in certa guisa al secolo XVIII, avendo dato alle stampe fin dal 1797 un poemetto per le nozze del principe di Carignano colla principessa di Curlandia, genitori del re Carlo Alberto.

Durante il dominio francese egli fu capo d'uffizio nella prefettura di Torino. Dopo il ritorno dei Principi sabaudi nei loro stati di terraferma venne chiamato, in un col ce

lebre filologo Giuseppe Grassi, alla direzione della Gazzetta Piemontese, ch'essi prima pubblicavano in francese. Questa gazzetta essendo allora l'unico giornale che si lasciasse stampare in Piemonte, spettava ad essa unicamente il dar conto delle opere scientifiche, letterarie, artistiche e teatrali. I. quale monopolio della lode e del biasimo sarebbe riuscito pericoloso in mano d'un critico acerbo, od anche severo. Ma il Raby, che scrivea la maggior parte di quegli articoli, era di sì mite e gentile natura, che sempre trovava parole di lode o di conforto, od almeno d'incoraggiamento a far meglio. L'indulgenza diventa una virtù quando il flagello della critica rimane affidato ad un solo giornale, contro le cui sentenze non si può insorgere in altri fogli periodici. Sciolto dalle cure della gazzetta piemontese nel 1854, e provvisto a riposo, egli si diede a vivere tranquillamente i suoi anni senili in seno alla sua bella e graziosa famiglia. dimorando nella buona stagione in una sua villa vagamente da Jui abbellita, sopra uno dei più eminenti colli che sulla destra del Po fan lieta ghirlanda alla maestosa Torino. Quanto egli fosse caro alla sua prole, a'suoi parenti, agl'intimi amici, appena è dicibile. Egli n'era la delizia per l'affetto con cui ne li ricambiava, per la soavità della sua indole, per l'affabilità del suo tratto, per la prontezza e vivacità del suo spirito, e per una dolce ilarità che di continuo gli rasserenava l'aspetto, e ne impiacevoliva il discorso. Gli epigrammi venivano spontanei sulle sue labbra, ma erano sem2 pre il miele dell'ape e non il pungolo. Scrisse commedie e versi di vario genere, tra i quali un poemetto sulla Liberazione di Torino. Amò assai e coltivò la musica. Morì cristianamente, dopo lunga e penosa malattia, in età di annî 83, essendo nato il 13 giugno 1771.

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Fu direttore a vita nella congregazione primaria generalissima di carità, e quindi segretario della medesima; uffizii a quel tempo insigni, perchè ordinariamente non conferiti che a' più qualificati personaggi dello stato. Ebbe dal presente Re le insegne dell'ordine mauriziano, ed egli parlavà con lagrime di tenerezza dell'amorevolissimo accoglimento fattogli da S. M., quando egli fu a ringraziarnela.

Ich. cav. Davide Bertolotti, autore di questi cenni bio

grafici, dice che il Raby gli fu amico pel corso di un mezzo secolo, e può francamente asserire che in quell'egregio uomo le prerogative dell'animo e dell'ingegno mai non si scompagnarono dall'onestà de' costumi, dalla cortesia dei modi, e dal vivo desiderio di giovare altrui. La carità fu la corona delle sue virtù, ed egli la pratica va con puro cuore, con buona coscienza e con fede non finta. Noi facciam eco a queste parole dell'illustre nostro amico Davide Bertolotti, perchè noi pure conoscemmo pel corso di un mezzo secolo il Raby, che ci fu sempre benevolo, e di sua schietta benevolenza ci diè molte pubbliche testimonianze, quando era estensore della gazzetta piemontese, ed in pubblico ed in privato colle più cortesi e lusinghiere espressioni ci confortò a proseguire quest'ardua faticosa opera di lunghissima lena, che, la Dio mercè, omai volge al suo termine.

Torinesi che pervennero ad alta fama coltivando con ottimo successo o le scienze naturali, o le matematiche e l'astronomia, o la filosofia razionale e la politica.

ALLIONI CARLO: sebbene fosse ascritto al collegio medico della nostra università, tuttavia non facemmo parola di questo illustre uomo nella parte della biografia torinese, che ragguarda ai dotti medici, perocchè egli sali ad alta fama principalmente per le sue produzioni relative alla storia naturale, ed in ispecie alla botanica. Egli nacque in questa città il 3 di settembre dell'anno 1728 dalle nozze del dottore Stefano Benedetto con la nobil donna Margarita Ponte, e morì il 30 di luglio del 1804. Nell'anno 1755, vigesimo settimo dell'età sua, pubblicò la descrizione ed il disegno di trenta piante indigene del Piemonte, raccolte da lui, e che reputava rarissime, e fors'anche ignote ai botanici. Due anni di poi stampò in Parigi un saggio di orittologia, dove, il primo tra i piemontesi, si fece a descrivere i fossili, di cui abbonda il nostro paese. Il Lepas balanus, specie di conchiglia altrove rarissima, e perciò molto ricercata dagli amatori, e l' Ostreum polyleptoginglimun, specie singolare di ostrica, furono più volte ritrovate fra noi da Allioni. Tra i fossili più rari del Piemonte, dei quali Linneo si confessa debitore alla cortesia del nostro professore, l'illustre svedese rammenta particolarmente l'Orthocerates raphanistrum; cui deb

bonsi aggiungere tutti gli altri fossili del Piemonte annoverati nell'appendice alla mineralogia dello stesso autore.

