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mano ristoratore della poesia musicale. Che anzi avendo egli mostrato nelle sue liriche ingegno e potenza creativa, è meno scusabile di ogni altro del non avere restituito al teatro musicale l' onore. Quindi nel caso nostro io stimo che si possa disputare, se alcuno si sia allontanato più o meno dalla buona via, non se fra gli odierni scrittori si trovi un modello da citare ai traviati.

ACHILLE GENNARELLI

BELLE ARTI

MONUMENTO ONORARIO A FRANCESCO I. IMPERATORE
OPERA DI GIOVANNI M. BENZONI.

Il municipio di Bergamo ricordevole de' molti benefici che da Francesco I. ebbe ricevuti, e delle preclare virtù con le quali ornava il suo governamento, virtù non proprie a lui solo, ma ne' principi di casa d'Austria ereditarie e comuni, allogava, ha già quattro anni, a Giovanni M. Benzoni un monumento onorario che rammemorasse a' venturi le geste dell' imperatore e il grato animo della città. Oggi che il monumento è condotto al suo termine, anzi portato a quella maturità di perfezione che i buoni artefici vagheggiano sempre, e sempre temono di non adeguare, è debito mio favellarne alla distesa perchè lodabile è il proposto della città committente, nobile e grave il subbietto, e l'opera così nobilmente condotta e ne' particolari e nell' insieme che assegna a Giovanni Benzoni il luogo e le onorificenze fra' maestri primi dell' arte statuaria.

Il monumento si compone del gruppo costituito dalla Pace e dal Genio delle arti e delle scienze, e del basamento istoriato il quale nella modinatura e nella forma tiene del piedestallo della colonna traiana, tutto in marmo carrarese di prima qualità, meno la cimasa di detto basamento che

è pure in marmo carrarese ma venato e scuro, o sia di seconda qualità: il gruppo si alza in x palmi, in x si allarga, ed è in un pezzo solo, il basamento si allarga in xi palmi, in x si alza: da che l'altezza totale del monumento.

Si vede la Pace, sicura e come a dire arbitra delle cose, in quello stato si vede che conviene a colei che potè amicare le nazioni inimiche, fermare gli imperî scommossi, tutelare le sustanze e le vite: a maestà e cortesia si configura il viso di lei, a cortesia quale si addice a chi dispensa doni, a maestà propria di una dea molto e lungamente invocata dagli uomini. Quanta quiete nell' attitudine! quanta dignità nelle proporzioni e ne' contorni! ella domina con la figura e col guardo il popolo : pare che lo si vegga innanzi gli occhi, affranto dalle fatiche, oppressato dagli infortunî della guerra e che gli prometta ozio certo e durabile. Un ramuscello di olivo le cinge la fronte: impugna con la sinistra il lungo scettro, e con la destra da vedere gli atti del viennese trattato, come dichiara la sculta epigrafe « Pacta conventa Vindobonae MDCccxv ».

Sono alla sinistra di lei confuse e sparse le armi e le insegne di guerra a cui si avvinghia una serpe, simbolo della discordia: la Pace col lungo scettro le preme il collo, mentr'essa dal guardo affuocato spira dispetto, e piega in arco la coda. Il manto è panneggiato così maestramente che per arte di scalpello e studio di natura meglio non si potrebbe : e notate che quelle maeștevoli piegature furono condotte dall'artefice senza modellarle, avendo nel marmo variate le origini e gli svolgimenti ed i ritorni di esse da quello che le aveva espresse nella creta. Posa il manto sul sinistro braccio, onde parte e si avvolge agli omeri e sottostando al braccio destro si ripiega sul sinistro, e cade giù maestosamente sino al mezzo de' ginocchi: così lascia vedere una parte della sopravvesta e della tunica interiore che informa il nudo mirabilmente: la quale sopravvesta si vede pure poca sopra il

collo del piede ove confinano le estremità del nobilissimo paludamento.

Alla destra si vede il Genio alato delle arti e delle scienze, giovanetto bellissimo: guarda con senso di gioia la Pace, ed è nell'atto di spargere ghirlande e fiori a fine di festeggiare la venuta di lei.

Sono da presso emblemi vari, la tavolozza della pittura, il caduceo della eloquenza e del commercio, dell'arte fabrile il martello, della muraria la squadra.

Il basso-rilievo rappresenta l'ingresso di Francesco I. in Bergamo. Cavalca l'imperatore un corsier generoso, e preceduto dalla Fama che da fiato alla tromba ed annuncia a' popoli il nome illustre e l'arrivo desiderato, già si avvicina alle porte di Bergamo: una non so dire se donna o dea, soprumana certo per la dignità del sembiante, e per la turrita corona che le intornia la fronte, ed è la stessa Città, presenta all' imperatore i magistrati: in fondo si vede la porta, e molti cittadini che levano in alto ghirlande e palme: dall' altro lato una parte del seguito imperiale, vale a dire due guerrieri pure a cavallo, uno de' quali volteggia la bandiera di Cesare in avanti il Genio del Brembo, fiume che bagna Bergamo.

