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mente per riscattarlo: ma que'Genovesi, che ne avevano rifiutato venticinquemila ducati dall'imperatore, stettero saldi a volerlo menare seco. I due vecchi

amici non senza lagrime si separarono a forza (1).

IV.

A'Catalani, ridotti dopo tante percosse a 1256 fanti e 200 cavalli, rimase per ultimo scampo il coraggio della disperazione. Commessa pertanto la somma delle cose nel siniscalco Rocafort e in dodici consiglieri, impressero sui sigilli e sulle patenti un s. Giorgio colla leggenda: L'oste de' Franchi che regnano in Francia e Macedonia; poscia, affinchè altra via più non resti che vincere o morire, per generale deliberazione sommergono quasi tutto il naviglio. Qui l'affetto religioso forniva sostegno all'ira, alla brama d'onore, alla disperazione; posciachè que'Greci, quegli Alani, que'Turcopili che stavan, incontro ad essi, non erano cattolici e mentre eglino prostrati innanzi all'insegna di san Pietro innalberata sulle mura intuonavano la Salve alla Vergine, un nugoletto apparso d'improvviso nel ciel sereno li aveva innaffiati di una leggiera pioggia; e tosto, finita la preghiera, era svanito. Passarono quella notte a pulire le armi e a confessarsi. Sorta appena l'aurora, gridando: Avanti, avanti! Aragona e s. Giorgio! si avanzarono in una schiera contro il nemico. Durò la zuffa fino a notte, gloriosa agli Almovari, contraria a'Greci, che furono inseguiti fin 24 miglia dentro terra, fin molto spazio nel mare sopra le barche, ove la furia medesima del fuggire li spense. Il giorno dopo i vincitori, stiman(1) Muntaner, ch. 218.

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done l'uccisione in ventimila fanti e seimila cavalli, n'ebbero meraviglia, e riputarono che per castigo di Dio l'un l'altro si fossero trucidati (1)

La vittoria procacciò armi, destrieri, vittovaglie e seguaci spagnuoli, italiani e francesi, marinai, mercatanti e venturieri: nè cotesto soccorso apparve soverchio, allorquando si conobbe per certo, che l'imperatore Michele con tutte le forze si apparecchiava in persona a guerreggiarli. Non per questo gli Almovari dubitarono di uscirgli incontro. Dopo avere camminato tre di per la Tracia saccheggiando e struggendo, posaronsi ai piè d'un monticello, dall'altra parte del quale già stava accampata la vanguardia nemica. Il mattino seguente, superato il giogo, miraronsi innanzi nella grande pianura ottimamente schierato il numeroso esercito dei Greci. I fanti nel mezzo, la cavalleria alle ale, una schiera di riserva alle spalle i tremila venturieri raccolti per tutta Europa s'innoltrarono allora a battaglia contro lo sforzo dell'impero d'Oriente. Nè fu la fortuna avversa al valore. I Greci abbandonati dagli Alani e da'Turcopili mercenarii, furono prima rotti che raggiunti: sostennero alquanto il combattimento i cavalli traci e macedoni, e dopo la loro disfatta lo stesso Michele, che alla disperata si cacciò tra i nemici: ma alfine, abbattuto anche lui e ferito in viso, altro più non si vide che fuga e strage. Le belle provincie della Tracia rimasero preda al furore de'vincitori. Pactia e Rodosto, adequate al suolo, pagarono il fio degli ambasciatori catalani quivi presi e squartati.

(1) Muntaner, ch. 220.- Giorgio Pachimero (Hist. Andron., VI. 30) con opposta esagerazione riduce quel numero a 200.

La fama di questa vittoria fu cagione in Adrianopoli di un doloroso caso. Serbavansi colà in una torre incatenati sessanta di que'Catalani, che avevano accompagnato al fatal viaggio Ruggiero di Flor. Costoro, inanimiti dal terrore sparso universalmente fra i Greci, rompono i proprii ferri, ed in segreto si accingono ad aprire la porta della prigione. Ma l'intrapresa è scoperta; la porta resiste al più disperato sforzo, e già la torre è circondata di popolo. Afferrano allora i prigionieri quelle armi che trovano ; e da'merli, e da'ballatoi respingono con valorosi colpi la moltitudine di quei che avvicinano le scale o tentano l'entrata. Per ultimo le fiamme furono adoperate da' Greci contro quelli che il ferro non valeva a domare. Circondati da enormi cataste di materie ardenti, i Catalani semiarsi seguitarono sino all'estremo a lanciar pietre e dardi: poi, quando vivere e pugnare più non possono, dannosi gli ultimi abbracci, si fanno il segno della croce e si precipitano nel vasto rogo. Vidersi due fratelli, giovani d'alta stirpe e coraggio, stretti nelle braccia l'uno dell'altro, gettarsi nelle fiamme e appena scampati dal fuoco perire sotto le spade. Dei 60 Catalani un solo fe' qualche dimostrazione di arrendersi, e venne da'compagni precipitato (1).

