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consistano in fondi stabili, o nella decima dei prodotti, ovvero in somministrazioni pecuniarie fatte dai popoli Cristiani per mano dei rispettivi governi, questo può dipendere dalle circostanze e dagli usi introdotti legittimamente; ma, in ogni modo, quei fondi, quelle decime e quelle somministrazioni costituiscono una proprietà vera, sacra e inviolabile della Chiesa, la quale, fondata e voluta da Dio, possiede quella proprietà non già per sola annuenza Imperiale, come si dice maliziosamente dal Botta, ma per istituzione di Dio.

Il migliore poi di tutti i sistemi per la dotazione della Chiesa è che essa possieda fondi stabili, perchè così il sostentamento del culto e del corpo sacerdotale resta più assicurato, più spedito, e più indipendente dagli abusi e dalle prepotenze degli uomini. Perciò là dove la Chiesa, per usi e stabilimenti legittimi, si trova sufficientemente provveduta con le decime ovvero con le somministrazioni, si contenta di questo, e aspetta quei migliori provvedimenti che potranno discendere dai tempi e dalla pietà dei fedeli; ma dove è provveduta con fondi stabili, non si può levarle violentemente le case, i campi e i poderi, per darle in cambio una umiliante e mal sicura pensione governativa, perchè quei campi e quei poderi sono la proprietà della Chiesa, e la Chiesa possiede la sua proprietà non per l'annuenza Imperiale, ma per la instituzione di Dio. Coloro però che intendono di togliere alla Chiesa il diritto di costringere e d' inibire, intendono ancora di levarle il possedimento dei beni stabili, affinchè, ridotta a vivere di salario e a maneggiare l'incensiere a discrezione di chi la paga, serva soltanto di trattenimento al popolo e di balocco alla filosofia. Per questo gli scrittori amici della filosofia hanno il coraggio di riprendere tutto il senato della Chiesa Cattolica, e chiamano ordinazioni eccedenti il dovere quei decreti del Concilio con cui l'usurpazione dei beni della Chiesa viene colpita dalla scomunica.

Alla pag. 447. Il nostro Autore, riferite alcune ragioni per cui i decreti del Concilio non vennero accettati solennemente in Francia, e detto che vi si opponevano anche i parlamenti, gelosissimi dell'autorità regia contro gli eccessi del pontificato romano, aggiunge qualmente neppure nei tempi successivi si potè mai conseguire che

i decreti Conciliari venissero accettati in quel regno, persistendo sempre le medesime opinioni, che furono poi in regolare forma ridotte dal clero gallicano, adunato nel 1682, e che certamente preservavano i diritti regj e la persona stessa del Re dalle condanne del Vaticano. Noi non vogliamo arrestarci a discutere sulle così dette libertà gallicane, che sono abbastanza confutate dalla disapprovazione di tutta la Chiesa, e che oggimai si trovano abbandonate dallo stesso clero di Francia; ma non possiamo trattenerci dal ridere, vedendo che il Botta le ravvisa come le spranghe frankliniane, e come parafulmini bastanti a garantire dagli anatemi della Chiesa. Se la pertinacia nell'errore bastasse a garantire dalle condanne, ogni reo sarebbe invulnerabile contro i colpi della giustizia, e non meno dei tribunali ecclesiastici si potrebbero chiudere ancora tutti i tribunali civili. Ma i fulmini della Chiesa passano traverso all'usbergo della pertinacia, e lo stesso Botta ha toccato con mano che la fedeltà la più ostinata alle dottrine dell' Angiolo d'Ipri non è bastata a difendere dalle condanne del Vaticano, Per ultimo il nostro Autore, narrata la fine del Concilio, soggiunge: Puossi a giusto titolo affermare che, se non pole fare che i Protestanti diventassero Cattolici, impedi almeno che i Cattolici diventassero Protestanți. Solo è da deplorarsi ch'egli, mettendo la falce nella messe altrui, non abbia avuto per la podestà secolare quel rispetto cui Cristo gli comandava avere. Così, riprendendo un Concilio ecumenico di avere violato il di- ̈ ritto de' principi, e accusandolo di avere disubbidito ai comandi di Cristo, conclude il Botta il molto che gli è piaciuto di dire sopra il Concilio di Trento. E se, proponendosi di ragionarne si di frequente e tanto diffusamente, ha inteso di aprirsi un campo in cui potesse schiaffeggiare alla larga i Papi e la Chiesa di Roma egli certo ha raggiunto il suo scopo; ma se immagino di servire con questo alla Storia, poteva fare a meno d'ingerirsi in quella materia, perchè le vicende e le risoluzioni del Concilio appartengono ai Fasti della Chiesa molto più che alla Storia d'Italia, perchè di già ne avevamo narrazioni giuste, eleganti e complete, e perchè a dirne di più o di meglio ci volevano altra dottrina ed altro cuore.

Fine del volume secondo.

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AVVERTENZA

Nel Sommario del libro nono, a pag. 231, lin. 29, si è stampato il nome di Papa Pio, e debb'essere di Giulio III, come si è corretto nel racconto a pag. 274, lin. 18; il qual errore è corso e nell'uno e nell'altro luogo in tutte le precedenti

edizioni.

DI

PIETRO DELLA VALLE

IL PELLEGRINO

DESCRITTI DA LUI MEDESIMO

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ALL ERUDITO SUO AMICO

MARIO SCHIPANO

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