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Eletto veramente è lo stile del basso-rilievo e risponde alla magnificenza del gruppo: i contorni, le estremità, le bardature de' cavalli, i capelli e la barba delle figure diverse, gli ornamenti degli elmi sono studiati e finiti ed il marmo è operato con quel magisterio paziente che ricondusse il Canova nella statuaria, e che ne' bassi-rilievi ancora di insigni maestri si trova negletto alcuna volta. Ritenne l'artista il tipo dell' imperatore: e pure senza guastare la somiglianza nobilitò le fattezze di lui per modo che la dignità dello stile figurativo, e la purità della scelta natura non avesse ombra di sorte. Nobile, come ho detto, è la figura della Città personificata: nè già da questo decoro è

disgiunta la riverenza al suo signore: bellissime e di vario tipo sono le teste de' magistrati, specialmente de'due vegliardi: il primo, quel desso che porge le chiavi della città, quasi si prostra, l'altro pare più vago di vedere che di ossequiare studioso, il terzo più giovane mostra un cotal poco di timidezza, e pare che senta lo effetto che muove ne gli animi la idea del potere in una persona congregato e trasmesso.

Alcuno ripiglierà forse il Benzoni di aver dato all' imperatore il vestir eroico, il greco a' guerrieri, e vorrebbe che egli avesse acconcie alle sue figure le insegne del vestir moderno regio e militare. In genere io mantengo che nelle arti belle le acconciature i vestiri le architetture le fogge deono spirare la indole e come a dire il colorito del tempo del clima e del luogo, essendo ufficio loro di condurre la immaginativa nostra a quei tempi, a quei luoghi a cui il subbietto della tavola o della scoltura si riferisce: ma confesso che questa dottrina si sottopone anzi si dee sottoporre a parecchie eccezioni suggerite da un principio di convenienza artistica, o dalle leggi dell' armonia, o da qualunque altra cagione. E in particolare trovo lodabile il consiglio del Benzoni: mercechè essendo nel gruppo la Pace ed il Genio delle arti, e nell'istesso basso-rilievo il Genio del Brembo e la Città, vale a dire quattro figure allegoriche le quali hanno un tipo ed un vestire proprio, immutabile, convenzionale, se egli avesse imitato le fogge o militari o civili del tempo nostro ne gli altri personaggi di questa nobilissima cavalcata, sarebbe venuta meno al monumento la consuonanza delle parti e l'armonia, virtù principalissima. D'altra parte, essendo a piedi della città lo stemma municipale sormontato dall'aquila austriaca, ciò basta a notificare a quale epoca si debba riferire l'evento che nel basso-rilievo si vede effigiato.

Quanto accurato ne' particolari, tanto avveduto fu l'artefice nell' insieme: provide all' effetto, ebbe ragione della nicchia e delle altezze, schifò certe inconvenienze dalle quali

non si tengono lontani a bastante i più valenti statuari. E così temperò e compose in quel gruppo le masse de' chiari e de gli scuri per modo che perfetta armonia ne risultasse e l'occhio del riguardatore fosse, come veramente è, satisfatto e quieto. Guardò che la solidità del monumento adeguasse la profondità della nicchia affinchè chiunque si trovasse da un lato, non avesse a vedere un braccio, una insegna, o qualsivoglia altra cosa sporta fuori la nicchia, senza vederne nè il punto della origine nè la figura che la sostiene: in ultimo diede al pieduccio del gruppo una pendenza, ed ottenne così che allogato questo su la base si veda compiutamente, in tutte sue parti, ancora da lontano.

Fu detto che le forme della Pace sono un cotal poco maschie e virili, che doveva essere più precisa la muliebrità de' contorni: io dirò che quando il gruppo sarà allogato sul basamento, a quell' altezza parranno più morbide le fattezze di lei. Fu detto che la pergamena alla quale sono consegnati gli atti del congresso viennese, e che tiene in mano la Pace, copre una parte del nudo nel Genio che le sta da presso: io dirò che sotto questa critica si giace una lode : perchè quel nudo è trattato così maestramente, ancora nelle parti che sono meno visibili, che si vorrebbe veder tutto, quanto esso s'incarna, e si gira, e si deprime nel seno, e nelle gambe tondeggia, e così pascere lo sguardo in tanta grazia ed avvenentezza di forme.

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VARIETA'

PAOLO MAZIO

I NIPOTI DI CARLO EDOARDO. RACCONTO

Lasciai Inverness per recarmi a Red-Castle, castello del XV. secolo, fabricato irregolarmente e fiancheggiato da torricelle in riva al mare; soggiorna colà una famiglia patriarcale, e la buona ospitalità scozzese mi offerse le sue trattative. Le anticamere ed i vestiboli del castello erano guerniti di teste di cervo, fra cui alcune curiosissime; ogni testa avea la sua storia, poichè ciascuna aveva avuto la sua vita.

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