S'aggiunse alle vittorie degli Almovari l'arrivo di A. 1307 Ferdinando Ximenes con 80 soldati, che nel tornare in Sicilia avendo trovato conveniente partito presso il duca di Atene, vi si era fermato a'servigi, finchè le necessità de'compagni nol chiamarono ad esporre per essi da bravo cavaliere gli averi ed il sangue. Allora

(1) Georg. Pachym. VI. 37.

gli Almovari scelsero a piazze d'arme verso il mare Egeo Medito, verso la Propontide Rodosto e Pactia, e destinarono Gallipoli sotto il governo del Muntaner per quartier generale, dove mettere le donne, i vecchi, gli infermi, le prede e le munizioni: quindi non ebbe più freno la loro temerità. Bisanzio stessa parecchie volte contemplò l'arsione de'villaggi propinqui. Certa notte Pietro di Naclara almovaro perdette al giuoco tutti i danari; al mattino monta egli a cavallo co'suoi figliuoli, e traversando 25 leghe di paese nemico, prima non s'arresta che nei giardini di Costantinopoli. Quivi s'abbattè in due mercatanti genovesi, e detto fatto li menò seco prigioni. Tremila perperi d'oro, che ne trasse di riscatto, il compensarono poi largamente del denaro perduto e di quel po' di fatica (1).

Un di tutte le squadre unite penetrarono fin sotto Estagnara, città piena di traffico e di gente nel Ponto Eusino, la sorpresero, ruppero le dighe, incendiarono le case, e alfine l'abbandonarono all'onde e alle fiamme. Erano nel porto quattro galee, già state prese da'Greci a'Catalani al tempo della uccisione di Ruggiero queste sole cariche di bottino e di prigioni furono condotte pel Bosforo in trionfo a Gallipoli,

Un altro di giunse avviso alla compagnia, che gli Alani licenziati dai soldi dell'imperatore, con tutte le loro famiglie e ricchezze, eransi incamminati per ritornare in patria; e tosto, benchè tutta la Tracia stia di mezzo, si risolve di raggiungerli e sterminarli. La memoria dello scempio di Ruggiero muoveva gli Al

(1) Muntaner, ch. 221.

movari; l'appetito del ricco bottino li aizzava altresì. In capo a dodici giorni di marcia raggiunsero il nemico alle pendici dell'Emo, e avendolo circondato si che non potesse più ritrarsi, gli presentarono battaglia. Qui gli Alani combatterono per se medesimi, per quanto avevano al mondo di più caro; e la tenzone fu disperata. Giorgio, l'uccisore di Ruggiero, cominciolla, precipitandosi con mille compagni sopra la cavalleria catalana. Contrastossi per emulazione, per ira, per cupidigia, per disperato proposito, fanti e cavalli insieme mescolati corpo a corpo, l'uno addosso all'altro, come la sorte prepara. Quando Giorgio co'suoi fu caduto, invano gli Alani s'avvisarono di trincierarsi dietro i carri: mescolati a'vinti v'entrarono i vincitori, e colà dentro non fu più che un orribile spettacolo d'uomini, di donne, di fanciulli e di animali feriti, fuggenti, semianimi. Talora l'affezione a' proprii agevolò la strage: chè mentre si studiano a mettere sui cavalli le donne, e raccolgono i bimbi, e a piè, di sotto i colpi ostili li trascinano seco, le spade almovare confondono varia età, vario sesso in una morte. Invano tal madre si pose a schermo della prole innocente; invano tal guerriero pugnando e fuggendo tentò di salvarsi colla famiglia portata seco in groppa: fu chi disperato di trarre con sè la giovane sua sposa, le si rivolse un'ultima volta, la baciò, l'abbracciò; poi, troncatole il capo, scagliossi in mezzo a' nemici. In sostanza, di novemila Alani trecento soli scamparono.

Mentre queste cose accadevano alle falde dell'Emo, le donne almovare rimaste a Gallipoli sotto il comando di Raimondo Muntaner cancelliere e mastro razionale

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