PREFAZIONE. E se anche non riuscissi che a dire Quando il solerte Direttore della « Collezione » m'invitò a preparare per le scuole nostre un commento alle opere di Sallustio, su le prime dubitai; perchè da una parte il rubacchiare di qua e di là da Italiani, Tedeschi e Francesi, e fermarsi lì, non mi pareva e non è azione decorosa; dall'altra il dir cose nuove mi pare difficile, se non impossibile. Ma poi dissi fra me: o più chiaro o più breve il già detto da altri; se l'esperienza della scuola mi facesse scoprire, che dove altri non ha creduto di far nota di sorta, v'è una difficoltà grave per i giovani, sia per la interpretazion letterale, sia per la scelta della espressione italiana e io facessi la nota e indicassi codesta espressione o da me stesso pensata o trascelta da qualche traduttore; non farei qualche cosa di nuovo? Mi risposi di sì.—Ci sono riuscito ? Ecco: l'intenzione e il desiderio l'ho avuto; diligenza n' ho usata; ma poi, dell'effetto giudicheranno e maestri e scolari. " Che io ricordi, non mi pare di aver citata mai una grammatica: prima, perchè ognuno sa che non la guarder ebbero i giovani; e poi, giacchè il commento si fa per agevolare la interpretazione, o non è meglio dire subito, in poche parole e chiare la regoluccia necessaria? Il di più dirà l'insegnante, il quale, se occorrerà, farà pigliar lui la grammatica, e spiegherà quanto sarà da spiegare, e quando. Perchè nè il commento nè la lettura dei classici s'ha da fare per istudiarvi su regole di sintassi. Per codesto vi son libri apposta, e debbono esservi, per ogni maestro bene ordinato, giorni e ore stabilite. |