Nello stesso anno stampò in Parigi un abbozzo di Flora del contado di Nizza, che procacciò molta lode all'autor suo. Le piante, in numero di cinquecento circa, delle quali alcune affatto nuove, erano state raccolte da Giambattista Giudice, medico di quella città. Allioni le descrisse, e non dimenticò di apporre ad ogni specie la sinonimia desunta da più accreditati autori. A quello delle piante succede l'elenco di alcune specie di seppie, di granchi, di ricci e di alcuni altri animali, che hanno loro stanza in quel mare.

Queste cose pubblicava l'Allioni sparsamente prima che la nascente società, poi accademia delle scienze di Torino, lui fra i sozi suoi annoverasse, nominandolo a tesoriere perpetuo della società. Stando fra que' dotti pose in ordine, e stampò nel primo degli accademici volumi per l'anno 1759, un elenco di piante raccolte dal chirurgo Plazza nella diocesi di Cagliari; e nel volume seguente per gli anni 1760. .61, la Florula Corsicae di Felice Valle. Nello stesso volume egli diede il catalogo delle piante coltivate nell'orto botanico torinese.

Nel 1760 Allioni fu assunto al non facile incarico di rappresentare il Donati ch'era partito per alla volta d'Egitto, nella cattedra di materia medica e di botanica; e fu poi chiamato effiettivamente a quell'impiego, e a direttore primario dell'orto, e del museo di storia naturale nel 1763.

Da quest'epoca i vegetabili furono distribuiti in buon ordine nell'orto botanico, furono stabiliti i registri, ampliate le corrispondenze, moltiplicati con ogni genere di coltivazione gli individui; sicchè quell'orto, il quale nel 1763 contava appena 1206 specie, arricchito dall'Allioni di moltissime piante indigene ed esotiche, già ne numerava 2806 nell'anno 1773, e poco più tardi più di 4500.

Proseguendo l'enumerazione dei lavori concernenti alla storia naturale, si trova nei volumi dell'accademia per gli anni 1762-65 un opuscolo di lui, intitolato: Stirpium aliquol descriptiones cum duornm novorum generum constitutione. A questo opuscolo tien dietro nello stesso volume il Manipolus insectorum taurinensium; frutto delle ricerche fatte, nel luglio

del 1765, nei dintorni di questa capitale del celebre entemologo svedese Muller, accompagnato dal dottor Dana. Fu questo il primo germe della Fauna piemontese, la quale fu poi accresciuta dall'Allioni, che raccolse più di 4000 insetti nel suo privato museo, e di mano in mano da altri valenti uomini, principalmente dal professore Bonelli, di cui abbiam dato la biografia nell'articolo Cuneo.

Ma la fama immortale dell'Allioni risplende nella Flora pedemontana, stampata in Torino nel 1785. Siccome nelle antecedenti hotaniche produzioni, l'Allioni erasi lodato delle fatiche di Lorenzo Terraneo, di Felice Valle, di Giudice e di Verani, così nella Flora confessa ciò che deve agli scritti di Francesco Alessandri vercellese, al catalogo di Bartolomeo Caccia, già suo maestro agli erbarii dello speziale Silva, già del Bojearon per mezzo del Jussieu affastellato, di Gioanni Boison, ma sopratutto alla raccolta di Tommaso Prim, già suo compagno in viaggi botanici: confessa inoltre di aver avnto debito nella composizione della Flora, al Dana ed al Bellardi. Per ciò che riguarda la botanica ei volle creare un proprio metodo, frutto di vent'anni di ripetute osservazioni, cui pubblicò nel 1761 nell'opuscolo che ha per titolo Synopsis methodica horti taurinensis, poi nella Flora. Il metodo d'Allioni, se non fu senza difetti, che per indole stessa della cosa non ne va esente alcun altro, fu però tale, che riscosse gli applausi dei dotti. Per rendere perfetto il gran lavoro L'autore aggiunse l'indicazione delle migliori opere, nelle quali sono le figure delle piante da lui descritte, fra le quali è citata di frequente quella che ha per titolo Icones taurinenses: raccolta celebratissima, nella quale in quaranta'due volumi in fol. è il disegno in colore di più di 4500 piante. Nè è da tacersi della raccolta privata dell'Allioni, la quale sebbene minore in mole, racchiudeva in sette volumi il disegno di ottocento piante esotiche, o indigene, ritratte in colore da Bottione.

Varie ed importanti furono anche le produzioni cliniche di Carlo Allioni; fra cui notevole è il trattato da lui pubblicato nel 1758, e nuovamente, con molte aggiunte, nel 1792. Coll'andar degli anni gli parve di osservare una mu'tazione essenziale nel procedimento e nell'indole della mi

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