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V.3 LETTERE

DEL CARDINALE

SFORZA PALLAVICINO

A monsignor Carafa allora vescovo d'Aversa, e nunzio apostolico in Vienna, e poi cardinale.

Molti giorni sono stato in forse di tace

re, o di scrivere nell'accidente avvenuto alla casa di V. S. Illustrissima; ma finalmente l'amore non è affetto che voglia star cheto ed io sì per l'insigne valore di V. S. Illustrissima, sì per l'obligazione che le debbo, e come religioso in risguardo a'beneficii fatti da lei al mio ordine, e come cardinale, rispetto a' servigi da lei prestati alla sede apostolica, amo V. S. Illustrissima con la maggiore, e con la miglior parte del cuore. Non è mio intento di consolare un par suo: le ricordo

solamente, che la gran virtù si dimostra nel fare, e nel sopportare cose grandi, agere et pati fortia. Iddio per l'addietro le ha date molte occasioni d'esercitar la prima parte, la quale è più dilettevole: ora le porge materia della seconda, ch'è forse più gloriosa, ma certo più meritoria. Sol desidero che la sua prudenza, e la conformità col voler divino, le temperi ora il sentimento, quanto fra un anno ella prevede che sarebbe per temperarle il tempo. Pregherò Dio, che le mandi prosperità valevoli allo stesso fine, e le riconoscerò come proprie: riputando io universalmente per proprii tutti i successi o avventurosi, o disavventurosi della sua persona, e della sua famiglia. E le bacio le mani. Roma, ec.

A monsignor Carlo de' Vecchi arcivescovo di Tebe, allora segretario della sacra congregazione del Concilio, e poi di quella sopra i vescovi, e i regolari.

Il merito egregio di V. S. Illustrissima,

che per una parte mi accresce allegrezza in ogni suo avanzamento, per altra parte

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